Intervista Ferruccio De Bortoli: preservare e accrescere il pensiero critico

<p>Roma 11/05/2010 Trasmissione Ballaro' in onda su Raitre nella foto Ferruccio De Bortoli</p>

Il giornalismo molto ha a che fare con la filosofia, sopratutto se pensiamo alla loro relazione con la verità: entrambi agiscono ricercando la verità dei fatti, comprendendo cause ed effetti, inquadrando lo stato delle cose nel flusso della storia e fornendo così all’uomo-lettore una chiave interpretativa e una prospettiva di senso sul mondo. Il filosofo e il giornalista hanno una grande responsabilità, quella di promuovere, preservare e partecipare allo sviluppo del pensiero critico, di fare in modo che il cittadino, accompagnato all’origine dal dubbio, maturi una capacità forte di pensare in profondità e ricercando il confronto e il dialogo. Così il cittadino-lettore, oggi più che mai nell’era degli users generated contents ha a sua volta un’importante responsabilità, quella di informarsi bene e non superficialmente, essendo egli stesso, attraverso i social network e il web, capace di influenzare e orientare la percezione dei fatti. 

Su queste questione abbiamo avuto il piacere di conversare con il prof. Ferruccio De Bortoli, giornalista professionista dal 1975; direttore del Corriere della Sera dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015, ha matura un’esperienza pluriennale come caporeadattore e come commentatore di economia e attualità politca. Ha anche diretto “Il Sole 24 Ore” ed è stato amministratore delegato di Rcs libri fino al 2005. Dal 2015 è presidente della casa editrice Longanesi e dell’associazione Vidas, collaborando tutt’ora come editorialista al Corriere della Sera e al Corriere del Ticino. Nel 2017 firma Poteri forti (o quasi), un libro in cui ricostruisce quarant’anni di storia del nostro paese e del giornalismo, fornendo un’inedita e preziosa testimonianza. Dal terrorismo alla crisi economica, dal declino dell’editoria fino alla comparsa di comunicatori improvvisati e agevolati dalle moderne tecnologie: De Bortoli a ricostruisce incontri e scontri, scambi di opinioni e fughe di notizie, sostenendo che oggi in Italia i poteri sono trasversali ma deboli e che una società evoluta non deve avere paura delle “verità scomode”. Un libro a metà tra il saggio e l’autobiografica, il cui filo rosso è una profonda dichiarazione d’amore per la propria professione di giornalista e per la passione che ha accompagnato e accompagna tutt’ora questo mestiere.

 

Lei è stato per diversi anni (dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015) direttore del Corriere della Sera nonché direttore del Sole 24 ore dal 2005 al 2009, per cui ci sembra una persona più che adeguata a cui porre questa domanda: quali sono gli elementi che contraddistinguono e identificano il buon giornalismo?

Gli elementi sono sempre gli stessi, cioè non cambiano con il mutare delle tecnologie. Un buon giornalismo è per sua natura scomodo, irriverente, imprevedibile, non controllabile. Ci sono due termini del giornalismo anglosassone che credo possano essere assolutamente applicati anche nell’era dei social network e delle comunicazioni digitali: accurancy e fairness, dunque correttezza, credibilità e responsabilità dell’usare la libertà di cui si dispone.

Se il buon giornalismo non è cambiato, sicuramente possiamo affermare che gli strumenti e gli atteggiamenti del giornalismo (senza accezioni) sono mutati, soprattutto nel suo rapporto con il web e con i social network. Quali sono i punti fondamentali su cui riflettere in proposito, sia dalla parte dei giornalisti che dei lettori?

Stiamo vivendo una fase di progressiva riflessione sul tema dell’accesso ai social network. Nessuno mette in dubbio la grande libertà di poter avere contatti e di poter assumere informazioni di vario tipo; stiamo passando diciamo il primo periodo di entusiasmo pioneristico e ci domandiamo se la grande massa (in termini di quantità) di informazioni che abbiamo a disposizione sia di per sé utile o al contrario non sia dispersiva e qualche volta ponga una serie di interrogativi su una censura più subdola, che è quella dell’abbondanza di cose irrilevanti che rendono di per sé l’informazione rilevante trascurata oppure non messa nella giusta attenzione e nella giusta prospettiva di spazio. Quindi ci stiamo ponendo in questa fase di progressiva maturazione della nostra capacità di usare i social network di fronte al tema: tutto quello che abbiamo è utile e necessario o dobbiamo metterci nella condizione di selezionare in maniera più rigorosa le informazioni che abbiamo? Il fatto di avere un sistema che è fornito dall’informazione professionale anche dalle tante testate storiche di poter selezionare gli avvenimenti e i fatti e le opinioni sulla base della loro importanza mette il cittadino navigatore nella condizione di difendersi e nella prospettiva di non diventare, cullandosi in questo mare di informazione disordinata, un naufrago o un suddito passivo.

In questo contesto mediatico appena descritto, soprattutto in riferimento a internet, non crede che ci sia il rischio di compromissione dell’eticità del giornalista che dovrebbe in qualche modo “difendere” o comunque tener sempre conto dei diritti all’informazione dei lettori?

Il web smaschera molto più facilmente i cattivi giornalisti e naturalmente pone il giornalista di qualità nella condizione di essere per prima cosa in possesso degli strumenti tecnologici dell’informazione digitali, in secondo luogo lo pone di fronte a nuovi compiti di correttezza e di affidabilità, lo toglie da un piedistallo che storicamente aveva, perché comunque nell’informazione digitale non c’è più una grande differenza tra chi fa e chi riceve l’informazione e lo mette di fronte a dei doveri morali di chiedere scusa e di non essere così presuntuoso da ritenere di possedere, magari in esclusiva, la verità.

Abbiamo parlato e in effetti parliamo molto spesso del dovere e della responsabilità dei giornalisti a fornire la verità e del loro dovere nel rispettare un’etica giornalistica forte; molto meno spesso parliamo invece dell’etica e delle responsabilità dei lettori, oggi messe a dura prova dai numerosi strumenti forniti dalle rete. A suo parere a quali responsabilità e dovere deve rispondere il lettore-cittadino?

