La nascita della filosofia secondo Giorgio Colli

Nell’immaginario collettivo, quando si pensa a un classico della filosofia, si è portati a pensare a un qualche complicato trattato, corposo sia nella sostanza che nella lunghezza. Oppure a un qualche antico libro di un autore di diversi secoli fa, che risulta tutt’oggi contemporaneo al comune pensare e sentire.

Spesso a rientrare nell’insieme dei classici, meriterebbero di starci anche quei testi apparentemente secondari, ma che si rivelano poi capaci di aver racchiuso in poche pagine un sentire e pensare decisivi per un’epoca. Nel panorama variegato della filosofia italiana contemporanea, diversi sono stati gli autori e i testi che si sono imposti poi come classici del pensiero. Tra questi sta sicuramente la figura e l’opera di Giorgio Colli (1917-1979).

Colli, studioso dei filosofi antichi, filologo, traduttore e storico della filosofia, ha consolidato la sua posizione culturale di estremo prestigio al di fuori dei canoni che la cultura italiana del dopoguerra identificava come campo della filosofia. Eppure, moltissimi dei suoi spunti e delle sue indicazioni sono divenute oggi importantissimi riferimenti culturali.

Il suo La nascita della filosofia (1975) costituisce tra i suoi scritti una piccola ma intensa pietra miliare, che pone le basi sul suo pensiero in materia di filosofia antica e al contempo si pone come riferimento italiano di quella tradizione che vede la filosofia socratico-platonica non come origine del pensiero, ma come suo declino al cospetto di una tradizione precedente ben più profonda.

Se infatti Socrate e Platone sono riconosciuti come i principali cardini della filosofia antica e di tutto il pensiero filosofico occidentale, Colli sente di dover tornare e reinterpretare quelle fonti molto più antiche di sapere che solo molto dopo sono divenute quella che oggi ancora riconosciamo come filosofia moderna.

La filosofia, per Colli, ha le sue radici nell’antico culto degli dei, specialmente in Apollo e Dioniso (interpretati però diversamente da Nietzsche). Gli dei si esprimono con gli uomini lanciando enigmi – caratteristica che risuona per Colli nell’etimologia di “Apollo” – e questi enigmi gettano l’uomo in quella mania (pazzia) da cui la filosofia nasce, che è «matrice della sapienza» (G. Colli, La nascita della filosofia, 1975):

«Attraverso l’oracolo, Apollo impone all’uomo la moderazione, mentre lui stesso è smoderato, lo esorta al controllo di sé, mentre lui si manifesta attraverso un “pathos” incontrollato: con ciò il dio sfida l’uomo, lo provoca, lo istiga quasi a disubbidirgli. Tale ambiguità si imprime nella parola dell’oracolo, ne fa un enigma» (ibidem).

In questo folle dialogo tra dei e uomini accade il pensiero filosofico, che consiste nel tentativo da parte dell’uomo di sciogliere i suoi enigmi attraverso l’interpretazione dei segni divini. Avvicinarsi e comprendere l’essenza della filosofia significa dunque ritornare in quell’atmosfera sacrale dell’antica Grecia che precede i filosofi modernamente intesi e connettersi nuovamente alla dimensione divina dell’enigma.

Come si sviluppa la filosofia successiva, cos’è che cambia? Al venir meno della vicinanza con la divinità, l’uomo sostituisce gli dei agli uomini. L’interpretazione volta al risolvimento dell’enigma diventa dunque dialettica, interlocuzione tra uomini: è il momento socratico-platonico che avviene dunque nello scenario di una morte di dio ante litteram:

«Un passo ancora, cade lo sfondo religioso, e viene in primo piano l’agonismo, la lotta di due uomini per la conoscenza: non sono più divinatori, sono sapienti, o meglio combattono per conquistare il titolo di sapiente» (ibidem).

L’interpretazione di una filosofia in decadenza nell’epoca di Socrate, Platone e Aristotele, nonché nell’epoca della sofistica e delle correnti successive che hanno portato alla struttura culturale occidentale odierna, non era certo così diffusa nel corso del Novecento, se non in quei pensatori e quegli ambienti che avrebbero dovuto ancora attendere per trovare ascolto. Anche Nietzsche insistette per rivolgere lo sguardo a prima di Socrate; allo stesso modo Heidegger, Severino in Italia e tutti i pensatori che hanno sentito la necessità di ritornare ai culti misterici, all’orfismo, ai poeti lirici, ai Sette Savi, alle dottrine non scritte di Platone, per rievocare una dimensione più autentica del pensiero e del rapporto tra uomo e mondo.

