Selezionati per voi: marzo 2017!

Marzo, note floreali che inaspettate si fanno spazio in una giornata di pioggia, cieli azzurri che invitano a fermarsi, a sollevare gli occhi, a scuotersi dal torpore invernale, la luce che in un mattino qualunque ci sorprende più limpida e pulita. Aria che profuma di nuovo, di occasioni ancora in boccio, di quella meravigliosa ostinazione alla vita chiamata primavera.

La selezione di libri di questo mese porta con sé una ventata di rinascita. Il libro Junior è all’insegna del divertimento, vero motore di queste prime giornate soleggiate, durante le quali i nostri bambini riscoprono il piacere di trascorrere dei momenti in compagnia all’aria aperta. I film, invece, ci aiutano ad aprire gli occhi sul mondo che ci circonda, aiutandoci a riflettere sulla dimensione dei rapporti interpersonali e sulla percezione dell’Altro.

 

LIBRI

chiave-di-sophia-isola_di_aliceL’isola di Alice – Daniel Sanchez Arevalo

Alice ha poco più di trent’anni, una bimba di sei anni ed un’altra in arrivo, quando riceve una telefonata nel cuore della notte: Chris, suo marito, ha avuto un brutto incidente e morirà poco dopo in ospedale. Ma questo non è tutto, il luogo in cui Chris si trovava non era quello in cui sarebbe dovuto essere. Il tarlo del dubbio si insinuerà nella mente di Alice, che si aggrapperà morbosamente alla ricerca della verità, percorrendo il suo personale sentiero verso il superamento del dolore. Un romanzo psicologico carico di fascino, in cui l’accettazione del dolore passa attraverso un sentiero dissestato fatto di segreti e bugie. Un finale assolutamente inedito, che sa stupire  ed emozionare.

 

chiave-di-sophia-magari-domani-restoMagari domani resto – Lorenzo Marone

Luce ha trent’anni e vive a Napoli, in un monolocale umido nei Quartieri Spagnoli. Ha un lavoro come avvocato che non la soddisfa pienamente e un carattere duro, caustico, forgiato dall’assenza di un padre andato via troppo presto. Una causa d’affido farà in modo che la sua strada incroci quella di Kevin, un bambino saggio con un padre camorrista. Andare o restare? Questo l’interrogativo che percorre pagine intrise di sentimento, umanità, ironia, sullo sfondo di una Napoli che ci sorprende con il suo volto migliore. 

 

casa-di-tutte-le-guerre-la-chiave-di-sophiaLa casa di tutte le guerre – Simonetta Tassinari

Siamo nel 1967. Silvia ha dieci anni e mezzo, vive a Bologna e, come ogni estate, si appresta a trascorrere i mesi di vacanza a Rocca, a casa dell’adorata nonna Mary Frances. Quei mesi per Silvia significano tante cose: chiacchierate in giardino con la nonna, manicaretti preparati dalla Bea, recite in parrocchia, pomeriggi al parco a pattinare con gli amici del paese, ore trascorse a fantasticare in una soffitta ingombra di ricordi. Proprio in quella soffitta, Silvia scoprirà qualcosa che smuoverà l’aria ferma e stantia che aleggia sulla casa dei nonni. Una storia che si dipana sullo sfondo degli anni settanta, con sentimenti teneri, sofferenze nascoste, amori familiari, vecchi strappi che non è possibile ricucire ma che, forse, possono ancora essere rattoppati.

Stefania Mangiardi

 

LIBRO JUNIOR

Ella_cop_ese.inddElla e i suoi amici – Timo Parvela

Dalla lontana Finlandia arriva questo libro carico di divertimento. Protagonisti un gruppetto di amici scatenati che con la loro simpatia riusciranno a travolgere sia i primi lettori, visto il fatto che il libro è composto da tre racconti brevi, sia i più grandicelli, vista l’ironia con la quale il testo è scritto. Ella e i suoi amici hanno un’immaginazione e una fantasia incredibili, grazie alle quali sanno rendere la loro quotidianità una vera avventura!