I lettori nell’era degli users generated contents hanno una certa responsabilità, perché sono testimoni degli avvenimenti, partecipano sui social, commentano in diretta opinioni, interventi, fanno atti pubblici, quindi sono in grado di orientare la percezione degli avvenimenti perché comunque insomma interpretano il polso della gente, del popolo che sta attorno ad alcuni fatti  e che segue alcuni personaggi, però hanno anche la responsabilità di informarsi bene, cioè uno degli aspetti secondari degli effetti laterali dell’era del digitale nell’informazione è la comodità con la quale possiamo accedere ad ogni possibile fonte di informazione; questa comodità spesso di trasforma in passività e in accidia. Per informarsi bene bisogna fare comunque un po’ di fatica, non possiamo essere utenti passivi, dobbiamo sviluppare una capacità critica, una coltivazione del dubbio, in modo da poter confrontare in maniera corretta ciò che è rilevante da ciò che non lo è, e distinguere meglio ciò che è vero da ciò che è falso, ciò che è effimero da ciò che è sostanziale, ciò che è lecito da ciò che è illecito.

Tutto ciò riguarda qualsiasi tipo di giornalismo. Siamo in un’era nella quale non si può più ingannare il prossimo, si paga un prezzo elevato per la scarsa affidabilità, ma si è tenuti anche a riconoscere gli errori perché lavorando specialmente in un sistema che a volte privilegia la tempestività all’accuratezza si incorre ad una quantità di errori decisamente superiore rispetto a quelli che si potevano commettere in altre ere tecnologiche dove si poteva naturalmente decantare, aspettare, dove il tempo era più in possesso di chi faceva informazione. Adesso il tempo è in possesso dei lettori, il pendolo del potere si è spostato verso l’utenza rispetto a coloro che forniscono e fanno informazione, quindi questo è un elemento di cui vale la pena sottolinearne l’importanza, un tema di maggiore responsabilità di chi fa l’informazione e un controllo molto più stretto da parte degli utenti e del pubblico. La considerazione che comunque se si chiede scusa per gli errori commessi e la rete riconosce la buona fede, è comunque un tema di credibilità, di correttezza, di autenticità del proprio essere giornalista.

debortoli-poteri-fortiNel suo libro Poteri forti (o quasi) (La nave di Teseo, 2017) lei sostiene come i grandi paesi abbiano dei poteri forti, cioè dei poteri che sono però responsabili perché sono all’interno di un quadro di regole, rispettano l’ordinamento democratico. A differenza però di paesi come gli Stati Uniti, la Germania, la Francia i cui poteri non sfuggono alle regole democratiche ma fanno parte di una società che ha un senso di responsabilità nazionale condivisa, il dramma del nostro Paese è di non avere più poteri forti. Perché a suo parere l’Italia non è più in grado di avere poteri riconoscibili?

Nel libro cerco di sfatare un mito che è ricorrente tutte le volte che accade qualche fatto importante nel nostro Paese: si evocano secondo me a volte in maniera del tutto impropria i poteri forti del Paese che interverrebbero nel mutare il corso della democrazia o delle istituzioni privando quelle che sono le rappresentanze del popolo del loro potere e della loro capacità di agire. Io invece penso che se ci sono poteri forti che possono essere da un lato della politica (i partiti) e dall’altro dell’economia/finanza (grandi gruppi industriali o finanziari), se sono poteri forti con una storia, un’anima, un senso di responsabilità, una capacità di sentirsi responsabili per i destini del Paese come avviene diciamo nei Paesi  più evoluti che hanno una classe dirigente coesa, e comunque dei poteri  forti ma responsabili – beh, penso che questo non sia un guaio ma uno degli elementi costitutivi della grandezza identitaria di un Paese. Quando mancano questi poteri forti nella politica, nell’economia e nella finanza si lascia lo spazio ai rider, e i rider possono essere da Berlusconi a Grillo, nell’economia e nella finanza possono essere i furbetti del quartierino o gli speculatori stranieri o anche le grandi banche d’affari americane, cioè poteri assolutamente svincolati da un rapporto con il Paese e quindi privi di un controllo democratico. Penso che il problema vero sia questo: la mancanza di poteri forti naturalmente allinea e accresce poteri trasversali e occulti, deboli, cordate amicali che sono ancora per certi versi più pericolosi di poteri forti che noi identifichiamo. Nel nostro Paese abbiamo paura delle dimensioni, invece dovremmo coltivare un accrescere dimensionale delle imprese e ritornare a riscoprire secondo me l’importanza dei partiti senza i quali non c’è democrazia.

Entrando nello specifico all’interno dell’ambito giornalistico italiano, quali sono le influenze dei poteri “quasi” forti? Mi riferisco per esempio a grandi gruppi editoriali come per esempio Mondadori.

Nel libro spiego molto quali sono i rapporti tra azionisti e informazione; distinguo tra azionisti che hanno rispetto dell’autonomia, dell’indipendenza e del valore delle loro partecipazioni, nel senso che riconoscono e danno fiducia a redazioni o direzioni (poi gliela possono sempre togliere) ma naturalmente che si comportano con rispetto per quello che è il valore intrinseco dei giornali, e poi ci sono dei padroni, delle diverse tipologie di proprietari che magari usano il giornale come strumento di pressione o di potere per inseguire i propri interessi.

Noi de La Chiave di Sophia riteniamo che la filosofia sia la spinta, il motore di ogni nostra azione e quindi di ogni professione, essendo riflessione e ricerca di senso. Nel suo mestiere ritiene che la filosofia possa avere un ruolo importante? Che cos’è per lei Filosofia?

Io penso che sia importante, soprattutto nel dibattito riguardante i grandi maestri del passato e naturalmente guardando con grande attenzione allo sviluppo del pensiero contemporaneo, cioè viviamo una fase di grande tecnologia ma di scarso pensiero, esattamente l’opposto rispetto alla Grecia classica, che aveva molto pensiero e scarsa tecnologia. Noi abbiamo il compito di preservare e accrescere il pensiero critico, di fare in modo che il dubbio accompagni la vita dei cittadini responsabili, attenti e curiosi, e in questo la capacità di pensare in profondità, in larghezza e nella disponibilità a mettersi nella parte dell’altro – prendo molto Levinas da questo punto di vista cioè nel riconoscere nell’altro il prossimo – io penso che sia una delle chiavi di volta della vita contemporanea.

 

Elena Casagrande

Intervista rilasciata in occasione di Pordenonelegge 2017

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Call for Artists: realizza la Cover #4 della nostra rivista!