Il pensiero di Giorgio Colli, anche attraverso le preziose pagine de La nascita della filosofia, è un piccolo punto di riferimento per chiunque voglia intrecciare nuovamente i fili del pensiero e del divino, della dimensione che precede ogni insegnamento, ricerca, disciplina e trova la sua linfa solo nell’intimo rapporto dell’uomo solo davanti all’essere.

 

Luca Mauceri

[Photo credit Unsplash]

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Per una quarantena culturale: i nostri consigli di lettura

In questi giorni di emergenza sanitaria molti di voi, costretti a cambiare le proprie abitudini, si saranno chiesti come trascorrere le lunghe giornate di quarantena, rendendole produttive e abbattendo la noia. È difficile accettare di non poter uscire, di non vedere gli amici, di non farsi quel week-end in montagna che avevamo desiderato con grande intensità, tanto che qualcuno avrà avuto la percezione di essere oppresso e chiuso tra le quattro pareti domestiche.

Noi di La Chiave di Sophia ci siamo impegnati per aiutarvi a rispettare il motto #iorestoacasa e allo stesso tempo per rendere il vostro tempo significativo e, chissà, magari per scoprire passioni da molto tempo sepolte. Per questo vi proponiamo una selezione di libri da leggere in questo periodo, suddivisi in tre grandi categorie: Il piacere dei classici, Viaggiare con la mente, Un momento di introspezione.

 

Il piacere dei classici

classiciLa classicità, ispirazione del pensiero universale e maestra di vita, può darci il giusto sostegno  in un momento difficile, spingendoci a riscoprire il nostro passato, attraverso personaggi che hanno il sapore dell’uomo contemporaneo. Se amate il filone del fantastico sicuramente fa per voi la trilogia di Italo Calvino I nostri antenati: Il visconte dimezzato, il barone rampante e il cavaliere inesistente, che induce a leggere i difetti e i vizi dell’uomo, attraverso metafore fortemente allegoriche. Dal tema del doppio al conflitto tra istinto e ragione, il tutto condito da immagini che rimandano ad un tempo che fu.

Per chi, invece, predilige i racconti brevi, ma non per questo meno profondi, è consigliata la lettura di La botique del mistero di Dino Buzzati, una selezione dei migliori scritti dell’autore, che rimanda ai nostri comportamenti quotidiani, specchio delle debolezze e delle paure di ognuno di noi.

Infine chi ama affrontare i conflitti tra sentimento e ruolo sociale, tra passione e vita borghese può immergersi in Camera con Vista di Edward Morgan Forster, ambientata nell’epoca vittoriana e incentrata sulla storia di Lucy Honeychurch, giovane ragazza intenta alle convenzioni sociali, costretta ad affrontare la lacerazione tra la propria emotività e il perbenismo borghese.

 

Viaggiare con la mente

viaggioSe in questo periodo non si può viaggiare fisicamente, nessuno ci vieta di farlo con la mente! Vi consigliamo a questo proposito Aleph di Paulo Cohelo, che ci fa camminare attraverso il percorso della Transiberiana, tra Africa, Europa e Asia, per arrivare a scoprire il vero viaggio, che è in fondo quello dentro noi stessi. Una sorta di diario di bordo che può aiutarci ad ampliare i nostri orizzonti, in un percorso a tappe, come è in fondo la vita di ognuno.

Ma sul tema del viaggio, questa volta di stampo onirico, non può mancare l’opera IQ84 di Haruki Murakami, vero e proprio capolavoro dello scrittore giapponese, che intreccia due universi paralleli, abbattendo le barriere fisiche tra la realtà e il sogno. Chi ci assicura che il mondo in cui viviamo è davvero quello reale? E se invece esistesse un luogo altro, in cui le leggi in cui crediamo vengono meno? Non resta che provare a viaggiare oltre la nostra quotidianità e vedere quello che si può scoprire.

 

Un momento di introspezione

introspezioneLa riflessione e l’introspezione in un momento di gravità pubblica e di estrema emergenza gioca una certa importanza, per questo abbiamo pensato di consigliarvi Lettere contro la Guerra di Tiziano Terzani, che a partire da un evento drammatico quale l’11 Settembre 2001, spinge a mettere da parte l’odio, il rancore verso il prossimo e a riflettere sul senso di umanità, sull’uomo e sulla necessità di un equilibrio con sé e con chi gli sta difronte. È inutile accanirsi gli uni contro gli altri, ci insegna Terzani, ma bisogna tentare di comprendere per poter ricostruire una società migliore, di pensare a cause e conseguenze, di aprirci verso il prossimo.

