Una parola per voi: maschera. Marzo 2019

«L’uomo è meno se stesso quando parla della sua persona.

Dategli una maschera, e vi dirà la verità».

Oscar Wilde, Il critico come artista

Martedì 5 marzo, quest’anno, termina il Carnevale. Celebrazione che evoca divertimenti sfrenati, follie, risate e colori, ma soprattutto: travestimenti. I costumi carnevaleschi sono amati dai bambini ma anche dagli adulti; li mettiamo per andare a feste a tema, balli o parate. O, se non amiamo travestirci, ci piace forse guardare i carri di Carnevale sfilare in pompa magna per le strade cittadine. Sono esagerati, satirici, imponenti, mettono fra parentesi la routine quotidiana, di solito rigorosa e incasellata entro regole ben precise.
Eppure, con questa sua citazione, Oscar Wilde vuole dirci che l’uomo tende a mentire su se stesso proprio quando è “intrappolato” nelle sue normali condizioni. È proprio nel quotidiano, che tendiamo a fingere di essere chi in realtà non siamo, indossando una maschera “negativa”. Lo facciamo perché temiamo le convenzioni sociali, nonché il giudizio altrui. Cosa penserebbero di me in ufficio, se dicessi veramente quello che penso? Che direbbe la mia famiglia se mi mostrassi per ciò che sono, senza filtri o bugie? La sincerità non sempre paga – in società e in generale nei rapporti interpersonali, paga di più la diplomazia, se non addirittura la mistificazione.
Talvolta può dunque venirci in aiuto una maschera “positiva” che, coprendo il nostro volto, apre una breccia sul nostro vero io svelando chi siamo. La maschera ci protegge dagli insulti, dagli scherni, dalle condanne, dagli abbandoni. Dietro a una maschera, dice Wilde, possiamo dire la verità, trovare il coraggio di essere franchi e onesti, perché gli altri non vedono chi si cela dietro ad essa.

La parola per voi del mese di marzo è maschera: essa può essere negativa o positiva, una prigione, uno strumento di espressione, di liberazione o addirittura di emancipazione. A voi la nostra selezione di libri, film, canzoni e opere d’arte a tema!

 

UN CLASSICO

chiave-di-sophia-il-fu-mattia-pscalIl fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello

Mattia Pascal, fuggito a Montecarlo, trova fortuna nell’arbitrio della roulette, ma, prima di tornare al suo paese natio, legge su un giornale che, Mattia Pascal, era stato ritrovato senza vita. Inizia così, la possibilità di una nuova vita per Mattia Pascal, sotto la maschera di Adriano Meis. L’alter ego, la maschera dietro cui si nasconde, restituisce al protagonista la libertà di una vita vera, da vivere proprio come egli voleva. Tuttavia, scoprirà che nessuna maschera può essere tenuta a lungo, che questa deve cadere, e che Mattia Pascal, suo malgrado, non può che essere se stesso, anche se non vuole.

 

UN ROMANZO CONTEMPORANEO

chiave-di-sophia-eleganza-del-riccioL’eleganza del riccio – Muriel Barbery

Un capolavoro con due protagoniste: la dodicenne Paloma, figlia geniale di una ricca famiglia che abita al numero 7 di rue de Grenelle a Parigi e Renée, la portinaia del palazzo, vedova e riservata. La maschera si rivela soprattutto nel personaggio di Renée, che si cala magistralmente nel suo ruolo di portinaia ignorante, un po’ scorbutica e sciatta, con il televisore perennemente acceso su programmi di basso spessore ma con un mondo privato, al di là di quello visibile, fatto di tante letture e passioni, come quella per la filosofia e per la cultura giapponese. La maschera calerà a poco a poco con l’arrivo del nuovo inquilino, monsieur Ozu: una citazione di Tolstoj le sfugge dalle labbra e sulla maschera si forma una prima crepa. Similmente accade per Paloma, che si finge un’adolescente come tutte le altre “nella boccia” dei pesci rossi, nascondendo il cervello e lo spirito di un genio. Quello che il romanzo sembra dirci è che è spesso difficile mostrarci per quello che siamo, ma prima o poi la finzione si rivela per quella che è; la domanda allora diventa: ne vale la pena?