BANDO PROROGATO SINO AL 12 AGOSTO

La Chiave di Sophia sta cercando nuovi illustratori, fotografi e artisti per realizzare la COVER #4 del prossimo numero cartaceo della nostra rivista.
Inviaci una tua idea all’indirizzo info@lachiavedisophia.com, potresti essere selezionato come autore della quarta copertina della nostra rivista cartacea!

Chi siamo

La Chiave di Sophia è un progetto nato dall’esigenza di ridar luce alla Filosofia, materia molto spesso considerata astratta e poco pratica. Oggi La Chiave di Sophia è una rivista di Filosofia pratica registrata al Tribunale di Treviso. Una delle sfide che si propone è di tenere insieme la diversità, segno dell’autentica ricchezza del pensiero. Molteplici profili e discipline coinvolte nell’obiettivo di mostrare quanto sia permeabile lo spazio tra la filosofia e la quotidianità. È una rivista on-line ma anche cartacea (#1 clicca qui) oltre a porsi come organizzatore di eventi culturali.

Chi stiamo cercando

Cerchiamo artisti, illustratori, designer, fotografi che abbiano voglia di mettersi in gioco, illustrando la copertina del quarto numero della nostra rivista cartacea, dedicata al tema del cibo: cosa potranno dire le discipline filosofiche, di pensiero autonomo, riguardo a questo tema?

Come partecipare

Invia la tua candidatura e la tua proposta di cover all’indirizzo email info@lachiavedisophia.com, corredata da una descrizione che possa restituire – seppur in poche parole – l’idea che sta dietro all’illustrazione; ed un breve profilo biografico.

L’artista selezionato sarà retribuito per il lavoro svolto.

Bando 3 – 2017

Il progetto grafico dovrà interpretare il seguente tema:

Foodismo
Il cibo oltrepassa la questione fisiologica e si apre alla dimensione del senso: quali logiche interessano il mercato e la cultura del cibo lungo il sottile confine tra bisogni, scelte e tendenze?

Per il tema completo e per leggere l’abstract clicca qui

Formato e layout
Il formato della cover dovrà essere di 20×27 con abbondanza di 5mm e dovrà contenere lo spazio per alcuni degli elementi fissi: il marchio testata, numero, mese, anno, codici ISSN e codice e barre, titolo e sottotitolo e eventuali articoli in evidenza. A eccezione del marchio posto in alto, la disposizione degli altri elementi è a scelta dell’artista.Qualunque tecnica è ammessa purchè il lavoro poi venga consegnato in formato digitale (TIFF) con una risoluzione minima di 300dpi.

Per una continuità stilistica richiediamo la presenza di due fasce monocromatiche poste rispettivamente in alto e in basso, dunque l’illustrazione dovrà presentarci centralmente. Per vedere le due cover già realizzate clicca qui

Scadenze
5.08.2017 – Invio della candidatura e consegna delle proposte grafiche
10.08.2017 – Comunicazione progetto selezionato
26.08.2017 – Consegna delle grafiche definitive

BANDO PROROGATO SINO AL 12 AGOSTO

Per maggiori informazioni contattare l’indirizzo info@lachiavedisophia.com

Bando scaricabile: qui

Workshop: la ricerca in formato rivista

Al via al secondo workshop dedicato al mondo dell’editoria e della ricerca scientifica, artistica e culturale targato La Chiave di Sophia.

Il workshop si inserisce all’interno della Research Communication Week 2017 organizzata e promossa dall’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ca’ Foscari organizza un’intera settimana di incontri, training e approfondimenti rivolti principalmente a chi fa ricerca, per conoscere e sperimentare strumenti di comunicazione e public engagement.
Il focus di questa edizione riguarda la visibilità dei ricercatori sui media.

◤ L’editoria periodica per comunicare la tua ricerca ◢ WORKSHOP PROFESSIONALE

Il workshop si propone di inquadrare il settore dell’editoria periodica quale strumento per comunicare la ricerca scientifica o di genere, sia essa una tesi di laurea, di dottorato o un progetto di ricerca.
Il workshop è strutturato secondo un approccio fortemente laboratoriale, nel quale verrà richiesto ai partecipanti, divisi in piccoli gruppi, di ideare e realizzare un progetto editoriale capace di raccontare la propria ricerca in ambito scientifico, artistico o culturale.

Nella prima giornata saranno delineati gli elementi essenziali dell’editoria periodica, evidenziando le caratteristiche di una pubblicazione, le sue specificità e introducendo i partecipanti agli adempimenti richiesti dalla normativa vigente.

La seconda giornata sarà dedicata alle attività di laboratorio, intervallate da opportuni approfondimenti tematici su elementi specifici del progetto editoriale. Nello specifico, ai partecipanti verrà chiesto di ideare una proposta editoriale, sviluppando un timone, un menabò e una griglia grafica per strutturare la propria rivista.

La terza giornata prevede la presentazione dei progetti sviluppati dai partecipanti, seguita da un’analisi e un confronto critico sui temi affrontati nelle precedenti giornate.

Il workshop è rivolto a studenti, dottorandi e ricercatori e dà diritto al riconoscimento di CFU di tipo F.

Data la specificità del workshop risulta fondamentale la partecipazione a tutte e tre le giornate, è sconsigliata la partecipazione occasionale, al fine di lasciar posto a chi veramente interessato. Per prenotare un posto: qui

◤ Orari e Luogo◢
Aula 8 – Rio Novo – Dorsoduro 3861, Calle Larga Foscari, 30123 Venezia
9.30 – 13.00
Pausa pranzo
14.00 – 17.30

Il workshop è coordinato da Incipit Editore.

Per vedere tutti gli appuntamente della Research Communication Week 2017: qui

Intervista a Piero Dorfles: verso un’etica della consapevolezza dell’informazione

In un’epoca in cui l’informazione, il giornalismo e l’editoria stanno cambiando velocemente e radicalmente, è necessario prendere consapevolezza di tale cambiamento, che inevitalmente si sta ripercuotendo su tutti noi lettori. Siamo davvero sicuri di essere lettori consapevoli? Consapevoli di ciò che leggiamo, di ciò che ci viene fatto vedere alla televisione o sentire alla radio? Sappiamo davvero distinguere se il libro che abbiamo tra le mani è un prodotto di qualità oppure è frutto di un mercato monopolizzato dai grandi gruppi editoriali?

