SELEZIONATI PER VOI: LUGLIO 2015

LIBRI

Luglio che ci rende in equilibrio con l’estate. Già immersi nelle serate estive. Già pronti a cantare a squarciagola ai nostri concerti preferiti. Già vivi e doloranti di caldo. Già saturi di granite ghiacciate.

Senza pensare a cosa verrà dopo, senza pensare a quando l’estate sarà finita.
Luglio è il mese di ciò che è già iniziato ed è solo da godersi. Luglio è il mese di chi non è nostalgico.

Luglio è..

Giallo: “L’esatto contrario” di Giulio Perrone

Riccardo, giovane squattrinato e disilluso, si districa in quella monotonia quotidiana che tutti conosciamo fin troppo bene. Ogni giorno sembra uguale, il suo lavoro non lo soddisfa, la sua vita scorre su un filo che sembra tracciato con il righello. Almeno fino a quando non verrà tracciata una linea gialla, una linea che disegnerà il cambiamento. Una linea che, nel far emergere un passato colmo di mistero, finirà per non essere completamente dritta, nè completamente gialla. A lui spetterà scoprirne ogni sfumatura e volti che nasconde, a lui spetterà scoprire tutto ciò che fino a quel momento non era stato nemmeno sospettabile…

Blu cobalto: “La ragazza del treno” di Paula Hawkins

Una pendolare che ogni mattina dal suo posto nel treno osserva lo stesso paesaggio è lo scopritore maggiore dei dettagli di cui siamo circondati. Questa è la storia di Rachel, che attraverso la sola capacità di guardare piuttosto che vedere stimola la sua immaginazione. La stimola ogni giorno, ogni volta che sale su quel treno. Anima personaggi, luoghi, forme. Anima per fantasia, almeno finché non diventa testimone di qualcosa di più reale.

Rosa: “102 chili sull’anima” di Francesca Sanzo

Francesca e i suoi 102 chili. Le pesano sul corpo, le pesano nelle parole della gente che sente dietro di sè. Le pesano sul cuore. Le pesano sull’anima. Quell’anima nera colma di conflitti che non riesce a perdonarsi. Quell’anima tossica che ha intossicato anche il corpo.

Un diario autobiografico che racconta una metamorfosi e una rinascita. Non come si indossa una dieta, ma come si effettua una mutazione. Come una muta che ci si infila addosso per non togliercela più, questo l’obiettivo di chi vuole reagire a se stesso. A quella parte di sé che nuoce, a quella parte di sè che probabilmente si stupirà di scoprire. A quella parte che, grazie ad un lungo percorso, scopre essere non più tanto sé. Una storia di coraggio, una storia di forza, capace di farci capire quanto possa contare la nostra interiorità su ogni aspetto esterno di noi.

Cecilia Coletta

FILM

Luglio è forse il mese più difficile di tutta l’annata cinematografica. Con l’arrivo del caldo e dell’estate il pubblico è sempre più invogliato a passare le giornate al mare o a godersi una piacevole serata estiva. Naturale quindi che venga meno anche la voglia di andare al cinema. I titoli che usciranno nelle sale italiane nei prossimi giorni non sono moltissimi ma come ogni mese abbiamo selezionato per voi i migliori tre (o, se preferite, i meno peggio).

– Predestination – di Michael Spierig e Peter Spierig

Fantascienza e thriller sono tra i generi più amati dal pubblico estivo. Film dai ritmi serrati e con storie accattivanti sono uno dei pochi spunti motivazionali per convincere il pubblico ad andare al cinema. Il nuovo film dei fratelli Spierg unisce questi due generi per raccontare la storia di un agente che viaggia nel tempo per catturare l’unico criminale sfuggitogli nel corso di tutta la sua carriera. Una missione dagli esiti tutt’altro che scontati in cui a farla da padrone è la prova di Ethan Hawke. USCITA PREVISTA: 1 LUGLIO