Federica Bonisiol

 

FILM

toni-erdmann-la-chiave-di-sophiaVi presento Toni Erdmann – Maren Ade
Con l’inizio del mese di marzo le sale italiane continuano a riempirsi di film che hanno fatto incetta di nomination durante l’ultima notte degli Oscar. Tra questi, uno dei migliori è senza dubbio il nuovo lungometraggio della regista tedesca Maren Ade che, grazie a un mix perfetto di intelligenza ed eccentricità, ha saputo raccontare la storia di un rapporto genitoriale in maniera toccante e, allo stesso tempo, completamente fuori dagli schemi. Strepitosa la recitazione dei due attori protagonisti (Peter Simonischek e Sandra Hüller), indimenticabile la sequenza sulle note della hit di Whitney Houston The greatest love of all. USCITA PREVISTA: 2 MARZO 2017

 

artwork-loving-chiave-di-sophiaLoving – Jeff Nichols
Mildred e Richard Loving si amano e decidono di sposarsi. Niente di più normale se non fosse che lui è bianco e lei e nera e che ci troviamo nell’America segregazionista degli anni ’50. Una storia d’amore travagliata e complessa, raccontata con grande enfasi dal veterano del cinema americano Jeff Nichols. Il film non è nulla di sensazionale, diversamente dalla performance della straordinaria Ruth Negga, candidata all’Oscar grazie a un’interpretazione davvero degna di nota. Da vedere in compagnia della propria dolce metà. USCITA PREVISTA: 16 MARZO 2017

 

notnegro_chiave-di-sophiaI am not your negro – Raoul Peck
Un documentario incredibilmente riuscito ed efficace, raccontato interamente con le parole di James Baldwin, attraverso il testo del suo ultimo progetto letterario rimasto incompiuto. Un affresco schietto e veritiero sull’essere persone di colore in America. Il cinema si trasforma allora in impegno civile e sociale, partendo da fatti storici realmente accaduti e arrivando a farci prendere coscienza di come l’immagine dei Neri in America venga oggi costruita e rafforzata nell’immaginario collettivo statunitense. La voce narrante del film è quella del leggendario Samuel L. Jackson. USCITA PREVISTA: 22 MARZO 2017

Alvise Wollner

[Immagini tratte da Google Immagini]

Divertirsi per non pensare?

Il nostro tempo è caratterizzato dall’affermazione del divertimento come categoria esistenziale fondamentale. Gran parte delle manifestazioni umane di giovani e adulti si fonda sul divertimento, indicatore sociale di una “bella vita”. Osservando le proposte di aggregazione, le esperienze relazionali e la condivisione di quest’ultime sui social network, risulta evidente come il divertimento sia creduto l’unico sinonimo dello stare bene, dell’avere una vita piena e ricca di significato.

Tuttavia, ad un occhio più attento e profondo, la condizione esistenziale dell’attuale società del “benessere”, appare come una vera e propria contraddizione. La filosofia, il cui compito è sin dalle origini quello di comprendere e “smascherare” la realtà, rivela come al di sotto di questo stile di vita basato sul divertimento e sul desiderio di godimento senza limiti, si celino un disagio profondo e un vuoto esistenziale, dei quali è necessario rendersi consapevoli.

Indagini e statistiche di natura sociologica e psicologica, evidenziano come alla base della “bella vita” sia sottesa una precarietà esistenziale, un’assenza di disciplinamento del desiderio e un vuoto di senso dilaganti, che la società preferisce non riconoscere per perpetuare il suo sistema ideologico radicato nel consumo di ogni aspetto dell’esistenza. A ragione si può parlare di consumo, proprio perché dai più la vita non viene vissuta e portata a compimento, ma letteralmente sciupata. Nella falsa convinzione che maggiormente il desiderio di godimento, privo di legge, è spinto all’estremo, maggiormente si realizza l’esistenza. Quando in realtà il desiderio si alimenta precipuamente di assenza, di limite, di tutto ciò che non lo esaurisce e non placa la sua sete, ma continua a tenderlo verso l’infinito che è sorgente.

La filosofia e i filosofi, sono come profeti che vogliono ridestare la nostra attenzione, avvertendoci che il desiderio infinito dell’infinito, non può essere colmato attraverso il divertimento spinto oltre ogni limite. «Il divertimento, inteso come fuga, − scrive D’Avenia − si può alimentare e ripetere ad oltranza, ma il vuoto resta lì»1. Dunque, una volta finito l’effetto anestetizzante del divertimento stesso, il desiderio esistenziale, che è sete di verità, ritorna a bussare ai nostri cuori e alle nostre menti, portando con sé un carico di angoscia che esige di essere accolto e affrontato, proprio perché essenziale della nostra naturale, precaria condizione.