Per rispondere a queste domande, abbiamo voluto riflettere sullo stato attuale del giornalismo, dell’editoria e dell’informazione con Piero Dorfles, giornalista e critico letterario tra i più affermati in Italia, responsabile dei serivzi culturali del Giornale Radio Rai e conduttore del programma televisivo Per un Pungo di libri di Rai3. Autore di diversi libri, tra i quali: Atlante della radio e della televisione (Nuova ERI 1988), Carosello (Il Mulino 1998) e Il ritorno del dinosauro, una difesa della cultura (Garzanti libri 2010). 

Attraverso  I cento libri che rendono più ricca la nostra vita, (Garzanti Libri, 2014), Piero Dorfles è convinto che i grandi classici possano dirci e insegnarci molto sul mondo contemporaneo, dimostrandoci come la letteratura spesso anticipa il tempo. Ma il grande classico non è un libro per ‘intrattenersi’, è un libro che bisogna imparare a lettere, con esercizio e con lo spirito di chi vuole andare avanti e indietro nel tempo. Così se, l’impiegato Gregor Samsa ne La metamoforsi di Kafka, trasformato in un insetto mostruoso e rifiutato dalla sua stessa famiglia, rispeccha la condanna di tutte quelle persone che non riescono a sintonizzarsi con i comportamenti dettati e codificati dal mondo, Capitano Nemo in Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne è simbolo di coloro che sono sempre alla ricerca di una rivincita sul mondo, e ancora, se nelle pagine del Ritratto di Dorian Grey di oscar Wilde ritroviamo quella paura di invecchiare così presente nel nostro tempo, in Giovanni Drogo nel Deserto dei Tartari di Dino Buzzati ritroviamo l’uomo che, intrappolato nel rispetto e obbiedenza delle regole imposte dalle istituzioni, si brucia gli anni migliori della vita.

Come diventare dunque, lettori coscienti e lettori del mondo? Lo capiamo dalla parole di Piero Dorfles.

Sulla base della sua esperienza di giornalista, a suo avviso, quali sono i principali punti di debolezza del giornalismo italiano oggi, non solo da un punto di vista editoriale, ma anche del trattamento delle notizie da parte dei giornalisti?

Dire qual è il problema tecnico secondo me è secondario, perché in realtà in Italia abbiamo anche ottimi giornalisti che sanno fare benissimo il loro mestiere; il problema secondo me non è dei giornalisti ma della politica editoriale dei mezzi di comunicazione, siano essi radiofonici, televisivi o a stampa. Noi viviamo un periodo in cui la confusione prodotta dall’estensione dei grandi partiti di massa ha prodotto un atteggiamento molto distaccato della gente e delle comunicazioni di massa nei confronti dei grandi problemi che stiamo vivendo, e dall’altra parte la preminenza di una visione commerciale (sia per quanto riguarda la produzione culturale che per quanto riguarda la produzione di massa) tende a dominare come principio informatore tutto quello che noi facciamo. Ecco perché io credo che il problema non sia tanto di valutare se per esempio i giornalisti siano capaci di fare quello che una volta era la grande inchiesta e di “consumarsi le scarpe”, quanto piuttosto che cosa gli chiedono in redazione: se l’editore chiede al direttore copie, e se il direttore capisce che per vendere bisogna andare incontro agli istinti più bassi del pubblico, considerando che questo comporta non l’approfondimento ma la superficialità, noi di conseguenza avremo giornali, televisioni e radio superficiali; che dentro i giornali ci siano persone di grande qualità purtroppo vale poco.

A proposito di tecnologie e social media: il web e i social network hanno rivoluzionato il modo di fare giornalismo ma anche il modo di fruire l’informazione. Anche l’informazione deve spesso sottostare alle rigide dinamiche e regole del web e molto spesso le notizie arrivano prima nei canali social che non alla televisione o sui giornali. Com’è cambiato il giornalismo nel suo rapporto con il web e con i social network?

È cambiato sicuramente in modo radicale, ma non solo perché ci sono i social network: il meccanismo di comunicazione in rete ha prodotto da un lato una accelerazione della comunicazione e dall’altro una forte semplificazione dei rapporti tra fruitori e produttori dell’informazione, i cosiddetti prosumers o prousers, così definiti da degli scienziati americani. Essi sono i veri informatori di oggi: qualsiasi cosa succeda per la strada dopo pochi minuti in una redazione arriva l’sms o l’mms con le immagini o addirittura il filmato di quello che è accaduto, prima che qualunque troupe si possa spostare o un giornalista esca di casa. Questo naturalmente cambia sostanzialmente la velocità dei rapporti con le cose.

L’informazione però non è fatta solo di nudi facti ma è fatta anche delle informazioni necessarie ad inquadrarli, a capirli e a spiegarli; se c’è qualcosa che la rete purtroppo sta facendo è di erodere questa seconda parte del prodotto informativo e che è fondamentale per capire cosa abbiamo intorno a noi nel mondo. Sostanzialmente noi viviamo in un momento in cui il flusso d’informazioni è frenetico, ma la capacità di spiegarle, interpretarle ed inquadrarle sistematicamente diventa ogni giorno più modesta; questo cambiamento che ipoteticamente poteva essere un formidabile strumento di democratizzazione della conoscenza e dell’informazione rischia invece di essere qualcosa che toglie alla grande maggioranza della gente che non legge i giornali e le riviste le informazioni necessarie a inquadrare il mondo in cui viviamo con sufficiente lucidità.

L’editoria è in continua evoluzione e con essa anche i generi letterari. A suo parere il web e il digitale hanno in qualche modo “obbligato” gli scrittori e autori a nuovi parametri e stili di scrittura? Un contenuto perché sia leggibile e visualizzabile sembra dover avere per forza determinate caratteristiche e seguire determinate regole del web. Cosa pensa a proposito?