In alternativa, se faticate ad uscire dagli schemi e a cambiare le vostre abitudini in un momento in cui la necessità ve lo impone, non c’è lettura migliore che Per dieci minuti di Chiara Gamberale, un romanzo che spinge a sforzarsi a combattere le proprie rigidezze e a guardare il mondo con altri occhi, passo dopo passo. Provate anche voi a fare per soli dieci minuti alcune attività mai prima sperimentate e riuscirete forse a capire meglio il vostro io e a lasciarvi andare.

Infine, la ricerca delle proprie origini è un sentimento che nasce da un’esigenza di scoperta, legata alla propria identità e all’ esistenza. Una buona lettura a questo proposito può essere Un cappello pieno di ciliege di Oriana Fallaci, un romanzo in cui la scrittrice indaga le proprie radici, ricostruendo la storia e la vita dei suoi nonni e dei suoi antenati.

 

Anna Tieppo

 

[immagine tratta da unsplash.com]

 

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Estate in Filosofia!

L’estate finalmente è arrivata, la bella stagione e il caldo lasciano spazio a eventi e iniziative organizzate all’aperto, in cornici e location suggestive. L’arte, la cultura, la letteratura e la Filosofia sembrano non voler andare in vacanza, regalandoci festival e incontri in sintonia con l’atmosfera estiva. Per voi lettori la nostra selezione di eventi per il mese di Luglio.

13490874_496161923905735_7224812282494972558_oABRUZZO | FILOSOFIA AL MARE – 8/17 Luglio – Francavilla al Mare e Ortona 

La VII Edizione del Festival Filosofia al Mare vede quest’anno come filo conduttore  la bellezza non solo dal punto di vista del gusto o dell’arte, ma in senso più lato, come strumento privilegiato per aprirci orizzonti di valori. Un festival che vuole aprirsi a un pubblico neofita in materia di Filosofia, suscitanto consapevolezze e stimoli nuovi. La bellezza verrà indagata nelle sue diverse manifestazioni: dalla personalità, all’estetita, all’ambiente fino al suo collegamento con l’amore.

Il festival vedrà la partecipazione di nomi prestigiosi come Umberto Galimberti, Massimo Cacciare, e Umberto Curi.

Programma completo: qui

VENETO | LAGO FILM FEST – 22/30 Luglio – Revine Lago (TV)

Dlagofilm-fest-disegniiscover è il tema della XII edizione del Lago Film Fest, festival di cortometraggi e documentari di Revine Lago in Provincia di Treviso. L’edizione ha inaugurato una campagna di comunicazione all’insegna della fiaba e della fantasia, nel rispetto delle tradizioni locali.

L’idea che sta alla base sono i racconti  che i bambini di tutte le epoche hanno ascoltato, probabilmente dai nonni con uno spiccato senso della fantasia e che hanno dato vita a quelle creature a cui affidarsi nei momenti di solitudine. Su questa base, sono stati coinvolti 40 bambini delle scuole materna ed elementare perché provassero ad immaginarsi la fauna creaturale del lago che circonda il Lago Film Fest. Così sono nate 4 creature diverse, ciascuna prodotto della fantasia che accompagneranno tutte le serate alla riscoperta delle leggende e delle tradizioni locali che hanno fatto la storia di questo territorio.

Maggiori info: qui
Augusto_iphoneMARCHE | CARBONEIDE – LA POPSOPHIA DEL MONDO CLASSICO – 29/30 Luglio Ortezzano

Il 29 e il 30 luglio arriva a Ortezzano la seconda edizione di Carboneide, la Popsophia del mondo classico,il festival dedicato alla classicità greco-romana indagata con le lenti della cultura pop. Filosofi, scrittori e musicisti saranno protagonisti di conferenze-spettacolo dove la filosofia classica si contamina con il cinema, le serie tv e la musica leggera.

Quest’anno si vedrà la partecipazione di Umberto Curi, Francesca Boccuni, Roberto Mordacci, Massimo Donà.