 

UN LIBRO JUNIOR

io-sono-il-drago-chiave-di-sophiaIo sono il drago – Grzegorz Kasdepke, Emilia Dziubak

Una storia per tutte quelle bambine che, anziché sognare abiti da principesse, preferiscono giocare la parte del drago: un terrificante mangia-cavalieri che vi darà nuove idee per appassionanti giochi in famiglia. Oltre gli stereotipi di genere, ciò che conta è esprimere al meglio, senza freni inibitori, i propri interessi e il proprio modo di essere. Lettura che calza a pennello con il periodo di Carnevale e con le eventuali discussioni in famiglia riguardo l’abito più adatto con il quale mascherarsi. Età di lettura: 4-6 anni

 

UN FILM

m-butterfly la chiave di sophiaM. Butterfly David Cronenberg
Mascherati dietro raffinate spirali di ambiguità psicologiche e sensuali, i personaggi di “M. Butterfly” (film del 1993) incarnano alla perfezione una storia in cui nulla è mai veramente come appare. Pechino, 1964. René Gallimard è un diplomatico del consolato francese. Durante una festa conosce e si innamora perdutamente di una cantante lirica cinese senza capire che, in realtà, dietro quella voce celestiale non si nasconde una donna ma un uomo destinato a stravolgere per sempre la vita del diplomatico. Ispirato a una storia realmente accaduta, il film di David Cronenberg è un saggio visivo straordinario sulla potenza dei sentimenti umani e sulla loro capacità di stravolgere le apparenze del corpo e dello spirito. La lettera M. del titolo può essere interpretata sia come un chiaro riferimento alla Madama (Butterfly) di pucciniana memoria che alla M di “mister”, figura maschile associata a un appellativo femminile: “Butterfly”, per l’appunto. Privati delle loro maschere sociali, i personaggi di Cronenberg si lasciano travolgere dall’impeto delle loro passioni più autentiche, finendo inevitabilmente alla deriva.

 

UNA CANZONE

chiave-di-sophia-cremonini-pagliaccioIl pagliaccio  Cesare Cremonini

Tratta dall’album Il primo bacio sulla luna (2008), questa canzone di Cesare Cremonini mette in evidenza la completa aderenza che talvolta può verificarsi tra personalità e maschera. Il protagonista del testo è infatti un artista del circo, un pagliaccio per l’appunto, che si scopre tale anche una volta tolto il trucco a fine serata, quasi come in una sorta di ephiphany (“La sera quando mi sciolgo il trucco, / riscopro che sono un pagliaccio anche sotto“). Cremonini sembra dunque ricordarci quanto sia importante esprimere il proprio essere e trovare il proprio posto nel mondo, anche se diverso da quello convenzionale; anche perché, sembra suggerire il finale del video, anche il mondo reale (quello esterno rispetto ai colori e alle stranezze del circo) è fatto di altrettanto caos e altrettante maschere. Rispetto all’inizio della canzone che presenta una forte cesura tra questi due mondi (“Sono il pagliaccio / e tu il bambino“) il testo giunge finalmente alla consapevolezza del protagonista, che nella figura del pagliaccio vede la spontaneità del bambino (“Sei come me“) e nel circo vede il luogo dove esprimere al meglio sé stesso (“Ma in fondo io sto bene qua / tra le mie facce e la mia falsità / trovando in quel che sono / un po’ di libertà“). Quella che sembra dunque una maschera in cui ci caliamo e che ci permette di sentirci liberi, può anche rivelarsi una finzione per noi stessi perché di fatto coincide con il nostro vero io.