La mia risposta sarebbe “no”, e potrei anche fermarmi qui. Però vorrei aggiungere che in realtà se c’è una cosa che non ha funzionato è il concetto di lettura elettronica, perché il vero lettore tutto sommato non vuole soltanto avere l’intrattenimento che un libro ha nei tempi più veloce possibili, vuole anche avere il libro, in quanto non cosa fisica ma strumento materiale sul quale ritrovare emozioni, storie, scrittura, che rimane lì, per tutta la vita, non sparisce dopo che uno l’ha letto. Allora il lettore molto superficiale che legge un giallo per intrattenersi, tutto sommato forse segue una logica che nel tempo si è adeguata a modelli comunicativi molto stringenti, che poi sono quelli della narrazione televisiva; ma un lettore un po’ più attento – e i forti lettori lo sono – non ha bisogno di questo, ha bisogno di qualcosa che comunichi appunto più in profondità, e quindi dia non soltanto l’emozione di un racconto stringente, ma anche personaggi consistenti, una narrazione che inquadri bene l’argomento, che racconti la psicologia dei personaggi in profondità, che per esempio sia in grado di distinguere qual è il paesaggio anche umano e storico del racconto che ha messo in campo.

Io non ho la sensazione che in questo momento tutto ciò stia cambiando, ecco perché dico di no; naturalmente qualcosa succede sempre quando c’è un nuovo mezzo di comunicazione, perché questo produce anche una sensibilità e una cultura diversa. Piano piano noi ci siamo adeguati a modelli comunicativi diversi, il romanzo ottocentesco è bellissimo ma nessuno scriverebbe più come Balzac o Flaubert ma questo non toglie che questi continuino ad essere autori di grandissima profondità, ed è il genio di quegli uomini, la loro capacità di raccontare il mondo, che ancora oggi li rende immortali; quando un libro non ha alle spalle questi strumenti, attingere all’immortalità è molto difficile.

Per un pugno di libri, trasmissione televisiva alla quale da anni Lei collabora nel ruolo di critico letterario, è una delle poche nel panorama televisivo contemporaneo dedicate alla promozione della lettura e dei libri. A suo parere perché un programma televisivo può risultare più efficace rispetto ad altri canali, in particolare se consideriamo la presenza massiva di blog letterari che recensiscono libri?

Credo che la differenza principale sia che i blog letterari parlano quasi esclusivamente a chi è già un lettore, e anche un lettore appassionato,  perché altrimenti  non si metterebbe a frugare tra i blog; mentre un programma tv parla a tutti, lettori e – soprattutto – non lettori. Ha quindi la possibilità di sollecitare curiosità per la lettura in chi non ha mai preso un libro in mano. Nel caso del Pugno, poi, c’è la sfida tra due classi di ragazzi che si devono preparare su un romanzo per poter concorrere. Qualcosa che, soprattutto se fatto in forma collettiva, con la speranza di fare bella figura e magari di arrivare in finale raddoppiando il viaggio per gli studi televisivi, può portare ad apprezzare letture che altrimenti rischiano di risultare noiose.

In definitiva, mi pare che in rete ognuno cerchi ciò che già ama; e i lettori ci si ritrovino tra loro, senza però aprire nuove possibilità di sviluppo della passione per la lettura. Credo invece che la tv abbia ancora la possibilità di svolgere un ruolo pedagogico, o quantomeno di pubblicizzazione di qualcosa che nessuno considera più un comportamento socialmente rispettabile: la lettura. E questo, se non lo fa il servizio pubblico radiotelevisivo, chi lo può fare?

Si può dire che da ogni romanzo il lettore può trarre un insegnamento, nuove visioni e spunti di riflessione. Tra questi cento classici che ha selezionato, ce n’è uno al quale si sente più legato?

No. Ognuno ha avuto un significato diverso, in tempi diversi, e a seconda del numero di letture che ne ho avuto. Aggiungo che tra i Cento libri ci sono libri che non ho amato per nulla e altri, per me fondamentali, che non ho inserito perché non rispondevano al criterio che ho usato, quello dei classici più popolari. Leggere Salgari a otto anni è importante per sollecitare la fantasia, far correre gli occhi di un bambino per il mar della Cina; pur avendo amato Sandokan, però, non sono diventato un pirata. Ma a cinquant’anni può essere un esercizio improbo. A quindici anni si può amare Kafka e non capirlo, ma ogni volta che lo si rileggerà ci si troverà dentro qualcosa che prima non si era colto. Ciò detto, spesso, la mattina, ho la sensazione di essere diventato uno scarafaggio.

Considerando invece la continua offerta di nuovi libri, qual è la sua opinione sulla produzione letteraria contemporanea? Se dovesse realizzare un’antologia di romanzi degli ultimi decenni quali sentirebbe di non poter mai escludere?

Da me, non avrete un solo nome, nemmeno sotto tortura. L’immensa mole di libri pubblicati negli ultimi anni nasconde certo qualche perla, ma non mi sentirei di metterla in un’antologia. Le antologie dovrebbero essere fatte solo con i classici. Se qualche scrittore contemporaneo lo diventerà, vorrà dire che se lo sarà meritato. O che ce lo saremo meritato noi, come diceva Nanni Moretti di Alberto Sordi.

Ne I cento libri che rendono più ricca la nostra vita (2014) lei afferma che i classici costituiscono una grandissima fonte di ricchezza, non solo intellettuale, ma in quanto strumenti in grado di orientarci tra le grandi contraddizioni e complessità della società contemporanea. Con quale approccio, secondo lei, può rapportarsi un lettore ad un classico? Come renderlo attuale?

Quello che ho detto precedentemente a proposito di Dostoevskij credo sia lo strumento con cui avvicinarsi ai classici. Ciò che secondo me è importante è che uno non deve avvicinare un classico dicendo “Adesso mi intrattengo un po’”: deve piuttosto immaginare che si tratti di una lettura che gli darà qualcosa solo se lui l’affronta con un minimo di disponibilità, che vuol dire entrare in un mondo diverso dal nostro, andare avanti e indietro nel tempo, cercare di trovare il senso di cose profonde. Se c’è una cosa particolarmente interessante che ha detto oggi Noteboom1 è che per leggere la poesia bisogna imparare a leggere la poesia: anche per leggere un romanzo bisogna imparare a leggere romanzi, è una competenza che si deve acquistare: pensare che solo perché uno ha letto un libro contemporaneo poi può leggere subito Dostoevskij sarebbe sbagliato, c’è qualcosa di un po’ più profondo, di più analitico e di più complesso. Dostoevskij inoltre ci riporta indietro di centocinquant’anni, però dentro i suoi romanzi ci sono gli stessi comportamenti umani che noi conosciamo oggi, lo stesso tipo di tratti psicologici e sociali. Per cui anche se uno fa un po’ fatica a leggere Delitto e castigo, Raskol’nikov c’è ancora, è tra noi, ed è importante saperlo riconoscere.