Pascal è stato magistrale interprete della condizione dell’uomo nel mondo e in particolare dell’uso del divertimento come “alternativa” alla riflessione su se stessi. L’essere umano appare paradossale al filosofo e matematico francese, in quanto in esso coesistono bene e male, sapienza e ignoranza, grandezza e miseria. Questo paradosso non dev’essere negato, ma integrato e compreso. Tuttavia, la maggior parte degli uomini evita di riflettere sulla propria essenza, allontanando il pensiero per la paura di inabissarsi nel vuoto, nel nulla. Gli uomini nascondono a se stessi questa fragile condizione, questi insanabili contrasti e lo fanno attraverso quello che il pensatore chiama divertissement, ovvero divertimento, meglio se tradotto come “diversione” o “distrazione”, dal latino de-vertere “volgere lontano da qualcosa”, in questo caso dalla ricerca del senso della vita. Scrive infatti Pascal:

l’unica cosa che ci consola delle nostre miserie è il divertimento, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie. Perché è esso che principalmente ci impedisce di pensare a noi e ci porta inavvertitamente alla perdizione. Senza di esso noi saremmo annoiati, e questa noia ci spingerebbe a cercare un mezzo più solido per uscirne. Ma il divertimento ci divaga e ci fa arrivare inavvertitamente alla morte2.

Il divertissement pascaliano, indica propriamente quanto avviene nel nostro tempo: l’oblio della propria vera natura e condizione, la fuga da se stessi, al fine di esimersi dal pensare. Ed è proprio questo il lato tragico del nostro tempo, l’abdicare il pensiero, il quale però «costituisce la grandezza dell’uomo»3 e la sua più intima dignità. «L’uomo non è che una canna – scrive Pascal – la più debole della natura; ma è una canna pensante»4.

Il divertimento, così com’è vissuto nel nostro tempo, concede una gioia temporanea. Non appena questa finisce, l’uomo ripiomba nella sua infelicità, nel suo vuoto, nella sua miseria. In tal modo, l’uomo non vive mai il presente, il solo momento realmente esistente. Non è mai contento di ciò che ha, ma è sempre proiettato nel futuro laddove si persuade sia posta la felicità. Ecco che l’uomo non vive veramente. Anche quando crede di farlo attraverso il divertimento, semplicemente spera di vivere, procrastinando la realizzazione di se stesso nel futuro.

Il divertimento è oggi la strategia maggiormente adottata per evitare di soffermarsi a riflettere sul mistero della propria esistenza, costantemente meravigliandosi di essa, interrogandola e indagando ciò che la circonda, come insegna il pastore errante del sublime Canto notturno di Leopardi.

Quanto scritto non intende pronunciare una condanna della dimensione ludica dell’umano, o della sua naturale necessità di abbandono. Si propone piuttosto come un’esortazione, un esplicito invito a meditare criticamente, circa le forme estreme del divertimento e del godimento, ormai divenute habitus e oggetto di vanto per molti uomini (sic!). Al fine di recuperare la peculiarità umana, che è quella di essere capaci di pensare. Perché attraverso il pensiero l’uomo supera la propria miseria conoscendola e riscopre il proprio valore morale. Solo così, riconoscendo il silenzioso dialogo con noi stessi, è infatti possibile la fondazione di un’etica che ci traghetti dalla “bella vita” ad una vita bella, inondata di significato nella sua più intima e misteriosa essenza.

 

Alessandro Tonon

 

NOTE:
1. A. D’Avenia, L’arte di essere fragili, Milano, Mondadori, 2016, p. 118.
2. B. Pascal, Pensieri, Milano, Edizioni San Paolo, 198712, pp. 179-180.
3. Ivi, p. 240.
4. Ibidem.

[Immagine tratta da Google Immagini]

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Vi è traccia di divertimento nello studio della storia?

Puntualmente, per esperienza personale, quando chiedo ai bambini un indice di gradimento numerico per l’insegnamento di Storia, il valore che ottengo solitamente è prossimo allo 0. Nel migliore dei casi. Motivi? La Storia è noiosa e vecchia così come il maestro che la insegna, anche se magari ha 35 anni. Una sorta di consustanzialità fra il documento storico ammuffito e il classico pile sgualcito dell’insegnante. In pratica una crisi d’identità assicurata intorno ai 40 anni per chi come me è in procinto di laurearsi in Storia e non disdegna una carriera futura da passare dietro la cattedra.

Quali sono i motivi di tale declino? Perché piace addirittura più la Matematica e soprattutto l’ora di Religione con i suoi film pieni di amore e lieti fine stucchevoli?