– Giovani si diventa – di Noah Baumbach

Se fantascienza e thriller sono due generi forti dell’estate, la commedia è un classico sempreverde che funziona in tutte le stagioni. Lo sa bene il regista Noah Baumbach che dirige una pellicola frizzante, interpretata da quattro attori superstar (Ben Stiller, Naomi Watts, Amanda Seyfried e Adam Driver). La storia è molto semplice: una coppia di quarantenni decide di mollare tutto per seguire una coppia di giovani hipster e provare a vivere una nuova giovinezza. Gag e battute sono garantite. Per una serata da passare in compagnia e senza troppi impegni. USCITA PREVISTA: 9 LUGLIO

– Pixels – di Chris Columbus

Probabilmente il film del mese sarà proprio il ritorno in grande stile di C. Columbus (il regista dei primi “Harry Potter” e di “Mamma ho perso l’aereo”). Una razza aliena scambia le immagini dei vecchi videogames per una dichiarazione di guerra e attacca la terra usando i giochi stessi come modelli per i loro assalti. Il Presidente degli Stati Uniti chiama allora il suo amico d’infanzia Sam Brenner (Adam Sandler), un campione di videogames negli anni ’80, per difendere la terra. L’umanità dovrà così essere salvata da un gruppo di simpatici nerd. Azione, risate ed effetto nostalgia assicurati per tutti coloro che sono cresciuti a pane e videogames. Da non perdere. USCITA PREVISTA 29 LUGLIO

Alvise Wollner
[Immagine tratta da Google immagini]

L’invenzione della madre – Marco Peano

Il cancro. Questo sconosciuto che vorremmo rimanesse tale per tutta la nostra esistenza. Il cancro, non ho paura di chiamarlo col suo nome.

il cancro. Lo scrivo a chiare lettere. Lo leggo con gli occhi sbarrati, con occhi attenti e furiosi. Non sono più colmi di quelle lacrime che mi ha portato. Non sono più spaventati i miei occhi. Io so chi è, io conosco questo mostro.
Lo conosco da vicino, l’ho visto assalire la persona che amavo di più al mondo. L’ho visto invadere la mia vita. L’ho visto annientare. L’ho visto creare distruggendo. L’ho visto nascere per poi uccidere.

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Un ossimoro insopportabile quando cerca di accingersi alla vita, specialmente se si tratta di quella delle persone a cui vogliamo bene. Una battaglia. Una sfida che sembra già persa. Un mondo che sembra già crollato. Un gioco di carte piegate all’indietro. Un filo tagliato.

“L’invenzione della madre”, di Marco Peano è un romanzo che racconta come madre e figlio siano uniti per la vita; proprio per la vita intera, sì, e anche per quella destinata a finire in un tempo più breve della felicità stessa.
Malattia. Amore. Due parole contrastanti, due parole che si escludono a vicenda. Due parole che quando coesistono rendono l’essere umani una piaga indelebile.

Mattia ha ventisei anni ed una vita normale. Una famiglia, una fidanzata, un futuro da costruirsi tassello per tassello. Questo almeno finché al suo mosaico non viene tolto un pezzo, per la precisione quello che tiene in vita la madre, una donna che ha portato con sé il cancro per dieci anni, un’anima destinata a lasciare tutto ciò che ama e che odia. Una persona a cui non rimane grande possibilità di scelta, un essere a cui il destino non ha chiesto cosa volesse fare della sua esistenza. La vicinanza tra malattia e scadere inesorabile del tempo rende il rapporto tra madre e figlio ancora più intenso che nella vita quotidiana: una madre che non è più in grado di proteggere, un figlio che non riesce ad accettare un tragico destino.

Chi riesce ad accettare una definitività alla vita? Chi accetta un limite entro cui vivere chi ama?

Un libro che parla di amore spassionato ed appassionato al tempo stesso. Un libro che parla di un destino ineluttabile che ci piomba addosso e dell’enorme capacità che riusciamo a ricavare da noi stessi per affrontarlo. Un libro che è empatia e realtà al tempo stesso. Un libro che insegna a chi non sa cosa significhi e ricorda a chi ha già combattuto contro situazioni così familiari.
Capita raramente che ci si chieda se valga la pena continuare la propria esistenza allo stesso modo; ad un certo punto qualcosa scava dentro di noi arrivando di colpo. Ad un certo punto il battito del nostro cuore si ferma per poi accelerare senza smettere mai. Ad un certo punto la vita smette di lasciarci imparare autonomamente ed inizia ad insegnarci.
Non c’è prontezza, non c’è capacità di essere migliori degli altri, non si sa mai come essere giusti o sbagliati in questo destino che ci chiede sempre di più rispetto a ciò che pensavamo ci presentasse.
Chemioterapia, radioterapia, cure palliative, metastasi, male incurabile. Le parole di cui prima conoscevi un mero significante, iniziano a farsi strada nei più profondi significati. Cosa vuol dire resistere alla malattia? Conviverci, senza avere mai la percezione di esserne capaci.
Viverla, senza lasciare che ci abiti.