La nostra rivista intende riportare alla luce il valore della filosofia come disciplina in grado di parlarci di noi e del mondo odierno: il nostro obiettivo ci pare dunque molto vicino al suo. Lei che cosa pensa della filosofia?

La filosofia non serve a niente. Per questo è utilissima. Sappiamo a cosa servono gli idraulici, gli ingegneri nucleari, gli strateghi e i chimici; questi mestieri servizievoli, basati sulla specializzazione, ci sono indispensabili, ma non servono né a capire in che mondo viviamo, né a darci conto della complessità del problema del senso ultimo della vita. La filosofia non risolve nessun problema, non aggiusta i tubi e non produce energia, ma nemmeno guerre né armi letali. Produce dubbi, smussa le certezze, obbliga a fare i conti con le contraddizioni di cui è intessuta l’esperienza dell’uomo.

Senza filosofia si può vivere benissimo. E non porsi problemi. Ma chi non si pone problemi non è un uomo consapevole di sé. E chi non è consapevole di sé spesso cede a forme di irrazionalità collettiva che possono produrre le peggiori tragedie. Meglio avere meno specializzazioni e più consapevolezze, se si vuol vivere tranquilli. Magari con tanti rovelli, ma almeno senza la sensazione di aver lasciato ad altri il compito di pensare.

 

Impariamo a scegliere ciò che leggiamo, cosa guardiamo e cosa sentiamo, nei libri, alla televisione, alla radio e nel web, non in virtù delle logiche di mercato o da ciò che il mercato editoriale e informativo impone. Impariamo a scegliere un libro, un’edizione del libro, un sito di informazione o un programma per la qualità e non per la facilità.

Esiste un plurarismo informativo e editoriale di qualità che molto spesso, a causa del monopolio di grandi società, non riesce ad emergere. Se tutti noi lettori e ascoltatori imparassimo che, per fruire di certe informazioni e contenuti, è necessario prendersi del tempo, ricercare e documentarsi, saremmo i primi sostenitori della qualità dell’informazione e dell’editoria di qualità.

Elena Casagrande

Intervista rilasciataci da Piero Dorfles in occasione del Festivaletteratura di Mantova nel settembre 2016.

Bologna Children’s Book Fair: una lente per le immagini dell’infanzia

Anche quest’anno Bologna è stata la protagonista della Bologna Children’s Book Fair, fiera del libro per ragazzi nata negli anni Sessanta con lo scopo di creare un luogo di incontro, dialogo e scambio non solo per gli editori, ma per tutti coloro che sono interessati al settore della lettura e che vedono nell’infanzia un momento importante per la crescita e lo sviluppo dei lettori di domani.

Oltre 20 mila metri quadrati e 1300 espositori provenienti da oltre 75 Paesi del mondo per condividere e riflettere sulle ultime tendenze editoriali e partecipare alle conferenze e ai workshop proposti dalla manifestazione.

Un’edizione che ha visto la partecipazione di nuovi paesi come Albania, Andorra, Ecuador, Islanda, Costa d’Avorio, Myanmar, Nepal, Pakistan e Perù.

Le diverse declinazioni e sfumature di questa 54esima edizione sono state raccontate da un’immagine: la chimera, creata da Daniele Catellano, illustratore emergente, e dallo studio di design Chialab. Artista selezionato per la mostra Illustratori 2016, Castellano ha dato vita a “The natural habitat for children’s content”, un racconto che descrive i luoghi protagonisti della manifestazione bolognese nella loro multiformità. Un animale che nasce dall’immaginazione e che abita un mondo fantastico, fatto di storie e racconti che tra i padiglioni della Bologna Children’s Book Fair prendono vita, una guida simbolica che ha permesso al visitatore di destreggiarsi attraverso la ricchezza delle narrazioni e dei paesaggi immaginari.

Una manifestazione che ha evidenziato ancora una volta l’importanza dell’editoria per l’infanzia, dal momento che mai come oggi si sente la necessità di sottolineare come al centro della crescita del bambino non ci siano solo universi di parole, ma soprattutto quelle immagini che, lontano da stereotipi, riescano a riprodurre in modi sempre nuovi un infinito di significati ed emozioni. Secondo i dati dell’Associazione Italiana Editori, nel 2016 il 63,3% dei bambini dai 2 ai 5 anni ha letto, colorato o sfogliato almeno un libro non scolastico, ma la percentulale scende al 44,2% nella fascia 6-10 e a 51,1% in quella 11-14.

Gli ospiti d’onore di questa edizione sono stati La Catalogna e le Baleari, Paesi che vantano una lunga storia nel settore della letteratura per bambini e ragazzi che risale al Quattrocento con le Publicaciones de l’Abadia de Montserrat, la casa editrice più antica d’Europa. Un programma di attività e di esposizioni che ha posto l’accento innanzitutto sul futuro. Come ha sottolineato Manuel Forcano, direttore dell’Instut ramon Llull: «La letteratura per ragazzi è il futuro della letteratura: senza nuovi lettori, la letteratura non ha futuro». Un futuro che necessita di condivisione, ecco perché la Bologna Children’s Book Fair anche quest’anno ha puntato all’internazionalità, coinvolgendo una moltitudine di realtà geograficamente lontane. Molti gli ospiti nazionali e internazionali che hanno animato questa edizione della Fiera del libro, da Rutraut Susanne Berner, illustratrice tedesca vincitrice dell’H.C. Andersen Award 2016, ad Ana Garralón, docente di letteratura per l’infanzia, critica e blogger spagnola.

Punta di diamante della Fiera è stata la Mostra degli Illustratori, nata nel 1967 e che nel 2016 ha compiuto 50 anni. Molti i talenti che, provenienti da 26 diversi Paesi, sono riusciti a rappresentare attraverso tratti e colori, le culture, gli stili e le sensibilità che contraddistinguono l’umanità nella sua diversità.

L’editoria per l’infanzia rappresenta oggi una delle possibilità che l’uomo ha per incrementare la curiosità del bambino, la voglia di fare esperienze e la necessità di creare nuove realtà e possibilità a partire dall’immaginazione. Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro a tal proposito, ma una cosa è chiara: é necessario andare oltre gli stereotipi e per farlo le parole forse non bastano più. Solo attraverso le immagini e sempre più attraverso l’uso di tutti i cinque sensi si può far breccia sul bambino. Non limitiamoci allora a leggere storie, ma creiamole insieme a loro attraverso la scoperta, accompagnandoli verso una realtà che può e deve essere migliore perché come diceva Bruno Munari «un bambino creativo è un bambino felice».