 

UN’OPERA D’ARTE

chiave-di-sophia-autoritratto-circondato-da-maschere-james-ensorAutoritratto circondato da maschere – James Ensor

La maschera, come sottolineato da Oscar Wilde, può essere uno strumento per manifestare una personalità il più delle volte nascosta, ma cosa succede quando si è l’unico volto reale in un mondo di maschere? È questa la Bruxelles che vede James Ensor nel suo Autoritratto circondato da maschere, del 1899, un eterno carnevale di colori sgargianti ed espressioni grottesche in cui nessuno ha il coraggio di essere se stesso, prigioniero delle convenzioni sociali e della propria falsità. Il misantropo Ensor, ammantato di astio ma anche di struggente malinconia, scopre una agghiacciante solitudine in mezzo alla folla: paradossalmente, in un mondo dove nessuno mostra se stesso per come è, è la sincerità di chi ha il coraggio di mostrarsi a volto scoperto l’unica maschera davvero terrificante.

 

Francesca Plesnizer, Fabiana Castellino, Giorgia Favero, Federica Bonisiol, Alvise Wollner, Giacomo Mininni

 

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Libri selezionati per voi: aprile 2018!

Finalmente la primavera è arrivata: il sole comincia ad alzarsi deciso, la natura si risveglia e i nostri occhi si riempiono di mille colori. Se state programmando le pulizie di primavera non dimenticate di spolverare i libri che decorano il vostro salotto… E concedetevi una pausa letteraria con uno di loro, o con una della nostre proposte.

 

ROMANZI CONTEMPORANEI

sveva-casati-modignani_la-chiave-di-sophiaVaniglia e cioccolato – Sveva Casati Modignani (2013)

Due gusti diversi che si legano bene insieme. Così anche Penelope e Andrea, sposati da diciotto anni e con tre figli. Tuttavia, la magica alchimia si spezza e lei, delusa e umiliata dalle scappatelle del marito, decide di andarsene con una lettera volta a spiegare il suo desiderio di fuga. Penelope dà così inizio ad un cambiamento esistenziale che lascia Andrea ad occuparsi della famiglia e ad affrontare le sue inadempienze coniugali. Per entrambi diviene l’occasione di scavare profondamente dentro loro stessi, con spietata sincerità.

 

a-parigi-con-colette_la-chiave-di-sophiaA Parigi con Colette – Angelo Molica Franco (2018)

Come ogni persona che dalla provincia si trasferisce in città, anche il rapporto di Sidonie-Gabrielle Colette con Parigi è profondo, quasi viscerale. La ville Lumière, insieme con la scrittrice Colette, è la protagonista del romanzo stesso. Una città affascinante in un periodo, quello della Belle Époque, in cui tutto sembrava possibile da realizzare. Una città in cui tutto inizia e tutto si compie. Qui Colette diverrà la scrittrice più apprezzata del suo tempo, amante della libertà e dei salotti della capitale.

 

UN CLASSICO

Schiave-di-sophia-sei-personaggi-in-cerca-dautore-pirandelloei personaggi in cerca d’autore – Luigi Pirandello (1921)

Chi ama le pièce teatrali ricche di ironia, morale e riflessione non può dimenticare di leggere i Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, un racconto che coniuga gli elementi linguistici di carattere dialogico ad una narrazione vivace e sbarazzina. In un’ambientazione che ha il sapore dell’indeterminato sei personaggi rifiutati cercano disperatamente un capocomico che voglia inscenare la loro vicenda: una storia ricca di drammi, amore, dolore, come potrebbe essere quella vissuta da ognuno di noi. Un’opera che sperimenta la tecnica del teatro nel teatro e che mette a nudo l’essenza della vita quotidiana secondo l’autore: un’inspiegabile commedia nel quale il singolo è chiamato a recitare una parte.

SAGGISTICA

chiave-di-sophia-misure-dellanima-perche-disuguaglianze-rendono-societa-infeliciLa misura dell’anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici – Kate Pickett, Richard Wilkinson

Una ricerca complessa e profonda di Kate Pickett e Richard Wilkinson in merito alle diseguaglianze. Il testo è frutto di studi condotti attraverso gli anni riguardo le cause e le implicazioni che la sperequazione dei redditi porta alle varie società. Il dato di diseguaglianza, in particolare quella economica, si riscopre essere alla base di molteplici disagi sociali quali stress, obesità, devianza riproponendo il binomio weberiano di economia e società secondo una stretta relazione dialettica. Un saggio prezioso, ricco di riferimenti e dati che possono far risvegliare la coscienza collettiva.

