Il passo più importante del programma logicista di Frege (1848-1925) consisteva nel tentare di definire le nozioni aritmetiche in termini di nozioni logiche. Immaginiamo dunque che un cameriere, appena assunto e incapace di contare, avesse ricevuto dal maître l’ordine di controllare che la quantità dei piatti presenti sui tavoli della terrazza dov’era servita la colazione non fosse né superiore né inferiore alla quantità dei cucchiaini d’argento. Il cameriere, sistemato un cucchiaino accanto a ogni piatto e controllato che la corrispondenza non avesse lasciato residui (nessun piatto senza cucchiaino o viceversa), avrebbe risolto la situazione senza troppo affanno. I bambini seguono il ragionamento del cameriere senza difficoltà, intuendo che se si trattasse di un ricevimento principesco, con centinaia e centinaia e centinaia di noiosi invitati, la situazione non sarebbe semplice, come nel caso della colazione in terrazza… neppure se il cameriere si mettesse in testa di consegnare personalmente a ciascun ospite il suo cucchiaino. Le coppie dovrebbero quindi essere disposte in ordine dal cameriere, il cui colpo d’occhio potrebbe fallire nel distinguere tra chi già ha un cucchiaino e chi ancora lo deve ricevere. L’equivalenza non sembra creare problemi, neppure per un cameriere un po’ confuso. Tanti cucchiai quanti piatti, tanti piatti quanti invitati, tanti cucchiai quanti invitati: classi di classi equivalenti, mappe senza resto. Se la domanda “quanti sono i cucchiai?” non ci spaventa, ben diverso è ciò che accade se qualcuno si azzarda a chiederci “che cos’è un cucchiaio?”. Dapprima, i bambini non ci credono: <<Un cucchiaio è un cucchiaio!>>; <<A=A>>. Poi, l’idea di trovare la maniera migliore di spiegare a qualcuno che non l’ha mai visto “che cos’è?” inizia a farsi strada. I “problemi” però, sono molti… <<Un cucchiaio è una posata>>, ma lo sono anche forchetta e coltello. <<Un cucchiaio è una cosa che serve a mangiare la minestra>>, ma anche a grattarmi se una zanzara mi ha appena punto nel mezzo della schiena. <<Un cucchiaio è una cosa grigia, di metallo, con un manico lungo e una testa arrotondata>>, ma ce ne sono anche rossi, di ceramica e a forma di cuore. La classe dei cucchiai è equivalente alla classe di coloro che mangiano la minestra? <<C’è chi beve come i cani!>>, dice qualcuno. <<E chi beve dal piatto! E chi usa le mani>>, aggiunge un’altro. La situazione si fa talmente complicata che il cameriere decide di fare un annuncio, dando per certo che tutti sappiano a cosa riferirsi quando sentono pronunciare la parola “cucchiaio”: <<a qualcuno manca una posata? Avete tutti il cucchiaio?>>. Ma è sufficiente un signore qualunque, con dei bei capelli biondi arruffati. Un signore che vive in una casetta gialla lontana dal centro in compagnia di sua moglie e del suo cane Brandy, a scompigliare le cose. Perché lui mangia la minestra con il blap e a volte quando non riesce a mettersi le scarpe prende un blap e fa leva con quello. E ha blap di ferro e di legno in cucina e blap di plastica per le feste di compleanno. Basta che un giorno egli decida, contrariamente a ogni abitudine, di portare sua moglie in quel ristorante, perché il castello del cameriere crolli: <<Scusi, ci porterebbe due blap?>>. <<Che cos’è un blap?>>, chiede il cameriere… e siamo daccapo!
[*Fare Filosofia Coi Bambini vuol dire, anzitutto, recarsi in classe ogni giorno, stare coi bambini, prendere appunti, raccogliere dati, studiare, approfondire, fare ricerca. Non ci si improvvisa Filosofi Coi Bambini, né tantomeno lo si diventa automaticamente dopo un corso di formazione. Occorre tanta esperienza sul campo ed entusiasmo: ecco perché è bene diffidare da chi ne parla tanto e magari lo insegna pure, ma nei fatti non lo pratica o peggio non l’ha mai praticato. Non trattandosi, poi, di un insegnamento esoterico destinato a pochi, non può e non deve essere “venduto”: ecco perché sarebbe bene che appartenesse a molti e che non si legasse ad associazioni, categorie, gilde, col rischio di venirne imbrigliato. In vista di queste riforme e di una sempre più necessaria riflessione sullo stato della disciplina, auspichiamo nell’apertura di un canale di dialogo coi “cugini” (di secondo grado) della Philosophy for Children Italiana].
Carlo Maria Cirino
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