Greta Esposito

[Immagine tratta da Google Immagini]

Marzo in cultura! Un mese di filosofia, arte e letteratura

Mentre la stagione delle gelate scivola via, anche le attività culturali cominciano a risvegliarsi dal torpore invernale, aprendo la strada ad un nuovo periodo denso di eventi da inseguire e di cui godere.

Ecco allora la nostra selezione di eventi e mostre d’arte per un nuovo mese ricco di stimoli e di cultura.

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VENETO | Pensare il presente festival | dal 7 al 30 marzo 2017 | TREVISO

Dopo il grande successo delle scorse edizioni, ritorna nel mese di marzo a Treviso l’appuntamento con il Festival filosofico «Pensare il presente», con il quale quest’anno collaboreremo attivamente.

La rassegna – organizzata dall’Associazione Pensare il presente e dalla Società Filosofica Trevigiana con il patrocinio del Comune di Treviso e l’Università Ca’ Foscari di Venezia – è in programma dal 7 al 30 marzo e si articolerà in una serie di conferenze e di “serate a più voci”, con la partecipazione di importanti esponenti del panorama filosofico contemporaneo e non solo.

Tra gli ospiti internazionali, spiccano i nomi di Peter Singer, il maggiore teorico dei diritti animali, e Serge Latouche, fondatore della decrescita; mentre tra i relatori italiani si segnala quest’anno la presenza dell’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che affronterà il delicato problema del rapporto tra finanza internazionale e sovranità, accanto ai contributi più strettamente filosofici, psicologici e sociologici che saranno offerti da Umberto Curi, Umberto Galimberti, Iside Gjergji e molti altri ospiti.

«Anche in questa nuova edizione» – spiega il Prof. Damiano Cavallin, Direttore del Festival – «intendiamo affrontare, con il contributo di figure importanti, temi di estrema attualità: dagli equilibri ambientali alla proposta della decrescita, dalla questione dell’informazione e della sua manipolazione ai diritti degli animali, dal disagio interiore al conflitto tra Stati e finanza internazionale, dagli stranieri che giungono in Italia all’emigrazione dei giovani che lasciano il nostro paese. Abbiamo scelto di dare voce, poi, ad opinioni divergenti, da Latouche a Tremonti, da Galimberti a Curi, da Singer ad Iside Gjergji e molti altri, arricchendo il Festival con tanti appuntamenti in cui la filosofia si intreccia con l’economia, il diritto, il marketing, la psicologia, la storia, la sociologia e l’arte».

Oltre alle conferenze, sono previste numerose serate a più voci, per affrontare a partire da prospettive diverse i nodi chiave del presente.

La Conferenza di apertura è fissata per martedì 7 marzo alle ore 20.30, presso l’Istituto Fermi di Treviso, con una relazione di Serge Latouche (Professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi) sul tema “Decrescita e futuro”.

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L’evento sarà presentato anche come anteprima della Fiera 4 passi. Già a partire da questo primo incontro, il pubblico avrà un’occasione speciale per essere protagonista ed intervenire direttamente nel dibattito: è possibile infatti chiedere di salire sul palco e dialogare con i relatori, compilando l’apposito form alla pagina: www.pensareilpresente.it.

Sito Web: qui
Facebook: qui
Email: info@pensareilpresente.it

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VENETO | Intenzionalità e mercato | sabato 11 marzo 2017 | Auditorium Stefanini, TREVISO

In occasione del Festival Pensare il Presente, organizzato dalla SFI trevigiana, sabato 11 marzo 2017 a Treviso presso l’Auditorium Stefanini, dalle 17:30 alle 19:30 si terrà una conferenza che vedrà come ospite di spicco Sebastiano Zanolli, manager e consulente di Direzione del Gruppo OTB per le strategie di Employer Branding. OTB è il gruppo a cui fanno capo marchi di moda come Diesel, Maison Margiela, Marni, Viktor&Rolf, e aziende come Staff International e brave Kid; ha ricoperto il ruolo di direttore marketing Adidas in Germania, ed è stato General Manager per la filiale italiana Diesel.

In dialogo con Giacomo Dall’Ava, formatore aziendale e personale e redattore La Chiave di Sophia.

Quando possiamo dire che un’azione è intenzionale? Per sviscerare il tema del libero arbitrio e per affrontarlo da un punto di vista più specifico, possiamo addentrarci nel mondo delle azioni intenzionali. Quali sono le condizioni per cui un’azione è stata compiuta con la piena intenzione del soggetto? La filosofia e le neuroscienze collaborano per dare risposta a questo dubbio.
L’intenzionalità fa da garante per le nostre azioni e per le nostre scelte.
Le neuroscienze sostengono le riflessioni filosofiche anche per quanto riguarda gli studi di neuromarketing, che cercano di dare una spiegazione alle nostre scelte in ambito commerciale. Ma se la nostra intenzionalità viene veicolata o influenzata dagli altri, ancor prima che venga prodotta da noi, è ancora effettivamente intenzionale?

Evento completo: qui

Per maggiori informazioni: info@lachiavedisophia.com

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VENETO | Zona Franca | MOTTA DI LIVENZA

// TRA REALTA’ E ILLUSIONE – 5 INCONTRI //

 Con Marzo ripartono le attività dell’Associazione Zona Franca di Motta di Livenza, che per quest’anno ha pensato una rassegna densa di significato e di Filosofia. 

Punto di forza è il ciclo di cinque  laboratori artistico-creativi di apprendimento esperienziale per la promozione della comunicazione attiva, dedicato a giovani e adulti, da cui l’attività dell’associazione ha preso a funzionare. Un percorso affascinante segnato da parole. Parole normali viste da angolazioni speciali e parole speciali trattate come tali. Da un progetto dedicato alle parole, al loro significato, uso e alla loro forza creativa ed evocativa. L’unione di creatività, fantasia e voglia di mettersi in gioco faranno da ponte tra l’ascolto di sé e il dialogo con gli altri. L’insieme di emozioni, riflessioni e risorse potrà dare impulso a rinnovate prospettive personali e sociali. Un progetto a cura del “Comitato creativo Zona Franca”, con il contributo dello psicologo Franco Tramarin e dell’artista Lavinia Longhetto. Facilitazione del gruppo a cura di Barbara Turcolin.