JUNIOR

chiave-di-sophia-consigli-alle-bambineConsigli alle bambine – Mark Twain, Vladimir Radunsky

Il titolo parla da solo: all’interno di questo libro veloce da leggere troverete una serie di consigli per ottenere delle ragazze a modo. E che modo! Scritto dal conosciutissimo Mark Twain più di un secolo fa, il testo è spassoso e talvolta irriverente. Ideale per un momento di lettura animata, quest’album illustrato è adatto a tutti, maschietti e femminucce, dai tre ai cinque anni. Se ben interpretato, il divertimento è assicurato!

chiave-di-sophia-topo-uccello-serpente-lupoTopo uccello serpente lupo – David Almond, Dave McKean

Un fumetto per i ragazzi della seconda fascia d’età della scuola primaria. In questa storia troverete degli Dei fannulloni che non creano più nulla poiché sono troppo impegnati a banchettare e a contemplare ciò a cui hanno già dato vita. E conoscerete tre ragazzi, che invece considerano il mondo incompleto e che auspicano l’esistenza di nuove forme di vita, come un topo, un uccello, un serpente e un lupo.

 

Sonia Cominassi, Anna Tieppo, Alvise Gasparini, Federica Bonisiol

 

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Falsità cosciente e sincerità incosciente

La filosofia e l’indagine filosofica ad essa collegata si prefiggono di giungere, mediante dialogo, ragionamento e logica, ad aletheia, ovverosia verità. Si può pensare a ciò come un traguardo oltre le nostre umane capacità, magari neanche possibile poiché una verità epistemica ultima capace di racchiuderne ogni altra si potrebbe non dare a noi.

Per verità si richiama inevitabilmente al concetto di indubitabilità, ad una dimensione ontologicamente completa e quindi al massimo grado di perfezione, non mancando di nessun attributo. Se fosse manchevole di anche solo una particolarità verrebbe a mancare la pienezza del tutto, si toglierebbe il tutto perché non più fedele al suo nome e sarebbe un tutto senza davvero tutto, privo di qualcosa. Quel qualcosa è un dato non da poco che fa acquisire indeterminatezza e imprecisione all’analisi filosofica volta ad una conoscenza epistemica, dunque rigorosa e incontrovertibile. In tale logica probabilistica ci si può avvicinare con un variabile grado d’approssimazione ad una conclusione, ad una tesi convincente ma falsificabile in futuro. Popper diceva che una teoria scientifica per essere tale deve correre il rischio di essere falsificata. Anche la filosofia, a mio modesto parere, compie questo processo in una successione di tesi approssimative che indagano l’animo umano, inseguendo un senso rappresentato come una continua tendenza alla verità senza mai raggiungerla. Più accurata sarà l’argomentazione più la tesi sarà solida, o meglio tenderà alla solidità e convincerà nel tempo. La convinzione, la persuasione sono elementi che contraddistinguono il dialogo umano, lo scambio di opinioni e tesi tra interlocutori che vogliono giungere ad un risultato dialettico. Cercare la verità mediante il confronto, dire la verità potrebbe essere il mezzo eppure un dialogo non sempre è composto dalla veridicità delle proposizioni degli interlocutori. Il presupposto, spesso, è già permeato da falsità, da intenti diversi da quelli che potrebbero essere quelli della ricerca di cui stiamo parlando.

I sofisti tanto condannati da Socrate sono ancora tra noi e nel loro argomentare per ottenere ragione ad ogni costo sacrificano una base veritativa fondamentale per la ricerca stessa. Viviamo in una società in cui l’inganno è una base piacevole e favorevole per il singolo che vuole emergere, avere la meglio su altre soggettività – magari annientandole – per potersi garantire il proprio benessere. L’inganno è sui volti illusori che abitano il mondo, un fiume di maschere pirandelliane che inonda le strade, le scuole, i ristoranti, le banche, gli uffici. La menzogna parte dal singolo a beneficio del singolo ma contemporaneamente preclude il benessere dei molti. Il paradosso di siffatta società consiste nell’essere composta da individui che pensano a loro stessi e la decostruiscono togliendosi, togliendo la loro funzionalità sociale, annichilendo la forma complessiva che il castello di sabbia dovrebbe avere nel suo essere realizzato dagli svariati granellini.

