La salute, un concetto difficile da definire e comunicare

Nel contesto della nostra vita quotidiana la parola salute rappresenta uno dei vocaboli che pronunciamo e sentiamo proferire maggiormente dagli altri. Generalmente siamo convinti che tale termine significhi e designi un concetto chiaro ed estremamente facile da individuare e riconoscere. Ad esempio, basti pensare al fatto che se avvertissimo un qualunque tipo di scompenso vitale (malattia) non sosterremmo di essere in salute, viceversa se trovandoci all’interno di un perfetto equilibrio vitale che ci consente di perpetuare tutte le nostre attività quotidiane riteniamo di essere in salute. Questa semplicissima evidenza si complica quando vogliamo comunicare il nostro stato o divulgare lo stesso agli altri, infatti, chi di noi non si è mai sentito stanco, “giù di morale” e quindi, pur non riuscendo ad identificare nessun punto biologicamente determinato e localizzabile (ovvero di facile comunicazione) non si sarebbe definito in salute? Oppure chi, pur provando dei lievi malesseri che non lo fanno sentire in salute, è riuscito ad identificare e a comunicare agli altri il suo status senza per questo essere definito una persona lamentosa, non degna di essere considerata come priva di salute?

Da queste banali osservazioni possiamo capire come il concetto di salute porti con sé una difficoltà estrema ad essere sintetizzato in parole semplici e comunicabili perfettamente agli altri, non è un caso che la natura stessa della comunicazione e dunque dell’identificazione del significato di tale termine abbia da sempre, sin dall’antica Grecia, portato con sé una marea di quesiti etico-esistenziali che trovano forma ed oggetto nella filosofia. Il problema fondamentale che più ha alimentato le riflessioni attorno a questo tema è quello di determinare se il concetto di salute corrisponde unicamente all’assenza di malattia, riducendo di fatto il nostro vivere ad un puro modello meccanico nel quale esistono delle falle che bisogna continuamente riparare, oppure se esso si riferisca ad un qualcosa che prescinde dalla sola disfunzione biologica e si rifà ad un contesto storico-biologico-sociale che determina i modi stessi con i quali il soggetto sostiene di essere in salute.

Il primo modello preso a riferimento, che potremo chiamare modello meccanico, sostiene che esistano delle evidenze di funzionamento dei corpi che sono propri di ogni specie, dunque ritiene che sia definibile come sana una persona che “funziona” secondo le modalità proprie della specie umana, viceversa se un individuo non rispetta queste condizioni è definibile come malato. Un chiaro esempio può essere rappresentato dalla capacità di camminare, in quanto se è normale per un essere umano camminare, qualora tale situazione non avvenga in un soggetto, esso è malato e quindi non godo uno stato di piena salute. Potremo, dunque, sinteticamente affermare che il modello meccanico considera la salute come pura assenza di alterazioni organiche. In maniera totalmente differente il secondo modo d’intendere la salute, che potremo definire olistico, sostiene che una malattia non può essere intesa come sola alterazione organica, ma deve essere percepita come alterazione di un equilibrio esistenziale. Risulta chiaro che per tale teoria la definizione di salute prescinde dalla sola identificazione delle lesioni organiche e ha a che fare con la dimensione personale e soggettiva con la quale un individuo vive ed esperisce se stesso nel mondo. Se il modello meccanico ha avuto una grossissima diffusione nel ‘700 e nel ‘800, verso la metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha codificato una definizione di salute, a cui tutt’ora ci riferiamo, che sposta l’accento su una definizione olistica, infatti la salute si deve intendere per l’OMS come:“uno stato completo di benessere fisico, psichico e sociale, e non come una mera assenza di malattia o infermità”.

Si può cogliere, da questa definizione, come oggi il concetto di salute non rappresenti un dato totalmente oggettivabile, ma si presti ad una serie molteplice di interpretazioni che spostano lo stesso da un universale oggettivo ad un elemento modificabile e plasmabile da chiunque riesca a comunicare in maniera efficace la propria idea di salute agli altri. Dunque, con la dissolvenza del concetto di salute quale identificazione del perfetto equilibrio biologico dell’uomo e con l’apertura all’interpretazione esistenziale di tale concetto si è imposto un modello attraverso il quale comunicare e trasmettere differenti aspetti o approcci del concetto stesso di salute diventa uno degli elementi fondamentali che costituiscono l’orizzonte concettuale e medico che stabilisce l’idea che noi ci plasmiamo di cosa voglia dire essere sani. La rubrica che proponiamo mira, già dal prossimo articolo, a individuare e a dar luce a diverse strategie comunicative che sul web, sui giornali o per voce dei professionisti che si occupano direttamente di salute o di ricerche attorno ad essa, si sono attuate e si attuano al fine di porre il concetto di salute al centro del proprio messaggio.

Francesco Codato

Che cos’è l’antipsichiatria, Storia della nascita del movimento di critica alla psichiatria – Francesco Codato

E se la malattia mentale non esistesse?

È una domanda che mi sono sentita rivolgere e che mi sono posta spesso durante il mio percorso di studi di Psicologia. Aiutare le persone, sì, ma come?

