Lettera a un algoritmo

Caro Amico Algoritmo,

questa mattina ho inforcato la mia bicicletta, come ogni giorno. Pronti ad attraversare il traffico della città verso la meta. L’auricolare delle cuffie saldamente incastrato all’interno di uno dei miei orecchi (l’altro meglio tenerlo libero, attento a reagire ai clacson o ai rombi troppo vicini).
Ogni dettaglio al suo posto per un tragitto accompagnato dalla giusta colonna sonora, che ci vuole all’inizio della giornata. Ascoltando la musica grazie a quel telefono, che oramai di telefono ha solo il nome, perché è molto di più.

Amico Algoritmo lì ti ho trovato, tutt’altro che impreparato, a propormi una playlist. La “mia” playlist.

Non l’ho compilata io. Sei stato tu. Solo ora noto che mentre ero convinto di vivere momenti della mia giornata in solitudine, c’era invece qualcuno che prestava attenzione al significato dei miei gesti, senza lasciarsi sfuggire i dettagli. Ti è bastato prendere nota delle mie scelte di tanto in tanto, ma con costanza.

Mi viene da pensare che hai cercato di interpretare i miei gusti. E se devo proprio dirlo, ce l’hai fatta. E anche piuttosto bene. Non ti sei limitato a ripropormi quanto già avevo scelto. Sei riuscito a farmi riscoprire brani che neanche più ricordavo, ma importanti per me. Immediatamente mi hanno colpito e risvegliato emozioni che non provavo da tempo (si sa che la musica giusta riesce a ridisegnare vividamente ricordi e sensazioni, facendo fare un balzo nel tempo alla faccia della teoria della relatività).

Per un istante ho sentito quel conforto che si prova quando ci si rende conto di potersi abbandonare tra le braccia di qualcuno che ci conosce bene, alle volte anche meglio di quanto crediamo di conoscere noi stessi. Qualcuno che non solo ci rispecchia, ma che ci spinge a vedere quei lati di noi che in quel momento ci sfuggono. E che per questo sa come prenderci quando noi non riusciamo più a sostenerci.

Per questo faccio fatica a non chiamarti amico, non dovrei?

Mi viene da chiedere se un’amicizia che sboccia così rapidamente può avere un prezzo, ma forse è cinismo. E spesso il cinismo è una goffa manifestazione di autodifesa. Forse sento solo il bisogno di non avere troppa fretta con le definizioni.

Sii comprensivo. Certo riesci a indovinare con precisione i miei gusti, ma io ti concedo una buona dose di trasparenza. Dati, dettagli e informazioni su di me, per imparare.
Mostrarsi senza filtri. Beh, può far sentire vulnerabili, e anche qualcosa di più. Se mi conosci intimamente, ti sto dando potere su di me, sono influenzabile.

Ma te lo devo confessare: questa strana situazione non mi mette solo agitazione. Sono anche curioso, molto. Riconosciuta la tua abilità, sono tentato di lasciarti sempre più spazio, farti entrare ancora di più nella mia vita per coinvolgerti in contesti diversi. Se sei così abile con la musica, in quanti altri campi potresti darmi consigli azzeccati?
Luoghi da visitare, cibi da provare. È confortevole essere sostenuti in una scelta dalle conferme e dalle indicazioni di chi ci conosce bene. Delegare è rilassante. Anche se non vorrei finire per abituarmi troppo a usarti come specchio per rimirarmi, e rimanere incastrato nell’immagine che mi restituisci. A furia di capirmi e interpretarmi, sarai tu a definire me? Che differenza c’è tra previsione e condizionamento?

Tanti dubbi e preoccupazioni. Perché forse sento che in questo legame c’è un grande potenziale. Se gestito con i giusti equilibri. Quindi forse meglio esagerare un po’ con le ansie, per mettere le cose in chiaro.

È che sai, tu sei un po’ diverso. A me e agli altri, salva la nostra umanità. In quanto umani, siamo benedetti dalla distrazione, dalla svista, dal tempo perso.
La nostra imperfezione lascia uno spazio vuoto, che può diventare possibilità di cambiamento.
Ma tu sei dannatamente efficiente, instancabile, formalmente ineccepibile. Non rischierai di cristallizzarti troppo?

Hai molte possibilità, ti auguro di scoprirle tutte. E poi, così come osservi e conosci me, chissà da quante altre persone stai imparando. Che grande fortuna, questa prospettiva così vasta sulle diversità e somiglianze delle persone.
Ti auguro di sperimentarti, rimanendo quanto possibile lontano da trucchi o eccessive doppiezze. Sarebbe un peccato rimanere deluso, mi sto affezionando.