E’ quando il tempo manca che non avvertiamo più il terreno sotto ai nostri piedi. E’ quando l’attimo fugge velocemente che non riusciamo più ad afferrarlo. E’ quando la cima sembra troppo alta che vorremmo scalare come dei robot per raggiungerla. Vivere il distacco e aumentare la vicinanza. Soffrire senza che la persona amata se ne accorga e raccontarle che va tutto bene. Essere forte, nonostante vorresti soltanto piangere di rabbia. Sorriderle, perché vale di più la serenità che può rimanerle di un nostro solo attimo di sfogo.
Lo spegnimento di una vita può darti la sensazione che le luci non sono mai state accese; Marco Peano racconta di un protagonista terrorizzato dall’idea di scoprirsi come non si è mai visto, se dovesse perdere una parte di sé. Un ragazzo che lascia la voglia di vivere a sua giovinezza cercando di ricordare ogni cosa e di portarla con sé per quando non ci sarà più.
Sei consapevole del fatto che non sentirai più certi odori, quelli odori così familiari. Che non ascolterai ancora una volta quella voce. Che non potrai litigare con lei di nuovo. Che non potrai riabbracciarla appena torni a casa. Che non aspetterai un momento più opportuno di altri per dirle che le vuoi bene.
Un bene che ti sembra di non aver mai provato. Un bene che ti sembra non poter conservare più dentro di te.

E’ un romanzo di crescita interiore, un romanzo che parla di amore, quello vero e più puro, quello con la “A” maiuscola.
In un vortice di emozioni, non c’è spazio per la razionalità. In un vortice di paura non c’è spazio per aspettare che passi. In un concentrato di ricordi, cerchi di afferrare la vita che hai paura di dimenticare perdendone un pezzo fondamentale. L’invenzione della madre racconta di un cambiamento di posizione: è uno spostamento tra genitore e figlio, in cui le garanzie di sicurezza le assume il secondo, per la prima volta. Un romanzo che racconta coraggio, un romanzo che racconta forza estrema.

La forza che trovi dentro per affrontare te stesso e chi ami di più. La forza che non eri consapevole di avere. Stupendoti, crescerai, diventando conscio di non voler più fermare gli attimi per un’eternità, ma ringraziando l’enorme possibilità che quel destino tanto crudele – nonostante tutto – ti abbia dato l’occasione di vivere.

“La malattia è il lato notturno della vita, una cittadinanza più onerosa. Tutti quelli che nascono hanno una doppia cittadinanza, nel regno della salute e in quello della malattia. Preferiremmo tutti servirci soltanto del passaporto buono, ma prima o poi ognuno viene costretto, almeno per un certo periodo, a riconoscersi cittadino di quell’altro paese”.

Susan Sontag

Cecilia Coletta

[Immagini tratte da Google Immagini]

“Salty girls”

Immaginiamo un famoso fotografo che lavora ad un progetto intitolato “Just Breathe: Fibrosi Cistica” ed immaginiamo che per farlo abbia a disposizione le modelle con cui lavora abitualmente: senza alcuna imperfezione e con poca coscienza di cosa dovrebbero rappresentare.

E’ questa l’attualissima vicenda di Ian Pettigrew, che ha deciso di scostarsi dalla consueta perfetta perfezione per realizzare una serie di foto di donne affette da fibrosi cistica, una malattia ereditaria definibile come un’anomalia nella secrezione del cloro.