Si sta assistendo ad una crescente medicalizzazione della vita quotidiana. Alcune condizioni umane, un tempo ritenute normali, sono oggi considerate patologiche. L’argomento si fa ancora più spinoso se si osserva che i disturbi mentali hanno registrato un incredibile aumento negli ultimi decenni, inducendo non pochi sospetti rispetto ai criteri diagnostici utilizzati e rispetto ai modelli di cura proposti, influenzati da interessi sociali ed economici.

In un’epoca quindi in cui la società è sempre più medicalizzata e in cui la psichiatria, nell’intento di essere sempre più disciplina scientifica, tenta di ricondurre il disturbo mentale alla stregua di un’alterazione biologica, si può capire come parlare di antipsichiatria oggi non sia affatto semplice.

Questo libro di Francesco Codato propone un’interessante riflessione ripercorrendo e indagando le basi culturali del movimento antipsichiatrico per arrivare a comprendere il nostro presente. In questo libro filosofia e psichiatria sono affiancate e dialogano tra loro per comprendere e riportare il soggetto malato nella sua dimensione umana costringendoci ad interrogarci sul valore delle pratiche medico-psichiatriche.

Codato presenta le radici culturali che hanno posto le basi per la nascita e la diffusione del movimento antipsichiatrico. Il processo di medicalizzazione della società ha trovato terreno fertile durante l’Illuminismo quando gli stati di sofferenza e di salute mentale vengono ricondotti alla dimensione corporea e la società conferisce alla psichiatria il compito di separare ciò che è normale da ciò che è anormale, ciò che è sano da ciò che è malato. Vi è una continua de-personalizzazione, o de-soggettivizzazione, del soggetto che soffre. La persona separata dal mondo è un esule. È in questo panorama che si è sviluppata l’antipsichiatria.

Ridotta a poche parole la malattia mentale rappresenta la diversità, e la paura di questa diversità fa sì che la società si difenda alzando dei muri di protezione che discernono ciò che è normale e accettabile, da ciò che deve essere allontanato. […] cosa succederebbe se qualcuno insorgesse contro tale visione e cominciasse a sostenere che le condizioni organiche non sono l’unico fattore di causa della patologia mentale, e che in realtà l’aspetto culturale e sociale sia il mezzo primario che determina la nascita di tale patologia?

L’autore quindi ricostruisce la storia del movimento antipsichiatrico partendo dalle singole teorie di Cooper, Laing, Szasz, Basaglia e Antonucci, mostrando bene come, seppur condividesse la premessa teorica della sociogenicità delle malattie psichiche, lasciasse ampio spazio alle individualità dei suoi esponenti costituendosi come movimento non unitario, quanto piuttosto come una vivace e varia attività sia teorica che pratica-politica.

Francesco Codato ci prende per mano e ci accompagna lungo un viaggio che ha inizio analizzando le radici culturali dell’antipsichiatria e che si conclude con un’analisi della psichiatria odierna, facendoci rendere conto di quanto in un’epoca come questa ci sia la necessità di rievocare le idee antipsichiatriche per poter dare al malato l’ascolto, la comprensione e la cura di cui ha bisogno; per poter riconferire, in altre parole, la dignità che gli spetta.

“l’andamento psichiatrico contemporaneo porta con sé l’urgenza di una continua valutazione del suo operato e di un continuo confronto che ricordi a tutti che i malati mentali sono primariamente degli uomini e che la pazzia costituisce un campo difficile di analisi, che non può prescindere dalle valutazioni e dalle esigenze etiche di una data società.”

Un libro che non rappresenta solo una memoria storica dell’antipsichiatria, ma ne mostra l’applicabilità nel contesto psichiatrico di oggi.

“La speranza è che, in un futuro non troppo lontano, parlare di antipsichiatria divenga una situazione totalmente inutile, poiché questo vorrebbe dire che psichiatria e antipsichiatria si saranno fuse in un’unica dimensione che permetterà un contatto autentico e di reale aiuto a chi soffre di una patologia mentale. “

Francesco Codato

Francesco Codato collabora alla cattedra di Bioetica, di Etica sociale e Bioetica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, università presso la quale sta svolgendo un dottorato in filosofia. I suoi interessi di ricerca ruotano attorno alla bioetica e alla filosofia della medicina, con particolare riferimento alla relazione tra etica e cure psichiatriche. Ha svolto periodi di studio e ricerca presso l’Université Paris-Sorbonne e presso il CNRS (Centro nazionale di ricerca scientifica francese). È autore delle opere: Follia, potere e istituzione: genesi del pensiero di Franco Basaglia (2010), Figli di Prometeo: etica della responsabilità e ricerca scientifica (2012), Che cos’è l’antipsichiatria? Storia della nascita del movimento di critica alla psichiatria (2013), Thomas Szasz. La critica psichiatrica come forma bioetica (2013), Che cos’è la malattia mentale. Una prospettiva interdisciplinare (in uscita a dicembre).

 

Giordana De Anna

[immagini concesse da Francesco Codato]