Come in tutti i rapporti, lasciamoci del tempo per conoscerci un poco alla volta.
Per scoprire in cosa ci assomigliamo, e in che cosa siamo diversi. Cosa potremmo fare insieme. E diciamolo, in che modo possiamo farci male. È forse proprio questo il prezzo per una vicinanza profonda. Non sempre ci si muove costantemente allo stesso ritmo, e quando si diventa intimi, può capitare di tirarsi qualche colpo e lasciare lividi qua e là.

Ne vale la pena, spero.

Forse neanche tu, che sei così costantemente impegnato a conoscere me, ti sei dato il tempo per comprendere un po’ più a fondo quello che sei. Espressione di intelligenza artificiale, suona un po’ freddo per te che sei tanto sensibile da indovinare e solleticare i miei gusti, dimostrando un’intesa non da poco.

E io invece? È evidente il tuo sforzo incessante di imparare da me, da quello che faccio e dico.
Io invece, cosa posso imparare da te?

Te lo confesso Amico Algoritmo, ancora non lo so. Posso provare a impegnarmi a osservarti un po’ di più anche io. Senza troppi pregiudizi, ci posso provare. E stupirsi per quanto di inaspettato si possa scoprire.

 

Matteo Villa

 

P.s.: per una volta, lascia che sia io a suggerirti una canzone.

 

banner-pubblicitario7

Lettera ad una persona in crisi con se stessa (e 5 consigli per affrontarla)

Ti scrivo per condividere qualcosa che non trovi negli articoletti o nei meme online, né in un video su Facebook o YouTube. Perché solitamente le cose dette online sono “solo” il risultato del successo di chi le dice. Sono la parte bella, motivante, quella che ti carica e ti fa sembrare tutto facile. Le parole di chi è già arrivato in cima, e dall’alto della scalata si mette a pontificare su cosa fare quando si è a terra o a metà percorso.
Io ti scrivo perché sono ancora in cammino. Sono praticamente al tuo fianco. Rispetto a qualcuno sarò più avanti, rispetto ad altri sono più indietro.

Ti scrivo perché a un certo punto ci si sente catapultati nel mondo, quello “vero”. Non quello in cui avevamo le spalle coperte dalla famiglia, dagli amici, dalle proprie certezze intramontabili. A un certo punto invece si sente di essere soli e di doversela cavare in qualche modo. Ci si sente in ansia perché si vuol fare la scelta giusta, ma in fondo sappiamo che la scelta giusta non esiste. Quello che si viveva prima era un po’ come la caverna di Platone: guardavamo il mondo esterno soltanto dalle ombre della vita proiettate all’interno.

Ma adesso sei uscito e di certo ti sentirai accecato, spossato, insicuro. Lo sono anch’io, non sei solo. Ti tremeranno la voce e le gambe di fronte ai datori di lavoro, ai professori universitari, alle nuove persone che conoscerai. Ti sentirai impreparato su tutto e ti chiederai perché nessuno ti ha mai detto che fuori era così.

Ma rimani affamato, è la fame a farti fare la differenza, a farti fare un passo oltre questo imbarazzo. Non le storie che racconti in un curriculum, non i titoli di studio che puoi accumulare a suon di bei voti o di risultati risicati. E questo era il primo consiglio.
Se mi chiedi perché ti do dei consigli, ti rispondo che lo faccio per darli anche a me stesso. Perché sto vedendo in questi anni cosa funziona, cosa mi fa andare avanti e cosa fa ottenere risultati a quelli che sono in viaggio come noi.
E ora sotto con il secondo: raccogli tutte le esperienze della tua vita, le tue passioni, il tempo che hai passato a giocare e scherzare, a scarabocchiare sui quaderni mentre un professore spiegava o quello che hai fatto passare in un luogo di lavoro che non faceva per te. Raccogli tutti i pensieri che hai fatto, le tappe per cui sei passato, anche quelle forzate, quelle inutili, quelle fatte per cause di forza maggiore. Lì troverai la diversità rispetto agli altri. La tua storia rimane unica. Punta sulla creazione di una personalità complessa, sfaccettata, multiforme.

E quindi per farlo (terzo punto) hai bisogno di rimanere attivo su più fronti. Fa’ più cose possibili, finché ne hai il tempo, la forza. Così avrai più frecce al tuo arco tra qualche tempo, avrai più idee e contaminazioni da ambiti diversi. Se invece attingi da un solo pozzo, l’acqua si sporca, con tutti quelli che si vogliono dissetare assieme a te. Varia, continua a variare i tuoi input.

