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catalogo

24 Mag 2018
Sticky Post By La valigia del Filosofo Posted in Articoli Recenti, Filosofia e bambini Permalink

Il catalogo universale: una metafora per giocare con l’ontologia

Sticky Post By La valigia del Filosofo On 24 maggio 2018

Quando ci domandiamo «che cosa esiste?», se non facciamo attenzione, possiamo cadere in due ordini di rischi che il filosofo Achille Varzi chiama miopia ontologica e xenofobia ontologica1. Il primo rischio consiste nel pensare che esistano solo certe cose per il fatto di non averne viste altre o perché non abbiamo mai pensato ad altre cose. Il secondo è analogo al caso degli abitanti di Flatlandia, il mondo bidimensionale narrato da Abbott, dove era inconcepibile l’esistenza di entità dotate di una terza dimensione: quando un Quadrato incontrò una Sfera e raccontò ciò ai suoi simili, fu considerato un folle e deriso2.

Se il primo rischio nasce da una sorta di provincialismo cognitivo, il secondo nasce da quel provincialismo antropologico che porta al centro dell’attenzione il proprio punto di vista. Il tentativo di sottrarsi a questi due rischi per descrivere il mondo così com’è fatto e non come crediamo sia fatto non è un compito banale. Ciò nonostante, sembra che alcune scoperte scientifiche vadano in questa direzione. Per fare un esempio, le neuroscienze, che assumono che la mente coincida coi processi cerebrali, hanno fatto un po’ di luce sulla natura degli eventi mentali: se prima non era molto chiaro cosa fossero le emozioni e i ricordi, adesso l’ipotesi più plausibile è che siano eventi fisici ben precisi, anche se resta difficile individuare leggi che associno a ogni tipo di evento mentale un evento fisico corrispondente.

Un secondo esempio, suggerisce Varzi, riguarda il metodo, in particolare la possibilità dell’analisi e si serve della logica intesa come analisi razionale del discorso. Si tratta, di fatto, della possibilità di riformulare, con l’aiuto della logica, enunciati che sembrano far riferimento a entità dubbie. Per riprendere un classico esempio del filosofo Morton White3:

(1) C’è una differenza di altezza tra Giovanni e Maria.

non ci obbliga a includere nella nostra ontologia le differenze di altezza. Certo, si può prendere (1) alla lettera e adottare una tecnica introduzionista, per cui si possono includere tra le entità esistenti anche le differenze di altezza; oppure si può propendere per una tecnica eliminativista e parafrasare (1) semplicemente con l’enunciato:

(2) O Giovanni è più alto di Maria o Maria è più alta di Giovanni.

dove (2) presenta le stesse condizioni di verità di (1).

C’è una metafora aristotelica che Broad adotta nel suo tentativo di riassumere il compito delle scienze4: dato che il compito della scienza è quello di fornire una descrizione completa dell’universo, è necessario redigere un catalogo di tutte le entità che devono esistere affinché la descrizione risulti vera.

Molti filosofi hanno ripreso questa metafora e l’hanno applicata alla ricerca ontologica, individuandone l’obiettivo principale nella redazione di un inventario che sia completo e realistico, ossia che non includa entità esclusivamente immaginarie.

In quest’ottica La valigia del filosofo, progetto di logica e filosofia per bambini e ragazzi, riprende la metafora del catalogo universale per riproporla nei suoi laboratori. Assumendo diverse forme nei giochi proposti, la redazione di un catalogo da parte dei bambini e dei ragazzi ha come obiettivi quelli di facilitare lo sviluppo dei processi di generalizzazione, familiarizzare con i processi di astrazione e stimolare la creatività intellettuale e il pensiero critico.

Naturalmente, individuare un catalogo in ogni sua parte completo, definito una volta per tutte, sembra un’utopia. Si può pensare, piuttosto, di proporre un inventario che rifletta i limiti dei suoi redattori e che sia aggiornabile di volta in volta. Inoltre, come suggerisce Varzi, per evadere dal rischio di presunzione, può risultare conveniente adottare una prospettiva che ha l’obiettivo non tanto di rivelare, piuttosto di definire la forma logica e le condizioni di verità di un enunciato: in altre parole, senza pretendere di trovare l’unico modo corretto di intendere il vero significato di un enunciato A, occorre cercare il modo più ragionevole di intendere A, cioè cercare un altro enunciato B che attribuisca ad A una semantica chiara e al riparo da equivoci. Un po’ come accade nel mondo di Humpty Dumpty, il significato delle parole che usiamo dipende, in fin dei conti, da una nostra decisione5. E l’analisi logica resta uno strumento importante che può aiutarci a prendere questa decisione.

