Ascoltare Sé e ascoltare l’Altro

Quando si parla di relazioni nelle discipline sociali e umanistiche, oppure quando si affronta l’argomento con profondità nella vita quotidiana, si loda spesso l’ascolto dell’Altro, riferendosi sia al semplice tendere l’orecchio a chi sta conversando con noi sia al più complesso Ascolto Attivo, ossia un approccio – ben descritto dalla sociologa Marianella Sclavi in Arte di ascoltare e mondi possibili (2003) – che prevede, tra i diversi spunti, l’attenzione alle emozioni altrui con il fine di relazionarsi positivamente con gli interlocutori.
Considerare solo questa dinamica dell’ascolto, però, significa credere che le relazioni sociali siano una banale forma di apertura all’Altro, mentre esse ci coinvolgono quali coprotagonisti e ci chiedono di ascoltare anche le nostre, di emozioni. Se questa richiesta non trova risposta, lediamo sia noi stessi perché non sappiamo se stiamo traendo beneficio dalle relazioni, sia l’Altro perché non lo ascoltiamo attivamente.
Nelle prossime righe vedremo il tema dell’ascolto di Sé nell’ottica delle interazioni sociali. Non affronteremo le modalità con cui si può ascoltare sé stessi, altrimenti saremmo prolissi. Azzarderemo, invece, un legame con un argomento più attuale, cioè i contatti tra culture.

Il sociologo Salvatore La Mendola tratta il tema di cui sopra in Centrato e aperto (2009), libro che propone un approccio dialogico alle interviste sociologiche, ma che offre soprattutto un punto di vista stimolante sulle interazioni tra esseri umani, accennando ad azioni che possono essere praticate in situazioni in cui si voglia ascoltare sé stessi. Queste azioni riguardano la consapevolezza del proprio corpo – stare con i piedi piantati per terra, concentrarsi sul respiro, seguire il battito del cuore ecc. –, perciò suggeriscono che, come l’ascolto dell’Altro, anche l’ascolto di Sé non sia un banale esercizio dell’udito, ma un processo che coinvolge ogni parte di noi.
In Centrato e aperto l’intervistatore che fa un’intervista dialogica è rappresentato con La passeggiata del pittore Marc Chagall. Più precisamente il suo ruolo di guida è identificato con la figura in piedi e l’attenzione all’intervistato è identificata con la figura in aria. Il dipinto, però, può essere interpretato anche nell’ottica dell’ascolto, immaginando che la prima figura simboleggi la parte di noi che ascolta le nostre emozioni e la seconda figura simboleggi la parte di noi che ascolta l’Altro.

Questo duplice processo di ascolto rende la consapevolezza di Sé una condizione difficilmente raggiungibile in un’interazione. Ancor più difficile, però, è dare continuità a tale condizione: ciò che ci ha permesso di trovare stabilità in quell’interazione, infatti, può essere inutile in un’altra, poiché ci relazioniamo con persone diverse oppure la stessa persona può, parafrasando il titolo di un libro del sociologo Erving Goffman, presentare self differenti, cioè modalità diverse di mostrarsi nelle interazioni.
Nell’impossibilità di stabilire un solo modus operandi, come costruire l’Io, ossia uno dei due fondamenti delle relazioni sociali secondo il filosofo Martin Buber? (L’altro, ça va sans dire, è il Tu). All’inizio abbiamo detto che una risposta in questa sede sarebbe eccessivamente complessa. Un accenno, però, l’abbiamo fatto: si tratta della consapevolezza del corpo suggerita da La Mendola. Molti percorsi di crescita personale, infatti, prevedono la scoperta della propria interiorità attraverso la respirazione consapevole e la concentrazione su ciò che si percepisce con i cinque sensi.
Sicuramente possiamo affermare che un Io che vada bene in ogni interazione non è realizzabile. Al contrario dobbiamo costruirne uno che, come l’acqua, si adatti a diversi contenitori relazionali, alcune volte accetti di stagnare e altre volte abbia l’energia per rompere gli argini.

Il rapporto tra l’ascolto dell’Altro e l’ascolto di Sé può essere intravisto anche nei contatti tra culture – un tema delicato in Italia, soprattutto negli ultimi mesi. Tale questione, infatti, divide quelli che vorrebbero ascoltare e accogliere l’Altro – che in questo caso può essere generalmente identificato con i migranti – da quelli che ascoltano esclusivamente sé stessi e gli italiani che ragionano come loro.
In questo scontro è bene ricordare l’incipit di Terra degli uominidi Antoine de Saint-Exupéry: «Misurandosi con l’ostacolo l’uomo scopre se stesso». Oggi molti partiti politici rappresentano quell’ostacolo con chi appartiene a culture diverse dalla nostra, ma le parole dell’autore francese evocano l’idea che abbiamo bisogno di un ostacolo se vogliamo fare l’unica cosa che dà senso alla vita: il filosofico conoscere sé stessi.

A questo punto possiamo suggerire una domanda: quali modalità specifiche possiamo attuare per conoscere noi stessi nell’esperienza tumultuosa della vita e nello scenario variegato del mondo? La questione resta aperta.

 

Stafano Cazzaro

 

BIBLIOGRAFIA
1. Antoine de Saint-Exupéry, Terra degli uomini, Milano, Ugo Mursia Editore, 2014.

[Credit davide ragusa]

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Straniero in terra straniera

<p>Ryszard Kapuściński con i soldati, Angola, 1975</p>

“Straniero in terra straniera”

Mosè in Esodo 2:22

Essere stranieri è scritto nel nostro destino di esseri umani.
Alzi la mano chi non ha mai avuto la sensazione di essere straniero a chi gli stava attorno.
Tocchiamo con mano la nostra estraneità rispetto agli altri per il colore della nostra pelle, per gli ideali che ci spingono ad agire, per il Dio davanti al quale ci inginocchiamo e per un’infinità di altre cose che ci rendono diversi, unici.

Siamo tutti stranieri

La terra sulla quale ergiamo le mura per dividerci dai nostri simili non conosce il significato della parola confini nazionali, perchè non è altro che terra; che sia ricoperta di ghiaccio, battuta dal sole rovente, ricoperta di cemento e grattacieli rimane terra. Tutti noi essere umani siamo estranei alla terra composta per lo più da elementi duri come il ferro, e ci libriamo sopra di essa grazie alla nostra elevata percentuale di ossigeno, come fossimo foglie che galleggiano sullo stagno.

Siamo stranieri in una terra straniera.

Questa rubrica vuole parlare di stranieri, sostanzialmente di uomini e donne e delle loro vite e lo vuole fare con le parole…con le immagini…con la musica e con qualsiasi artefatto che possa rompere le “mura di carta” che sono state create tra me e te straniero e renderci finalmente entrambi stranieri.

Valentina Colzera

[foto tratta da Google Immagini]