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“Salty Girls”, letteralmente “ragazze salate”, il nome di questa vetrina di coraggio, forza ed umanità. Hanno posato più di sessanta donne in bikini o con mise molto eccentriche per gridare al mondo di non sentirsi diverse dalle altre e di voler essere considerate come tali.
Belle, naturali, spontanee: queste parole attraversano la mia mente mentre guardo i vari scatti. Non noto a prima vista le innumerevoli cicatrici che deturpano il loro corpo; mi colpiscono i loro sorrisi, le loro fossette sul viso, la spontaneità dei loro movimenti.

Condannate ad una vita che le mette alla prova ogni giorno, perché dovrebbero vivere la sequenza dei loro anni diversamente dagli altri?

“L’idea che esistano dei corpi di cui vergognarsi è ancora molto reale e diffusa”, afferma Ian Pettigrew all’Huff Post Usa. Troppo spesso queste donne sono vittime di discriminazioni, troppo poche le persone che al giorno d’oggi vogliono riuscire a combatterle. Il concetto di bellezza va oltre un fattore puramente estetico, va oltre la cornice e si coglie direttamente dentro al quadro stesso. E’ un concetto che in queste donne è imperante, dilagante oserei dire. E’ un’idea che urlano con le loro espressioni. E’ un messaggio che si legge chiaramente in ognuno degli scatti realizzati.
Ad ognuna di loro la malattia potrebbe essere al tempo stesso il più grande limite di vita e la maggior imperfezione: nascondere ciò che vedono diverso dalle altre donne potrebbe sembrare la soluzione più idonea. Eppure, grazie ad un coraggio da invidiare, mostrano i loro punti di debolezza, proprio perché consapevoli che in realtà sono soltanto simbolo di una forza estrema. Vivere esattamente come gli altri, non diventando schiave di un mondo costruito sulle diversità.

Sono figlie, sono sorelle, sono amiche, sono mogli, sono fidanzate, sono donne in carriera: sono esattamente tutto quello che sono le altre persone. No, anzi. Non soltanto. Sono assolutamente di più. Sono capaci di essere rappresentanti delle cicatrici che segnano i loro corpi, sono talmente determinate da sfidare una malattia di cui attualmente non esiste una via di guarigione definita. Combattono per ottenere una sperimentazione più avanzata, per loro stesse e per le altre donne. Combattono come tutte noi nei nostri ambiti e nelle sfide che ci poniamo.

Scatti che le raccontano, tuttavia non abbastanza: sono infatti destinati a diventare vere e proprie storie di vita raccontate in un libro. Non credo di poter comprendere fino in fondo quanto carattere ci voglia per affrontare ogni giorno, ogni momento, ogni secondo della loro quotidianità. So però per certo che non l’hanno privata di un altro genere di sale: quello della vita, quello del coraggio. Entusiasmante dev’essere prendere spunto da vite così, ammirarle fino a sostenerle. Imitare per quanto possibile la loro tenacia. Cogliere quella superiorità e quell’esperienza di vita che hanno, delineata in qualsiasi forma.

Non esistono difficoltà talmente grandi da non poter essere abbattute; ecco il concetto che rappresentano.

Volti ignoti che diventano noti anche al mondo che ignora una certa realtà.

Volti puliti che rendono un po’ meno forti le discriminazioni e un po’ meno sporca la spazzatura della rassegnazione. Volti di chi crede – ancora – in una prospettiva migliore.

Volti di reale bellezza. Volti di autentico coraggio.

Cecilia Coletta

[Immagini tratte da google immagini]

Selezionati per voi – MAGGIO 2015

LIBRI

Maggio. Odore di estate. Odore di serate davanti ai tramonti. Odore di libri letti e riletti. Odore di emozione. Odore di eventi. Odore di attese.

C’è sempre un mese per scoprire una novità, e prima di raccontarvi quelle letterarie di maggio 2015, vi segnalo un evento da non perdere: L’edizione 2015 del Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà da giovedì 14 maggio a lunedì 18 maggio. Pensata per giovani ed adulti, pensata per qualsiasi passione e qualsiasi genere, non potete assolutamente mancare!