 
La valigia del filosofo

NOTE
1 A.C. Varzi, Il catalogo universale, in Finzi, R. & Zellini, P., Forme della ragione, CLUEB, Bologna, 2008, pp. 91-113.
2 E.A. Abbott, Flatlandia. Romanzo fantastico a più dimensioni, Adelphi, Milano, 1966.
3 M.G. White, Toward a Reunion in Philosophy, Harvard University Press, Cambridge (MA), 1956.
4 C.D. Broad, Scientific Thought, Routledge & Kegan Paul, London, 1923.
5 L. Carroll, Through the Looking-Glass, and What Alice Found There, in Gardner, M. (a cura di), The Annotated Alice, W.W. Norton & Co., New York.

 

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Il catalogo universale: una metafora per giocare con l’ontologia maggio 24th, 2018La valigia del Filosofo
10 Apr 2017
Sticky Post By Luca Mauceri Posted in Articoli Recenti, Philovintage Permalink

L’antico che è in noi: i “Caratteri” di Teofrasto

Sticky Post By Luca Mauceri On 10 aprile 2017

Ogni volta che categorizziamo, cataloghiamo, raggruppiamo e selezioniamo, c’è un po’ di Aristotele in noi. È a lui che infatti dobbiamo la formulazione della dottrina delle categorie, che permette di dare la forma al mondo per come è, come lo vediamo e come lo conosciamo, secondo la sua sostanza, la qualità, la quantità, la relazione.

La sua fortunata intuizione ha permesso di porre basi culturali completamente nuove che fino ad oggi ci connotano come civiltà progredita e soprattutto scientifica. Come infatti sarebbe pensabile la sistematizzazione e la sperimentazione tipiche del metodo scientifico senza la schematizzazione del mondo e dei suoi enti?

Questo approccio, oltre a questa incalcolabile influenza, ci ha potuto donare già dall’antichità opere molto particolari. È il caso dell’opera più conosciuta di Teofrasto, discepolo e amico di Aristotele, nonché continuatore della sua scuola e del suo pensiero. La sua opera più celebre e a noi arrivataci integra, i Caratteri, non è che un breve trattatello di fenomenologia dei costumi, come si direbbe oggi, che colleziona e descrive accuratamente una buona quantità di atteggiamenti, inclinazioni, vizi, profili psicologici della Grecia del IV secolo a.C. Si ha modo così di sapere cos’era solito dire e fare lo zoticone ateniese del tempo, quali fossero le chiacchiere superficiali della piazza, cosa cercassero gli avari e gli scalatori sociali di allora. Ma anche quali erano le paure, le credenze, le scaramanzie, tutto con il sottofondo e l’atmosfera di quella che è stata forse la civiltà più interessante in assoluto: nella lettura sembra di sentirne il chiacchiericcio delle piazze, il rumore dei carretti per le strade, il vento fresco appena fuori dalle porte cittadine, i profumi del mercato.

L’impostazione dell’opera è evidentemente aristotelica, strutturata a catalogo e descrizione scientifica dei caratteri dei suoi contemporanei. Ma data l’impostazione e l’oggetto studiato si ottiene un miscuglio davvero sui generis a livello di tipologia di scritto e di tono. Teofrasto non vuole essere lezioso e moralista, ma quasi suscitare il riso per i suoi lettori di allora e per quelli di oggi: chi non sorriderebbe al fatto che anche in quei tempi la gente andava in giro dicendo «la gente d’oggi è molto più cattiva di una volta» o che «in città ci sono troppi stranieri»? E proprio in questo sta la preziosità di un testo più unico che raro come questo: utilizzare un metodo semplice e diretto, quasi schematico, da ragioniere, per far entrare il lettore in un luogo e in un tempo lontani, mostrandone l’estrema vicinanza e somiglianza a noi. Che di questa somiglianza, che mostra il fatto che dopo tutto gli uomini non cambiano mai, dovremmo rallegrarci all’infinito o deprimerci sconsolatamente, non è dato sapere. A ognuno la propria scelta.

Ma resta il fatto che sapere in cosa non possiamo essere cambiati e cosa non può essere eliminato a livello sociale, psicologico e culturale, può dare ottimi spunti per il nostro sapere e il nostro fare in quanto uomini del terzo millennio, pieni di aspettative e progetti forse troppo campati in aria e ambiziosi.

Concederci una passeggiata leggera tra le pagine dei Caratteri insegna a saperci prendere un po’ in giro e di riflesso anche a capire dove e quando essere seri.

 

Luca Mauceri

 

[Immagine tratta da Google Immagini]

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L’antico che è in noi: i “Caratteri” di Teofrasto giugno 16th, 2019Luca Mauceri
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