Se ne conviene che forse Pirandello aveva ragione quando scriveva «imparerai a tue spese che nella vita incontrerai tante maschere e pochi volti»1. Ebbene è in un volto che si può insediare la verità, o almeno il presupposto sincero per favorire il dialogo. Far cadere la maschera svela il vero volto di un individuo, ne mostra gli occhi, lo sguardo che attua già una comunicazione, fa trasparire emozioni e pensieri. La falsità cosciente della maschera può essere combattuta e abolita anche solo da uno scambio di sguardi, un’azione di riconoscimento tra soggettività che non si ignorano, bensì si scoprono, si cercano senza cedere a piegarsi all’altro. L’occhio umano è sottovalutato, è uno specchio che riflette l’interiorità dell’osservatore e svela, anzi disvela l’aletheia personale, quasi inconsciamente. Proprio l’inconscio, come ampiamente studiato e teorizzato dalla psicoanalisi da Freud in poi, pare proporsi come unica via veritativa, come espressione ed esplosione irrazionale di ciò che durante il giorno è velato da un super-io capace di diffondere e incentivare la menzogna.

In tal senso il sogno, la dimensione onirica si fa maestra ed ente esplicito dell’interiorità celata, di quello sguardo che ogni tanto desidera porsi una maschera per la vergogna, per l’imbarazzo e il conformismo sociale o adeguamento alla massa. Solo in quel momento, in quella vita notturna troviamo conforto e libera espressione, riscoprendo l’inconsistenza della libertà che tanto professiamo d’avere nella vita diurna. Anche in questo caso siamo i coscienti fautori della menzogna che in tal dimensione diviene una bugia riguardo la libertà, un’autonegazione posta da noi stessi e con altrettanta ed ingenua maestria puntiamo l’indice accusatorio verso altro da noi, verso un ente che dovrà essere colpevole di un nostro e solo nostro atto…

…quello di avere mentito.

 

Alvise Gasparini

NOTE:
1. L. Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Einaudi 2005

 

 

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Un mondo di maschere: Pirandello e la contemporaneità

«Fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che sieno, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere. […] Mattia Pascal: non sono affatto rientrato né nella legge, né nelle mie particolarità. Mia moglie è moglie di Pomino, e io non saprei proprio dire ch’io mi sia».1

Così si conclude Il Fu Mattia Pascal (1904), celeberrimo romanzo di Luigi Pirandello, specchio di un’epoca di crisi morale, psicologica, esistenziale che mette in luce i paradossi umani, polemizza e ironizza sul sistema delle convenzioni sociali entro cui l’individuo, allora come oggi, è costretto a vivere. Mattia Pascal, così come Vitangelo Moscarda di Uno nessuno e centomila (1926), si perde nel triste e assurdo gioco delle maschere, assume identità diverse in situazioni diverse, vive vite parallele, per sperimentare sul finale l’amaro della sconfitta: l’impossibilità di comprendere fino in fondo e in maniera radicale se stesso e chi lo circonda.

A ben vedere i romanzi di Pirandello rispecchiano quello che accade all’uomo contemporaneo, spesso restio a mostrarsi per quello che è, difficilmente limpido e puro nelle relazioni con l’altro. Oggi come allora l’umanità si trova a vivere frequentemente un alto grado di menzogna, ad ideare stratagemmi macchinosi per ottenere risultati, avvalendosi di atteggiamenti fittizi che possono nascondere i veri interessi. L’onesto arriva per ultimo, è letto come ‘lo sconfitto’ dato che fatica di più per giungere a destinazione; meglio allora indossare una maschera messa a punto per la situazione che possa rendere il percorso più agevole e meno accidentato!