Programma completo: qui

Elena Casagrande

 

Satyricon: il primo romanzo nasce con Petronio

All’interno di una società corrotta, dissoluta, lasciva, dove l’integrità dei costumi è solo un eco dei secoli passati, dove le operette oscene e cafè-chantants dominano la scena culturale e rispecchiano la decadenza morale, nasce del tutto inaspettatamente un nuovo genere letterario: il romanzo. Londra? Parigi? Metà ‘800? Sbagliato. Roma, I secolo d.C.

Ho sempre pensato che tutto quello che si può dire, o pensare, in arte, in politica, in filosofia, insomma nella ‘fabbricazione di idee’, lo abbiano già in qualche modo detto, espresso o almeno abbozzato gli antichi. Vuoi capire Hegel? Studia Platone o Eraclito. Vuoi capire Canova? Studia il canone greco. Vuoi capire Picasso? Studia il canone greco, e pensa il contrario (Picasso senza canone greco sarebbe forse stato davvero un bambino di 5 anni che pocciava una tela. Qualcuno gli disse che lo era comunque. Lui rispose “Magari!”. L’esattezza non la si impara a scuola).

In letteratura, poi, è una battaglia persa. Sai com’è, loro hanno Omero… E’ un po’ come quando, nel campionato NBA ’93-’94, un allenatore si trovava a dover sostenere una conferenza stampa dopo una sconfitta dai Bulls: “Cosa volete che vi dica, loro avevano Michael Jordan…”. Uguale.

Se su Jordan qualcuno ancora dubita (non so con che coraggio ogni tanto sento ancora pronunciare il nome di Wilt Chamberlain), Omero pare mettere tutti d’accordo: tutto quello che è definibile “letteratura” è, in qualche modo, riconducibile a lui. Iliade: il conflitto. Odissea: il viaggio. L’amore e il fato, sempre. Non resta molto altro. E tuttavia, esiste un altro autore che, dopo l’enorme balzo di Omero ha compiuto un decisivo passo verso la modernità. Il suo nome è (probabilmente) Petronio, scrittore del Satyricon.

Il Satyricon, opera a noi giunta gravemente mutilata, è, per la prima volta nella storia, definito ‘romanzo’. Se però consideriamo che il termine ‘romanzo’ è nato intorno al 1400, Petronio ha scritto una cosa che, per più di un millennio, non ha neanche avuto un nome. E anche quando lo ha ottenuto, ha dovuto aspettare altri 300 anni, fino al 1700, perché qualcosa gli assomigliasse davvero (fatta esclusione per Le Metamorfosi di Apuleio, l’unico altro grande romanzo antico). Perché è stato possibile questo? Come ha fatto Petronio a essere precursore, con così largo anticipo, di un genere letterario del tutto nuovo? E’ stato possibile proprio grazie alla distanza che è riuscito a mettere tra la sua opera e quella di Omero, che il filologo Auerbach riassume in tre differenze principali, facendo riferimento al capitolo 37, dove viene descritta Fortunata, la moglie di Trimalchione.

“[…] Certamente esistono anche notevoli differenze nei confronti della maniera omerica. In primo luogo la forma del tutto soggettiva, poiché quella che ci viene presentata non è la cerchia di Trimalchione come realtà obiettiva, ma invece come immagine soggettiva, quale si forma nel capo di quel vicino di tavola, che però di quella cerchia fa parte. Petronio non dice: – È cosi -; lascia invece che un soggetto, il quale non coincide né con lui né col finto narratore Encolpio, proietti il suo sguardo sulla tavolata, un procedimento assai artificioso, un espediente di prospettiva, una specie di specchio doppio che nell’antica letteratura conservataci costituisce non oserei dire un unicum, ma tuttavia un caso rarissimo. La forma esteriore di questo raccontare in prospettiva non è affatto nuova, poiché in tutta la letteratura antica vi sono persone che parlano delle loro esperienze e delle loro impressioni, ma o viene impiegata, come nei racconti di Ulisse presso i Feaci o d’Enea presso Didone, soltanto un’esposizione compiutamente obiettiva, oppure si tratta di presa di posizione d’un personaggio di fronte a uomini o avvenimenti, da cui esso, nella cornice d’un’azione, è per l’appunto toccato, e dove dunque l’aspetto soggettivo è inevitabile e naturale anche senza arte. Qui si tratta invece del soggettivismo più spinto, che viene maggiormente accentuato dal linguaggio individuale da una parte, e per intenzione d’obiettività dall’altra, dato che l’intenzione mira, per mezzo del procedimento soggettivo, alla descrizione obiettiva dei commensali, compreso colui che parla. Il procedimento conduce a un’illusione di vita più sensibile e concreta, in quanto, descrivendo il vicino di tavola la compagnia a cui egli stesso appartiene, il punto di vista vien portato dentro all’immagine, e questa ne guadagna in profondità così da sembrare che da uno dei suoi luoghi esca la luce da cui è illuminata.[1]