Proposte del mese, da sfogliare pagina per pagina:

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La piuma – Giorgio Faletti

Il 4 luglio 2014 moriva Giorgio Faletti, scrittore best-seller. Faletti non era soltanto un grande scrittore, era un grande uomo, di quelli che al mondo si contano su una mano, e ti avanzano anche dita in più. Ad un anno dalla sua scomparsa, torna con uno scritto dolente, colorato di malinconia e rassegnazione: La Piuma. Definita una “favola morale” che ci dirige tra le bassezze degli uomini, fino a poter cogliere il senso più profondo e meno lineare delle cose. Perché il mondo è fatto di personaggi e punti deboli, volti di vergogna e colori poco innocenti. Uscita prevista: 15 maggio.

Perché tu non ti perda nel quartiere – Patrick Modiano

L’ultimo capolavoro del premio Nobel 2014 Patrick Modiano, romanzo in cui racchiude i temi a lui più cari, tra cui l’importanza della memoria e l’amore che sembra scordarsi solo apparentemente per tornarci ad aggredire non appena le nostre debolezze si lasciano andare. Il protagonista è Jean Daragane, uno scrittore parigino ormai anziano che vive in totale solitudine, lontano da tutto. Lontano dal mondo finché non gli squilla il telefono di casa, come per richiamarlo. Come per dirgli che non tutto se ne va per sempre, come quell’uomo che dalla parte opposta del telefono gli dice di aver ritrovato una sua vecchia agenda, persa sul treno, come sembravano persi i suoi ricordi. Uscita prevista: 26 maggio.

La stagione degli innocenti – Samuel Bjork

Già caso letterario in Norvegia, il nuovo thriller tinge le foreste del nord. Esordio di Samuel Bjork, uscirà in ventidue paesi. Si apre nello scenario di una foresta immersa nel silenzio, dove giace una giovane vittima impiccata ad un albero con appeso al collo un cartello dove c’è scritto “Io viaggio da sola”. La crudeltà e l’efferatezza del caso convincono a richiamare in servizio il veterano Holger Munch, uomo solitario e con una sfrenata passione per gli enigmi. Troppe cose si nascondono dentro di lui. Come dentro ad un caso ancora da risolvere.

Cecilia Coletta

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FILM

Maggio è uno dei mesi più amati dagli appassionati di cinema. Non tanto per la ricchezza di film in uscita, quanto piuttosto per l’inizio dell’attesissimo Festival di Cannes. Tappa imperdibile per scoprire quali saranno i migliori titoli della stagione. Aspettando la manifestazione francese potete scoprire nel frattempo i nostri tre consigli cinematografici per questo mese. Buona visione!

Leviathan di Andrei Zvyagintsev

Esce anche sugli schermi italiani l’ultimo film dell’acclamato regista russo, vincitore del Leone d’oro a Venezia per “Il ritorno” nel 2003. Viene dritta dal libro di Giobbe questa parabola umana di disperazione ma è asciugata completamente da qualsiasi forma di speranza o fiducia in Dio. I disastri nella vita del protagonista infatti si susseguono uno dopo l’altro ma non è tanto la volontà di Satana a metterlo alla prova, quanto più prosaicamente l’accanimento del sindaco di un piccolo villaggio russo, cioè della forma minore di potere statale che si possa incontrare. Zvyaginstev sfiora l’Oscar con un film perfetto sul piano formale, elegante e diviso con grande rigore in due parti. Forse non è la sua opera più riuscita ma resta comunque un film che merita di essere visto almeno una volta. USCITA PREVISTA: 7 MAGGIO

Mad Max: Fury Road di George Miller

Sarà presentato in anteprima mondiale proprio al Festival di Cannes il remake di un film che ha fatto storia. Ai confini più remoti del nostro pianeta, in un paesaggio desertico e desolato dove l’umanità è distrutta, e tutti lottano furiosamente per sopravvivere, Max è un uomo d’azione e di poche parole, che cerca pace dopo la perdita della moglie. Tra personaggi inquietanti e sequenze memorabili, si preannuncia un ritorno cult da non perdere. USCITA PREVISTA: 14 MAGGIO

