Allied: l’ombra nascosta del divismo contemporaneo

Poteva nascere qualcosa di davvero memorabile dall’incontro tra il regista di Forrest Gump, Ritorno al Futuro, Cast Away e molti altri celebri film, con due degli attori più amati del nostro tempo: Brad Pitt e Marion Cotillard. Nonostante le ottime premesse però, Allied-Un’ombra nascosta non solo è un film poco riuscito, ma è anche un’opera che in qualche modo sancisce la fine del concetto di divismo, inteso nella sua accezione più tipica e tradizionale.

Come riportato da G.L. Farinelli e J.L. Passek nel libro Stars au féminin: naissance, apogée et décadence du star system (edito nel 2000), il divismo è un fenomeno strettamente connesso al Novecento, secolo in cui la civiltà occidentale, dominata dalla complessa interazione tra economia, tecnica e scienza, ha trovato in sé stessa un antidoto allo spirito razionalizzatore nella presenza dei divi. Considerati da sempre come prodotti della cultura di massa e al contempo arcaismo della modernità, i divi simboleggiano la potenza del mito del doppio all’interno della civiltà razionalista. Essi incarnano un bisogno moderno di fede, un bisogno psicologico e affettivo di proiezione e di identificazione dell’individuo con una vita diversa, una vita che potrebbe accordarsi con i suoi desideri, una vita da eroe, da ribelle o da aristocratico, una vita intensa, rischiosa e non soggetta agli obblighi prosaici della banalità quotidiana, fatta d’amore, bellezza, forza, piaceri, felicità e immortalità. Il divo è colui a cui guardare con ammirazione, colui che incarna e rende concreti personaggi ideali sulla superficie di uno schermo cinematografico. La società contemporanea ha lentamente sgretolato quest’immagine, in vari modi e con svariati mezzi, primo tra tutti l’annullamento totale della dimensione privata della vita del divo. Se nel Novecento infatti i grandi attori erano sempre circondati da un alone di fascino e mistero, al giorno d’oggi chiunque può permettersi di conoscere la vita privata delle star dal momento che, sempre più spesso, sono loro in prima persona a raccontarsi attraverso la rete. Il divo d’oggi tende a non separare più la dimensione privata da quella professionale, avvicinandosi così all’uomo della strada, ma al contempo mostrando al mondo tutti i suoi difetti e le proprie fragilità.

Non a caso Allied è balzato agli onori della cronaca non tanto per il suo valore artistico, quanto piuttosto per essere il film che ha portato alla fine del matrimonio tra Brad Pitt e Angelina Jolie, dal momento che in molti avevano ipotizzato una love story (poi smentita) tra il divo americano e Marion Cotillard. Ispirandosi molto all’estetica di un film come Casablanca, Allied mette in mostra tutte le sue debolezze, soprattutto nella parte finale della storia. Pitt e Cotillard sono solo un pallido simulacro dell’indimenticabile coppia Bogart-Bergman e il film, nonostante una discreta messa in scena e un paio di sequenze degne di nota, non riesce mai a convincere fino in fondo. Invece di farli nascere come un tempo, i film d’oggi sembrano distruggere i divi contemporanei, trasformandoli in fragili esseri umani che, provando a dare forma ai sogni degli spettatori, finiscono sempre più spesso per perdersi e nascondersi nel buio della loro ombra artistica.

Alvise Wollner

[Immagine tratta da Google Immagini]

Sully: l’etica dell’eroismo secondo Clint Eastwood

<p>Tom Hanks in una scena del film</p>

Era il 15 gennaio del 2009 quando il volo 1549 della US Airways fu costretto a un ammaraggio d’emergenza nelle gelide acque del fiume Hudson, a New York. Grazie all’esperienza e all’incredibile sangue freddo del pilota ai comandi, 155 persone si salvarono e nessun passeggero restò ferito o perse la vita nell’incidente. Nelle settimane successive stampa e opinione pubblica etichettarono la vicenda come un vero e proprio “miracolo americano”. Una notizia ai confini della realtà destinata a trasformare un semplice uomo dedito al suo lavoro, in un vero e proprio eroe dei nostri tempi. Quell’uomo risponde al nome di  Chesley “Sully” Sullenberger.

A sei anni di distanza dall’accaduto, Clint Eastwood decide di tornare dietro la macchina da presa per raccontare sul grande schermo quest’incredibile storia, rinunciando alla pomposa retorica hollywoodiana e scegliendo una prospettiva che induce lo spettatore a compiere una serie di importanti riflessioni. Senza scadere mai nell’agiografia cinematografica, Eastwood si affida a un ottimo Tom Hanks per raccontare il lato oscuro dell’eroismo. Sully (qui il trailer del film) racconta la storia, a molti sconosciuta, che ebbe luogo nei giorni successivi al miracolo sull’Hudson, quando il capitano Sullenberger divenne protagonista di un’indagine che rischiò di distruggere per sempre la sua reputazione e la sua carriera nel mondo dell’aviazione. Il pilota veterano venne accusato di aver messo a repentaglio 155 vite umane, preferendo ammarare in mezzo al fiume piuttosto che fare ritorno all’aeroporto La Guardia di New York. Seguendo, alla lontana, le orme dello splendido Flight, diretto nel 2012 da Robert Zemeckis, Eastwood mette in scena i problemi che la popolarità può causare alla vita delle persone e condanna i meccanismi miopi di una burocrazia interessata sempre più al denaro che al lato umano dei cittadini. Sully sceglie di non spettacolarizzare la realtà, preferendo concentrarsi sul complicato ventaglio di emozioni provate dal suo protagonista. La sceneggiatura è solida e precisa, la regia di servizio non si perde in inutili virtuosismi e, oltre alla splendida interpretazione di Hanks (papabile candidato ai prossimi Oscar), anche il co-protagonista Aaron Eckhart non sfigura nei panni di valido comprimario. Presentato sabato 19 novembre, in anteprima italiana al Torino Film Festival, il film arriverà nelle nostre sale a partire dal 1 dicembre. Non sarà esteticamente perfetto, ma Sully è di sicuro un’opera che centra il suo intento: raccontare, nell’epoca della cultura digitale in cui onori e gloria durano a malapena il tempo di un click, come sia sempre più difficile riuscire a riconoscere e celebrare i veri eroi del nostro tempo, troppo spesso confusi o dimenticati in favore di vacue celebrità “USA e getta”.

Alvise Wollner