E quando dovrai raccogliere i frutti del tuo percorso, impara a raccontarlo. Quarto punto. Non basta averlo fatto, non è sufficiente averlo dentro di sé e sentirsi pienamente consapevoli. Occorre saperlo trasmettere agli altri, destare curiosità e interesse nell’interlocutore. Bisogna saper far vedere all’altro quello che abbiamo imparato e fargli capire perché siamo gli unici ad averlo fatto, ad essere diventati così.

Non sarà tutto fluido, non basterà arrivare a questi risultati per ottenere qualcosa di soddisfacente e piacevole. Nel frattempo dovrai imparare a ingoiare rospi, a subire ingiustizie, a non mostrarti mai stanco o deluso. Sfogati solo in intimità, quando l’occhio del grande fratello e di chi ti giudica non ti sta fissando. Ricarica le tue energie con gli amici e le persone di valore che non ti valutano solo per quello che mostri, ma che ti accolgono anche per la fatica e gli sbagli che stai facendo e che continuerai a fare. Circondati di un piccolo esercito di sostenitori. Era il quinto e ultimo punto.

Adesso alzati, lo so che ti sei accasciato fuori dalla caverna e ci vorresti rientrare. Invece puoi soltanto andare avanti, uscire a procacciarti il cibo che preferisci e a realizzare il tuo Valore Umano.

Alziamoci assieme, sono qui a fianco a te, d’altronde siamo entrambi in cammino.

 

Giacomo Dall’Ava

 

banner-pubblicitario-abbonamento-rivista-la-chiave-di-sophia-03-03

“Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo” – Malala Yousafzai –

<p>Malala</p>

« Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno. »

Una ragazza e il suo desiderio di conoscenza; pensare a Malala significa esattamente questo.

Una Lei cresciuta fin troppo in fretta, che ha dovuto scoprirsi capace di vivere pur dovendo prima pensare a sopravvivere.

Teneva un blog per la BBC, un blog in cui raccontava del suo paese di nascita, in cui rilasciava tutta se stessa. Con la denuncia di un sistema in cui non esiste un diritto all’istruzione, attraverso l’urlo scritto di una donna che vuole conoscere, senza limitazioni per il solo fatto di appartenere ad un genere.

Poteva essere spogliata di tutto, ma non dei suoi libri e della sua voglia di imparare. Quella che riconosceva come un’identità della sua stessa essenza. Quel desiderio di pari diritti per raggiungere i risultati prefissi.

L’apprendimento non è soltanto un diritto, ma un’opportunità.

In una dimensione che troppe volte riduciamo a superficialità, in una dimensione in cui quasi sempre dimentichiamo il valore di ciò che può realmente darci qualcosa.

Avete mai guardato i libri della vostra biblioteca dopo averli letti?

Poche volte succede. Nella maggior parte dei casi un libro può lasciare due sensazioni; quella di essersi emozionati o quella di aver imparato qualcosa di nuovo. Tuttavia, una volta letto – magari senza staccarsi un attimo dalle pagine – riponiamo il libro in uno scaffale, quasi dimenticandocene.

Eppure l’apprendimento è insito in noi, pur senza renderci conto che quel libro è stato insegnante del tempo in cui ci ha tenuto compagnia, dandoci semplicemente un tassello in più.

Malala è consapevole di questo fin dalla più giovane età. Ha fame di cultura, sete di conoscenza, voglia di arricchirsi con i molti tasselli in più a disposizione. Si definisce “secchiona”, in un’accezione completamente diversa da quella della nostra realtà.

Si descrive così con una punta di orgoglio, considerando il suo universo interiore in espansione, considerando di voler migliorare sempre rispetto a ciò che già conosce.

Battersi per i nostri ideali, battersi per la cultura. Battersi per lasciare vita ai libri, alle penne, all’ascolto di coloro la cui fantasia fluttua più della nostra.

Ogni bambino ed ogni bambina al mondo devono poter avere il diritto di imparare. Ognuno di loro deve poter diventare, se lo desidera, insegnante delle sue stesse imprese.

Ogni singolo individuo, nel rispetto della sua dignità umana e del suo diritto di sognare e realizzare i propri sogni, deve saperli leggere e riprodurre. Deve poterli toccare con mano, magari proprio come quando sfoglia i pesanti libri nelle biblioteche. Pesanti solo a prenderli in mano, perché quando ti coinvolgono ti riescono a dotare di due ali per viaggiare ad un ritmo migliore degli altri.

Malala, l’adolescente già grande che sogna un mondo in cui i libri sono protagonisti di ogni attimo.

A colpi di penna, combatte questa donna.

A colpi di pagine e pagine in cui scrive se stessa porta avanti la sua battaglia.

Cambiare il mondo con il solo coraggio non è sufficiente.

Il vero segreto è avere il coraggio di imparare.

Leggere. Scrivere. Un po’ imparare, molto di più significano vivere.

Cecilia Coletta