Innanzitutto è necessario premettere due cose: in primo luogo ogni fascia d’età possiede esigenze e capacità differenti e specifiche. Quindi è assolutamente improprio far imparare migliaia di date a memoria agli adolescenti; tanto il giorno dopo scambieranno la caduta dell’Impero Romano d’Oriente con quello d’Occidente. Tranne per i nerd: loro le sapranno grazie alle mille ore passate davanti ai giochi di strategia per il Pc.
In secondo luogo, invece, si deve ammettere che non tutte le epoche hanno sentito la mancanza di volgere lo sguardo verso il passato per studiarlo. Basti pensare a oggi, dove la modalità classica di trasmissione del sapere – dall’anziano al giovane, dal maestro all’alunno, dai genitori ai figli, dal passato al futuro – si sta rapidamente invertendo: ora sono i figli ad imprecare contro i genitori, colpevoli nel 2016 di non sapere utilizzare la tecnologia.

Oh Clio, come fare allora per recuperare quel divertimento che lo studio della Storia recava a Marc Bloch?1

Sicuramente compiendo azioni rivoluzionarie.
Togliamo la cattedra! Le lezioni frontali producono un’insensata voglia di giocare a Snake e per chi ha il cellulare scarico appisolarsi risulterebbe la miglior opzione. A parte l’ironia, credo che una disposizione a cerchio delle sedie faciliti il dibattito perché mancherebbero riferimenti spaziali – gerarchici. In questo modo, da un lato gli studenti parteciperebbero attivamente senza timore dell’entità suprema confinata dietro la cattedra e dall’altro il maestro migliorerebbe la propria relazione con i propri allievi ed emergerebbe nella discussione in ogni caso come fonte di sapere, visto le sue maggiori conoscenze.

La Storia è vita vissuta! La Storia è fatta di carne e di ossa! Molte volte i manuali raccontano le guerre, le scoperte e le rivoluzioni come fossero di altri mondi. La Terra ne sembra incolume.
Beh, aggiornamento dell’ultima ora: noi tutti facciamo parte della Storia. Sono convinto che esserne consapevoli sia estremamente utile e affascinante per due ragioni: da un lato pungolerebbe la curiosità di coloro che vedono nel sussidiario con copertina verde – la Storia l’ho sempre associata a questo colore. Retaggi delle scuole elementari – un potenziale allergenico; dall’altro pensarsi all’interno del flusso storico stimolerebbe le riflessioni sul rapporto che intercorre tra l’individuo e gli eventi, sia passati che contemporanei. Alla fine lo studio della Storia non è altro che un’intervista continuamente aggiornata rivolta al passato, un interlocutore difficile da capire, ma allo stesso tempo affascinante per la molteplicità di punti di vista che può darti.

Solo attuando queste modifiche (le idee sarebbero molte di più), la Storia da disciplina marginale di un’ora alla settimana, diventerebbe azione quotidiana di comprensione della società.
Alla fine anche Euclide e il suo maledetto teorema sono stati concepiti in questo mondo.

Marco Donadon

NOTE:
1. M. Bloch, Apologie pour l’histoire ou Métier d’historien, 1949.

[Immagine tratta da Google Immagini]

La linea sottile tra divertimento e dipendenza: alcol e alcolici

“Il vino mi spinge, il vino folle, che fa cantare anche l’uomo più saggio e lo fa ridere mollemente e lo costringe a danzare e a tirar fuori parola, che sta meglio non detta” Omero, Odissea

La linea che separa il consumo di alcol come “mezzo di aggregazione” e l’abuso di questo che, molto spesso, sfocia in una vera e propria dipendenza, è molto sottile.

La cosiddetta “ombra di rosso” con gli amici esisteva anche quarant’anni fa, nelle osterie e nei locali più conviviali. Oggi è sostituita dallo spritz, identificabile quasi come un rito per i giovani: ritrovarsi a bere l’aperitivo è diventato un modo per vedersi, fare due chiacchiere, raccontarsi della propria giornata, farsi due risate. Il celebre happy hour è un momento dedicato al “gruppo”.

Ma questa situazione non è, di per sé, assolutamente un problema. Read more

Dov’è finita la nostra individualità? -Pascal

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Al giorno d’oggi sempre  più ragazzi cercano continuamente di attorniarsi di persone, che possono venire da relazioni effimere che nascono e restano nei social network, oppure da una cerchia di conoscenti  che si allarga progressivamente ma in cui non conosciamo nessuno davvero.

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