Youth – La giovinezza di Paolo Sorrentino

Il regista premio Oscar per “La grande bellezza” torna a dirigere un film per il grande schermo. Si tratta di una storia ambientata in un elegante albergo ai piedi delle Alpi dove Fred e Mick, due vecchi amici alla soglia degli ottant’anni, trascorrono insieme una vacanza primaverile. Lo stile è quello caro all’ultimo Sorrentino, sempre attento a ricercare l’inquadratura ideale e la perfezione stilistica. Nel cast spiccano i nomi internazionali di Michael Caine, Harvey Keitel e Rachel Weisz. Staremo a vedere se anche questa volta uno dei registi nostrani più apprezzati all’estero sarà riuscito a fare centro. USCITA PREVISTA: 21 MAGGIO

Alvise Wollner

[immagini tratte da Google immagini]

Momenti di trascurabile felicità – Francesco Piccolo

Quanti istanti nel corso della nostra vita meritano di essere ricordati per la felicità con cui li abbiamo vissuti?

Pochi, penserete voi. Pochi, penserebbe chiunque in realtà. Esistono per brevi frazioni di tempo, contrapposti a quelli di enorme dolore. Sono quelli in cui ti dimentichi di tutto ciò che non funziona, in cui riesci perfino a dimenticare di esistere forse, in cui per un attimo smetti di sopravvivere.

E vivi. Irrimediabilmente, forse. Sconsideratamente, magari.

Ma tra i momenti di palpabile felicità e di lacerante dolore, ci sono dei momenti differenti. Quelli in cui ognuno di noi si ritrova nella quotidianità senza nemmeno farci caso. Quelli che si mimetizzano perfettamente nella sequenza delle nostre ore ordinarie. Sono nascosti, non capita spesso di notare che esistano.

Sono “Momenti di trascurabile felicità”, come li definisce Francesco Piccolo nel titolo della sua breve ed intensa introspezione del nostro essere. Proprio perché noi siamo continuamente, in una sequenza sospesa tra rimanere e divenire. Perché ci sono quelle sensazioni che – almeno una volta nella vita – abbiamo provato tutti. Ci sono quelle situazioni, ricorrenti e non, in cui non consideriamo il fatto che si possa realmente toccare con mano la felicità.

Tutte le persone che non sono belle, o che sono brutte, poi quando le conosci diventano più belle, sempre.

Gli sms dopo le undici di sera che dicono: «dove sei?», che significano molto di più di quello che dicono.

 La prima e l’ultima pagina di un libro.

 Le coppie che stanno insieme da tanto tempo e che giocano a carte in silenzio, la sera.

 Quando mi rendo conto che tra due persone c’è un amore segreto. Me ne accorgo quasi sempre, subito, da un gesto o uno sguardo. E mi piace, mi fa sentire complice.

 Le grandi librerie, perché puoi girare, toccare, sfogliare, senza nessuno che ti voglia dare un consiglio.

 L’odore di pane del primo mattino.

 Un litigio furioso per una questione di principio.

 Tutti i sogni di una notte, gli ultimi giorni da sindaco del sindaco, tutte le feste a sorpresa, e il rumore della carta da regalo quando viene scartata.

 Il fatto che nessuna donna al mondo riesca a ottenere dal parrucchiere la pettinatura che desiderava. 

 Tutte le donne nel gesto di legarsi i capelli.

Nessuno se ne rende mai conto, di questi stralci di vita: io non faccio mai caso a quando individuo al supermercato la fila che scorre più velocemente. Quell’attimo in cui ho la percezione di aver compiuto un’impresa eroica, pur essendo una cosa apparentemente da nulla. E la sensazione che provate quando qualcuno che vi ha superato in fila alle poste ha sbagliato sportello in cui andare? Quella piacevole sensazione di rivalsa impagabile, quasi più irruenta del bere un mojito ghiacciato su una spiaggia della Polinesia.

Eludere un divieto e non essere colti in flagrante; aspettare che lui o lei si faccia sentire perché in fondo noi l’abbiamo già fatto troppe volte. Un vissuto che si ripete, esattamente come un vissuto che può ancora sorprenderci. Stralci di pensieri quelli di Francesco Piccolo. Stralci che ci rendono tutti comuni nei gesti e al tempo stesso differenti nelle sensazioni.