I temi interessati sono molteplici e ricchi di moltissimi spunti di riflessione:

07.03.2017: CASO // MERITO

Scintille in fusione tra loro. Occasioni per dare voce alla propria bellezza creativa (colori a tempera)

14.03.2017: CONFUSIONE // ANARCHIA (lavoro di gruppo)

SINTESI: Macchie a dar forma al nuovo. Dal caos alla libertà di essere il cambiamento (lavoro di gruppo // colori a tempera)

21.03.2017: PRESENZA // ASSENZA

Taglia e incolla di realtà in divenire. Forme nuove e capienze libere vanno in scena (collage)

28.03.2017: LUCE // ABISSO

Cromie accese e toni cupi per illuminare emozioni e strategie di vita quotidiana. (colori acrilici)

04.04.2017: SIMILE // OPPOSTO (lavoro di gruppo)

Ognuno come qualcuno, uguale a nessuno. Tracce di dialogo fra persone uniche. (lavoro di gruppo // colori a tempera)

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// CONCORSO ARTISTICO ‘RIDERE SUL SERIO’ //

Fino al 30 giugno 2017 sono aperte le iscrizioni online al concorso artistico “RIDERE SUL SERIO Di.segno In.forma – 2^ ed.”, a cura di Associazione Zona Franca. L’iniziativa a premi è rivolta a bambini e ragazzi 5-17 anni (dal 18° anno c’è la categoria “fuori concorso” con segnalazioni per merito).

É un’esperienza di comunicazione grafico-artistica, il cui obiettivo principale è far ridere veramente, a promozione degli aspetti positivi del ridere e per la comprensione del linguaggio dei giovani.

La partecipazione è gratuita e aperta a tutti: es. studenti, genitori, educatori, ricercatori, istituzioni ed enti pubblici e privati, associazioni, imprenditori ecc..

Sito web: qui
Per maggior info: qui
Locandina evento: qui
Pagina FB: qui

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LOMBARDIA | Bookpride. Fiera nazionale dell’editoria indipendente | dal 24 al 26 marzo 2017 | MILANO

La fiera dell’editoria promossa dall’ODEI (Osservatorio Degli Editori Indipendenti) arriva alla sua terza edizione e questa volta intende indagare il tema dello straniero, quell’étranger di Albert Camus che osserva il mondo di oggi con meraviglia ma anche inquietudine dal proprio isolamento.
Suddivisa in macro aree tematiche (letteratura, attualità, idee) che convocano grandi personalità e protagonisti emergenti, questa edizione prevede confronti, dibattiti ed incontri a due, perché la diversità si faccia dialettica e il breve tratto di un palco sia già di per sé segno di coesistenza e pluralismo.

Maggiori informazioni qui

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VENETO | TRA – Treviso Ricerca Arte | Ca’ dei Ricchi, TREVISO

Anche per questo mese da TRA gli amanti e i curiosi dell’arte contemporanea possono trovare pane per i propri denti. Il calendario di eventi è infatti ricco come sempre, a partire dalla mostra From Object To Exposure, che rimarrà aperta fino al 2 aprile; si tratta di una mostra collettiva che vuole indagare l’immagine contemporanea nella sua complessità, giocando anche sull’ambiguità degli oggetti tra realtà e rappresentazione.

Il curatore della mostra, Carlo Sala, continua anche i suoi incontri sull’arte contemporanea: IncontrART vi aspetta mercoledì 8 con Francis Bacon e mercoledì 22 con Andy Warhol, entrambi alle 20.45.

Con il medesimo orario, mercoledì 15 e giovedì 30 Giovanni Carli, ricercatore dello IUAV, presenta invece una nuova rassegna, Contemporaneamente – Lost in Architecture, che vuole raccontare l’architettura ed il design del Novecento a partire dalla vivacità creativa del Bauhaus.

Anche gli affamati di cinema e di musica saranno soddisfatti: continuano la proiezione di documentari in collaborazione con il Sole Luna Festival e gli appuntamenti con la musica di TRAcce di jazz.

Per tutte le informazioni ed il calendario completo degli eventi, vi invitiamo a fare un salto sul sito di TRA.

 

EMILIA ROMAGNA | Liberty in Italia | 5 novembre 2016 – 2 aprile 2017 | Palazzo Magnani, REGGIO EMILIA

C’è ancora tempo per visitare la mostra Liberty in Italia di Palazzo Magnani a Reggio Emilia, prorogata fino al 2 aprile. Un’indagine sulle due anime del liberty italiano: quella più decorativa e floreale e quella modernista, più inquieta. Interessante il confronto che mette in luce anche il lato più secessionista e d’avanguardia di una corrente artistica spesso apprezzata quasi esclusivamente per il suo decorativismo, risaltandone il valore di ricerca verso un linguaggio essenziale e stilizzato.

Maggior informazioni qui

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LOMBARDIA | Kandinskij, il cavaliere errante. In viaggio verso l’astrazione | 15 marzo – 9 luglio 2017 | MUDEC, MILANO

Dal 15 marzo il MUDEC di Milano rende omaggio a Vasilj Kandinskij. Interessante il punto di vista dell’esposizione, che si concentra sul metodo quasi scientifico dell’artista nell’elaborare il suo codice simbolico di lettura del reale. In particolare emerge il tema del viaggio come metafora di avventura cognitiva e di esplorazione della realtà, che diventa la cifra riassuntiva della sua stessa esistenza.

Maggiori informazioni qui

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LIGURIA | Modigliani | 16 marzo – 16 luglio 2017 | Palazzo Ducale, GENOVA

Dal 16 marzo al 16 luglio il Palazzo Ducale di Genova ospita la mostra monografica di Amedeo Modigliani, protagonista del fermento culturale della Parigi del primo Novecento e attento osservatore dei caratteri umani, che emergono nei suoi ritratti, introspettivi e sensuali. Il suo studio sulla figura tende all’essenzialità della forma, all’eleganza della stilizzazione e nasce dal profondo interesse dell’artista verso l’arte primitiva, etrusca e greca.

Maggiori informazioni qui

Elena Casagrande & Claudia Carbonari

[Immagini tratte da Google Immagini]