Così accade anche nelle relazioni interpersonali: Pirandello ci insegna che essere noi stessi implicherebbe accettare il peso del confronto, dibattere, affrontare conflitti e sperimentarne i danni, mettere in discussione le proprie idee con il pericolo che vengano demolite. Da ciò deriva che l’uomo trova più facile e meno rischioso occultare il proprio volto dietro una maschera, vivere ai margini della mediocrità, senza abbracciare apertamente alcuna posizione. Chi non si mostra non ha il pericolo di perdere, dato che appare inattaccabile su ogni fronte. Chi non si mette in gioco non può stabilire autentici legami con l’altro, ma allo stesso tempo è in grado di adagiarsi sulle piume della quiete quotidiana.

Da qui il dibattito che scaturisce dai romanzi dell’autore, la crisi che investe i personaggi, il loro essere dei ‘disadattati’, sempre alla ricerca di se stessi, imprigionati in forme e situazioni che non sentono peculiari a sé. A ben vedere la realtà attuale non sempre offre una visione più rosea: costretto e gettato in un mondo mutevole e dall’esponenziale velocità, l’uomo si trova a sottoporre sé e il prossimo a continue rivalutazioni, a mostrarsi diversamente nei vari contesti per poi chiedersi alla resa dei conti: “Chi sono io? Quale delle infinite figurazioni di me stesso? E gli altri come mi vedono?”

Si pensi anche soltanto alle circostanze che ogni persona si trova a vivere nella propria quotidianità: dall’esperienza lavorativa a quella con il/la partner alle relazioni con gli amici; è sempre sé stessa oppure si scompone, si ‘frantuma’ in un’individualità diversa, in una, cento, mille maschere difronte ad ognuno di loro? A ben vedere, la società stessa richiede questa ‘fossilizzazione’ in entità differenti che in parte sono responsabili della morte dell’individuo. In situazioni ufficiali è necessario ostentare la dovuta formalità, con i conoscenti si indossano maschere che possano risaltare i pregi caratteriali, con il/la partner ci si sforza di mostrare il lato migliore e via dicendo.

Viviamo in un mondo in cui le maschere ci appaiono quasi necessarie per fronteggiare situazioni, in una realtà in cui l’estrema labilità delle relazioni non permette facilmente di acquisire la conoscenza di chi ci sta attorno e di contro nemmeno di noi stessi. Ci illudiamo di comprendere appieno chi è di fronte a noi, fino a quando un evento casuale fa crollare immancabilmente il castello di carte che avevamo creato. Non ci resta così che raccogliere i cocci della casa, per iniziare una nuova costruzione.

Ma cosa rimane allora all’uomo se non può conoscersi e conoscere il mondo appieno? Quale via d’uscita gli si pone davanti in una realtà fatta di apparenze e finzioni?

L’ammissione e l’accettazione dei cambiamenti in sé e negli altri, la consapevolezza che «una realtà non ci fu data e non c’è […] una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile», come direbbe Pirandello, e il tentativo di essere, per quanto possibile, più sinceri con il proprio io e con chi è difronte a noi.

Insomma, è il momento di abbandonare le maschere e tentare di mostrare la nudità del proprio volto.

 

Anna Tieppo

 

NOTE:
1. Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Milano, Mondadori, 2009, p. 233.

[Immagine tratta da Google Immagini]

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La macchina dell’alienazione: i Quaderni di Serafino Gubbio operatore – Luigi Pirandello

Il Manifesto del futurismo (1911) provoca la cultura italiana a una nuova attenzione nei confronti delle macchine e del progresso tecnologico. Poco dopo (1915) Luigi Pirandello dà un’originale lettura di questi temi nel suo sesto romanzo, pubblicato nella “Nuova antologia” col titolo Si gira…, che diventa nell’edizione definitiva del 1925 Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

Il personaggio che dà il titolo al romanzo è un operatore presso la Kosmograph di Roma, un’immaginaria casa di produzione cinematografica. Lui stesso si definisce “una mano che gira la manovella”: il suo lavoro impone di mettersi al servizio di una macchina e registrare impassibilmente le scene che gli si svolgono davanti. Non ha un ruolo attivo nella vicenda: è un testimone che annota nei suoi quaderni le vicende dei personaggi costruendole in scene chiuse, quasi spezzoni di pellicola descritti dal suo sguardo lucido e spesso critico.