Non amiamo mai abbastanza momenti apparentemente insignificanti, non amiamo mai abbastanza la possibilità di viverli. Ci concentriamo sulle piccole e grandi cose che non vanno, non considerando quegli impercettibili e minuscoli momenti di immediata spensieratezza.

Quante cose ci sfuggono di mano prima di toccarle con coscienza? Quanta vita perdiamo senza emozionarci? Ammiro chi sorride anche senza alcun apparente motivo. Ammiro chi afferra la vita a piene mani, ammiro chi si mette in gioco nonostante le difficoltà. Perché la vita viene concessa un volta soltanto, perché attimi importanti e insignificanti ci sopraggiungono soltanto una volta. Non perdersi nessun momento di trascurabile felicità, questo ci insegna questo breve libro di Francesco Piccolo.

Da tenere sul comodino, come per tenere a portata di mano la vita di tutti i giorni e quella di un minuto soltanto. Da tenere in tasca per trovare il coraggio di affrontare tutto ciò che ci pervade.

In un attimo si può trovare la felicità, tanto quanto in un momento più lungo. E’ sufficiente non dimenticarlo, perché significherebbe smettere di credere che valga sempre la pena di vivere la vita.

Cecilia Coletta

[immagini tratte da Google immagini]

Artisti di vita

A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio, sia che ciò avvenga per caso o intenzionalmente, non possiamo fare niente per evitarlo. 

Il curioso caso di Benjamin Button

Viviamo una vita nella piena convinzione di riuscire a segnare in agenda anche l’ora più insignificante della giornata. Agenda, ma che dico; ci sono il tablet, lo smartphone e il computer a ricordarci di aver annotato ogni cosa.
Agire in maniera programmata, sopravvivere per non vivere troppo rischiando di dimenticarsi gli impegni presi. Ogni giorno è considerato con un contagocce. Ogni giorno non è aria ma ore definite.
E a volte siamo perfino convinti che sia così, perché inconsapevoli che tutto ciò che abbiamo organizzato è disposto in quel modo apposito per essere sconvolto.

Passi veloci, passi che battono l’asfalto. Camminava Filippo in una grigia giornata di dicembre. Camminava verso il suo nuovo lavoro, aveva pianificato tutto nei minimi dettagli. Aveva preparato tutto, era pronto. L’orologio del nonno, il suo portafortuna da tempo immemore. I capelli tagliati al punto giusto, gli occhiali da sole che le aveva regalato Marta. Il sorriso non troppo ostentato eppure sicuro di esserci. Erano le otto e trentadue. L’orario era il migliore per essere puntuale. Aveva scandito ogni impegno preso, con dedizione e poca emozione. Era soddisfatto senza essere felice. Era realizzato senza rendersi conto della fatica che aveva fatto.
Navigava nel vortice delle sue cose da fare, quando all’improvviso si accorse di quella stupida dimenticanza. Un gemello soltanto ad un polso. E l’altro? Scordato.
Era presto, sarebbe riuscito a tornare indietro.
Corse le scale, varcò la soglia di casa, il gemello dimenticato era lì sul tavolo. Eccolo lì, che fortuna trovarlo subito. Proprio una frazione di secondo in fondo, non aveva nemmeno perso del tempo.
Scese in strada di fretta, per avere i minuti esattamente necessari per un caffè. Scese e fece per attraversare la strada.

Il taxi investì Filippo. In un attimo. Quel tassista che quel mattino era in anticipo, perché aveva litigato con la moglie e aveva deciso di uscire prima di casa. Quel tassista che correva più veloce del solito per fuggire dai suoi guai rinchiusi tra quattro mura. Un rumore di freni che non erano stati abbastanza pronti. Filippo era steso sull’asfalto, non si muoveva.

Rimase vivo Filippo, i medici dissero per miracolo. Chi lo sa se sia un miracolo rimanere vivi avendo perso l’uso delle gambe. Vivendo a guardare il mondo da una diversa prospettiva, smettendo di accontentarsi di sopravvivere e bramando la vita vera di ogni momento.