“Un’altra distinzione importante nei confronti d’Omero è la seguente. Al vicino di tavola sta molto a cuore, descrivendo quella gente, di mettere in risalto la sua condizione passata in confronto con quella d’adesso. << Et modo, modo quid fuit? >>, così dice di Fortunata; […]. Anche ad Omero piace, come prima abbiamo notato, intercalare notizie sull’origine, la nascita e la vita precedente dei suoi personaggi. Ma i suoi accenni sono di tutt’altra specie, e non ci conducono attraverso il farsi e il trasformarsi dei personaggi, al contrario ci portano a un punto saldo di riferimento. L’ascoltatore greco che ha notizie di mitologia e di genealogia deve riconoscere l’origine e la famiglia delle persone in discorso, deve saperle collocare, proprio come al giorno d’oggi in un chiuso circolo aristocratico o d’alta borghesia si precisa d’un nuovo venuto l’ascendenza paterna e materna. Con ciò si suscita assai meno l’impressione della trasformazione storica quanto piuttosto l’illusione di un’immutabile saldezza della struttura sociale, accanto alla quale il mutarsi delle persone e dei loro destini sembra relativamente senza importanza. Ma in quest’opera di Petronio predomina ciò che è supremamente pratico e terreno, e dunque i cambiamenti di sorte veduti come storia interna; Trimalchione descrive la nascita del suo patrimonio come fatto supremamente pratico e terreno, e anche altrove si trova qualche cosa di simile, ma l’impressione di storia interna È prodotta soprattutto dal metterci innanzi una serie di liberti arricchiti. Difficilmente nelle letterature antiche si trova un brano che come questo mostri con tanta forza un movimento storico intimo.”[2]

E con ciò arriviamo alla terza, e forse più importante differenza dallo stile omerico e alla più importante particolarità del banchetto petroniano: più che qualunque altro scritto dell’antichità esso s’avvicina alla concezione moderna della rappresentazione realistica, e non tanto per l’umiltà dell’argomento, quanto per la descrizione precisa, non schematica, dell’ambiente sociale. La commedia ci dà l’ambiente sociale in modo molto più generico e schematico, in luoghi e tempi molto più imprecisi, ed ha soltanto scarsi accenni al linguaggio individuale dei personaggi; nella satira si hanno parecchi spunti simili, ma la rappresentazione è meno diffusa, bensì piuttosto moralistica e rivolta alla critica di qualche determinato vizio o ridicolaggine; […] infine, la fabula milesiaca, […] nelle opere e nei frammenti pervenutici è così zeppa d’incantesimi, d’avventure, di cose mitologiche, e soprattutto erotiche, che riesce impossibile considerarlo imitazione della vita quotidiana del tempo, per non dir nulla della stilizzazione della lingua anti-realistica e retorica. […] Questi, come un realista moderno, pone la sua ambizione artistica nell’imitare senza stilizzazione un qualsiasi ambiente d’ogni giorno e contemporaneo, e nel far parlare alle persone il loro gergo. Con ciò raggiunge il limite estremo a cui sia arrivato il realismo antico.” [3]

Adesso capiamo da dove arriva il naturalismo francese, il verismo di Verga, addirittura il realismo magico di Marquez. Vuoi capire Dickens? Studia Petronio.

Un’ultima considerazione. Trovo magnifico il fatto che i due “padri” della letteratura mondiale, Omero e Petronio, forse non sono nemmeno esistiti. O comunque non si sa chi sono. Sarà anche una visione un po’ panteistica, ma trovo che un “caso Fosbury” sia un mutamento necessario (dello Spirito, direbbe Hegel) che prescinde dalla persona in cui si manifesta, è più grande di lui. In questo senso, il Fosbury più grande di tutti forse è nato a Betlemme.

Insomma, che Omero e Petronio siano esistiti o no, o che siano spariti dopo poco, non conta. Fosbury, Dick Fosbury, dopo quell’oro non ha vinto più nulla. Oggi, per dire, è ingegnere.

Alessandro Storchi

NOTE

[1] E. Auerbach, Mimesis, pagg. 31-36

[2] Auerbach, op.cit.

[3] Auerbach, op.cit.