Al centro della storia la diva russa Varia Nestoroff, una femme fatale abituata a giocare a suo piacimento con gli uomini che le cadono ai piedi, pronta a distruggerli per un capriccio ma senza mai ricavarne un vero piacere. Alcuni anni prima, la Nestoroff era fidanzata del giovane pittore Giorgio Mirelli, che si suicida quando la donna cede facilmente a Aldo Nuti, un amico di Giorgio che voleva rivelargli la vera natura della donna. La Nestoroff è adesso legata al rozzo, geloso e violento attore Carlo Ferro, ma Nuti ritorna nella sua vita cercando di ottenere un ruolo nel film di ambientazione esotica La donna e la tigre. Approfittando dei timori di Ferro, Nuti prende il suo posto in una drammatica scena nella quale deve uccidere una vera tigre; ma davanti a un atterrito Serafino Gubbio che riprende con la cinepresa tutti i suoi gesti, punta l’arma verso Varia Nestoroff e la uccide, lasciandosi poi sbranare dalla belva.QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO - COPERTINA

Una storia con molti caratteri melodrammatici ispirati alle enfatiche storie del muto, ma che conferma alcuni temi tipici di Pirandello. La vera essenza dei personaggi appare sfuggente, ma non per il continuo gioco delle maschere con cui ognuno si adatta alle varie richieste della società. Qui sono gli stessi personaggi a sembrare incapaci di render conto di sé stessi: dello stesso Serafino Gubbio non sappiamo quasi nulla, a parte gli elementi del suo passato che giustificano il suo ruolo di testimone; gli attori recitano in storie senza capo né coda, senza nemmeno rendersi conto del ruolo della loro scena all’interno del film. E quando il lavoro è finito non si riconoscono nelle loro ombre proiettate sullo schermo, prive di ogni rapporto autentico con il pubblico.

Il fatto è che la macchina, per Pirandello, ha invaso l’ambito umano, costringendo gli uomini a sottostare alle sue leggi e alienarsi da sé stessi. L’unico “personaggio” che ancora appartiene a una dimensione vitale è la tigre, la cui potenza è destinata a essere sacrificata per un modesto spettacolo, per un gioco di inganni. E la tigre – vera immagine della vita alla quale nessuno dei personaggi è degno di accostarsi – riceve il più alto degli omaggi quando un violinista, come un novello Orfeo, suona davanti alla gabbia per ammansirla (è lo stesso violinista che, all’inizio del romanzo, abbandona la sua arte e si dà all’alcool dopo essere stato costretto a accompagnare un pianoforte meccanico).

E anche Serafino Gubbio, sconvolto dalla scena che ha ripreso, nel finale del romanzo perde la parola e si riduce al suo lavoro di alienato che muove la manovella: se pochi decenni prima la letteratura realistica credeva che fosse possibile una rappresentazione oggettiva della realtà, ora una storia viene raccontata per frammenti, in forma di appunto o di diario; l’unica oggettività è quella imposta da una macchina. Il dramma dei protagonisti diventa un film, uno spettacolo che sarà distrattamente consumato, e che farà discutere per il crudo realismo di due morti rappresentate in presa diretta.

Nel mutismo di Serafino Gubbio si scorge la fine di una letteratura convinta che le azioni umane siano dotate di un senso. La macchina da presa si limita a riprendere le cose senza cercare di spiegarle. Come dice Gubbio a un certo momento:

“Ah, se fosse destinata a questo solamente la mia professione! Al solo intento di presentare agli uomini il buffo spettacolo dei loro atti impensati, la vista immediata delle loro passioni, della loro vita così com’è. Di questa vita senza requie, che non conclude”.

 

Giuliano Galletti

 

LUIGI PIRANDELLO, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Milano, Mondadori, 2000 (nella collana “Oscar tutte le opere di Luigi Pirandello”).

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