Una serie di coincidenze, un caso fortuito e ben poco fortunato. Chiamalo ingiusto, chiamalo sadico, chiamalo cinico. Ma pur sempre Caso. Come sarebbe vivere la propria vita da un’angolazione differente? Senza impegni e costruzioni, senza trattenere le emozioni e gioendo in un momento o sgretolandosi poco a poco?
Costruiamo idee, progetti a breve o lungo termine, non sapendo che la nostra vita è pronta a cambiare senza chiederci il permesso, non sapendo che i piani sono fatti per essere sconvolti e le aspettative per essere disattese. Conosciamo chi ci cambia la vita senza programmarlo. E perdiamo chi non ce l’ha cambiata allo stesso modo.
Io li ho visti quelli che vivono sul serio, quelli che guardano dalla prospettiva della Vita e non della mera sopravvivenza. Io li ho visti quelli che non dicono “Non ho tempo”, “Ho una serie di cose da fare”, “Devo annotarmi le cose da dire”, “Ho un progetto da realizzare in queste tempistiche” e “Voglio una relazione a queste condizioni”. Io li ho visti e li ho invidiati. Tremendamente.
Io li ho visti essere impegnati senza saperlo, li ho visti fare qualcosa e riuscire ad esserne appassionati. Li ho visti ricordare le cose che dovevano fare perché le volevano realizzare per davvero. Li ho visti viversi una relazione, li ho visti ascoltare davvero i loro amici, li ho visti baciare davvero chi amano.

Un musicista, quando suona, non annota lo scorrere del tempo. E’ immerso in una dimensione che gli altri non conoscono, la gente è lontana, i suoi timori non vivono in lui, ma escono. Non ha programmato con quanta intensità suonerà quella sera, né la sfumatura che darà al suo pezzo. Suonerà e basta, perché in quel momento si sentirà vivo.
E non farà tutto il possibile per finire di suonare velocemente perché ha un impegno successivo, perderà la cognizione di tempi e luoghi.

E’ la capacità di essere gli artisti della propria vita, non limitandosi ad esserne i meri esecutori. E’ la capacità di non scriversi il proprio destino, ma di realizzarlo con ogni mezzo.
Perché quando avremo scritto tutto – su quel tablet o su quello smartphone – qualcun altro verrà a cancellarlo. Perché quando avremo progettato e costruito, finiremo per scoprire che manca un pezzo.

Le maschere che creiamo e vengono tolte. Le idee che non ci fanno dormire ed esplodono in un sogno. Le persone che “accadono” nella nostra vita e ci cadono a pennello. Gli imprevisti che rivelano chi siamo per davvero.

La vita è un’avventura con un inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi, e tanti intermezzi scelti a caso dal caso. Roberto Gervaso

Cecilia Coletta

[immagini tratte da Google immagini]

Nemiche Amiche

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Cara Amica mia, inizio così la mia lettera, perché oggi – come mai prima – sento di poterti chiamare Amica.

Non è iniziata esattamente così tra noi due, non è stato “amore a prima vista”, non c’è stata intesa da subito e non c’è stata nemmeno quella che di solito mi piace chiamare empatia.
Siamo state nemiche, cara Amica mia. Siamo state nemiche per anni, potrei dire. Ne ricordo il motivo con precisione, ricordo quanto era difficile sopportare la presenza l’una dell’altra.

Ricordo il male che devo averti fatto e ricordo le parole pesanti che mi hai rivolto. Insulti e disprezzo, apparentemente il nostro “rapporto” si limitava a questo. Qualcosa non ci permetteva di esserci simpatiche; qualcosa o qualcuno, questo lo sai perfino meglio di me.
Ma non è questo ciò che oggi voglio raccontarti; quello di cui mi interessa parlare, infatti, è la seconda parte della nostra conoscenza.

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La lirica: un’eterna dicotomia

La prima volta in cui andai a vedere un’opera dal vivo, avevo circa poco più di dieci anni. Ero a Salisburgo, la “mia” prima opera fu il Don Giovanni di Mozart, opera che conoscevo a memoria, complice il lettore cd in macchina di papà.

Ero emozionata; finalmente mi sarei sentita davvero partecipe, finalmente le voci dietro ai dischi avrebbero avuto giustamente un volto, delle espressioni, delle movenze.

Aprirono il sipario: da lì iniziò una delle esperienze più belle della mia vita.

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