The Game: i protagonisti di Trieste è bella di notte chiamano così il viaggio per attraversare la frontiera tra Bosnia e Croazia ed entrare nell’Unione Europea. Un’odissea umana che di giocoso, però, ha davvero ben poco.
Andrea Segre, Matteo Calore e Stefano Collizzoli ce la raccontano dando forma e luce a un fenomeno quotidianamente sotto la lente dell’opinione pubblica ma i cui reali risvolti e implicazioni restano sconosciuti ai più. “Trieste è bella di notte” è una babilonia di vite, sogni e speranze troppo spesso infrante. Un documentario che, in poco più di un’ora, riesce ad aprire una breccia sulle esistenze dei migranti asiatici arrivati in Italia dalla rotta balcanica dopo essere stati rispediti indietro fino in Bosnia, senza venire identificati o avere la possibilità di fare richiesta di asilo. In piena pandemia, nel maggio del 2020, l’allora Ministero dell’Interno Luciana Lamorgese aveva introdotto le “riammissioni informali” per espellere i migranti che arrivavano in Italia. Un provvedimento che aveva colpito, in particolare, proprio la rotta balcanica. A gennaio del 2021 il Tribunale di Roma aveva etichettato le riammissioni come illegali, sospendendole fino al 28 novembre 2022 quando però il Ministro Piantedosi le ha riattivate.
Trieste è bella di notte ha il suo punto di forza nell’essere un documentario crossmediale: non si limita a raccogliere e raccontare in maniera didascalica le testimonianze dei migranti respinti al confine ma ci porta in prima persona, da spettatori, nel loro viaggio ai confini dell’Europa utilizzando le immagini realizzate dagli stessi migranti con i loro telefonini, pubblicate e condivise sui social. Il dibattito all’interno delle Istituzioni italiane è invece messo in scena attraverso gli interventi diretti dei due ministri coinvolti nella vicenda. Intanto, in una casa abbandonata a Bihać, in Bosnia, un gruppo di giovani pakistani e afghani sogna di partire, direzione Trieste, in un flusso di immagini e testimonianze raccontate sul grande schermo per evitare che continuino a ripetersi all’infinito. Un film sul confine instabile e confuso tra sicurezza e diritto, dove sono i migranti stessi a diventare “registi” del loro travaglio esistenziale. La polizia croata e bosniaca viene accusata di violenza e abusi ma tra boschi, fango e cellulari distrutti, pakistani, siriani, iraniani e afghani continuano a tentare “The Game” nella speranza di riuscire a scorgere presto, in lontananza, le luci di Trieste illuminata di notte e avere quantomeno l’illusione di avercela fatta, di essere pronti a iniziare una nuova vita. Il fatto poi che a raccontarlo sia un film, forma d’arte per eccellenza resa possibile dall’uso della luce e nata grazie ai fratelli Lumière, non fa altro che rafforzare, ancora una volta, l’importanza di fare luce su chi migra per il diritto ad avere un domani migliore.
Ne parleremo insieme alla proiezione del film domenica 3 dicembre alle ore 17.30 al Museo di Santa Caterina di Treviso nell’ambito di Raìse – Festival delle Migrazioni. La kermesse organizzata da GRA – Grande Raccordo Ambientale, Associazione Agorà e FilRouge, è una due giorni di esibizioni, talk, proiezioni e musica live al Museo civico Santa Caterina. Vivere l’Arte come forma di inclusione per raccontare e provare in prima persona cosa significa vivere lontani dalla propria terra d’origine, dai propri affetti, dalle proprie RADICI per riscoprirle, ampliarle e metterle in connessione con la comunità! Evento gratuito, prenotazioni a questo link.
Alvise Wollner
[immagine tratta da un fotogramma del film]