La filosofia dietro le note di “Lento/Veloce” di Tiziano Ferro

Sono in macchina, accendo la radio e parte il nuovo singolo di Tiziano.

Scriverti è facile, è veloce
Per uno come me.
Non temo mai le conseguenze, amo le partenze.
 
Ridere è difficile, è lento
E fosti un imprevisto.
Un angelo in un angolo mi strappò un sorriso vero.
 
Starò ancora bene veramente veloce o lento.
Appena smetterò di domandarmelo suppongo.
Veloce/Lento1 non è solo una canzone ma anche una riflessione celata di filosofia di vita a ritmo di musica, che sarà protagonista proprio di questo promemoria filosofico.
Si parla di tempo, o precisamente dello scorrere del tempo, i richiami sono certamente legati a Eraclito (vedi articolo Tutto passa), ma già dal titolo si può intuire che Tiziano Ferro vuole focalizzare l’attenzione su una chiara domanda e dà la sua risposta: come scorre il tempo? Veloce e lento.
 
Ascoltando più volte il tormentone estivo, si può cogliere questa analisi nel testo del cantante di Latina. Il tempo passa veloce in certi casi e in altri sembra non passare mai. Da qui è semplice e quindi veloce scrivere al destinatario delle strofe per il cantautore per esempio, ma è anche in un attimo che si può commettere un errore e rovinare un rapporto per incomprensioni oppure perdersi nell’innamorarsi e dimenticarsi di sé, riprendendo sempre il testo. In certe situazioni anche succede di accelerare il passo, si prendono decisioni di fretta d’istinto e di petto senza ragionarci tanto, di cui alcune volte ci si potrebbe pentire, ma non sempre.
 
In altre occasioni invece il tempo passa ma pare rallentato: è difficile trovare un momento per ridere in una giornata piena di tensioni o semplicemente ci vuole tanto tempo alcune volte per imparare certe lezioni che la vita ci offre, nonostante l’esperienza. Tiziano descrive anche come lento il tempo passato assieme ad una persona per non sentirsi soli, soffermandosi su quelle relazioni non realmente autentiche e sentite dal vivo, che si creano per colmare quei vuoti di solitudine che si possono provare nell’esistenza. Ma anche per amare ci vuole tempo: l’amore evolve negli anni, dallo stato d’innamoramento si scopre e si consolida l’amore, piano piano in tutte le sue sfaccettature.
 
È forse da quest’ultimo pensiero che pulsa il cuore della canzone, durante ogni giorno solo alla fine possiamo capire come abbiamo vissuto il nostro tempo, con quale intensità lo abbiamo attraversato e quale importanza ha avuto per noi. Malgrado questa riflessione, si sa, non si può tornare indietro e non ci resta che protenderci sempre al futuro e, in questo caso, all’estate che verrà.
 
Infine prima di chiudere, prova pensare anche tu a quali situazioni vivi con più gradualità e senti lento il loro succedersi nel tempo e a quali momenti nella tua vita invece volano veloci e neanche te ne accorgi: magari quando ascolterai questa canzone, un particolare ricordo ti verrà in mente e quel pensiero, se sarà felice, riuscirà a strapparti un fugace sorriso.

Al prossimo promemoria filosofico

Azzurra Gianotto

 NOTE
1. Link ufficiale del video della canzone.
 
 
 
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Occidentali’s Karma: una lettura del tempo presente

L’ultima serata del festival di Sanremo ha celebrato la vittoria del brano Occidentali’s Karma di Francesco Gabbani. Sin da quel momento la canzone ha cominciato ad essere trasmessa in moltissime radio, celebrata in televisione e condivisa sui social network. Il ritmo travolgente e i passi che la caratterizzano l’hanno fatta divenire un vero e proprio tormentone. Una di quelle melodie che appena ci entrano in testa a fatica ci abbandonano.

Il successo di questa canzone e dell’uso che ne viene fatto sembra esclusivamente legato alle poc’anzi citate peculiarità di ritmo, passi e melodia. Tuttavia, a colpire l’attenzione di coloro che si occupano di pensiero e di esseri umani, non sono solamente queste caratteristiche, quanto piuttosto le parole che compongono il testo. Ponendo attenzione al brano, infatti, è possibile scorgere una lettura lucida e profonda del nostro tempo. Il presente della civiltà occidentale risulta infatti caratterizzato da un vuoto di senso che cerchiamo di colmare con ogni mezzo, senza renderci conto che riempiendolo in modo vago e superficiale lo destituiamo ancor di più del proprio senso. Ne è un esempio la rincorsa superficiale alle filosofie orientali («lezioni di Nirvana, c’è il Buddha in fila indiana») che, come affermava già alla fine del secolo scorso Francesco Guccini «da noi nascondono soltanto un vuoto di pensiero». Le religioni orientali, vendute e usufruite come pillole per medicare le ferite dell’anima, estrapolate dal profondo percorso interiore che esse richiederebbero, vengono banalizzate nella loro profondità, saggezza e spiritualità.

Seguendo il brano di Gabbani, è poi possibile evidenziare un altro tratto della nostra civiltà, vale a dire la cultura di massa («la folla grida un mantra»). Ogni aspetto dell’esistenza risulta massificato, ciascuno fa ciò che fanno gli altri, desidera ciò che gli altri desiderano. Questo è il conformismo della nostra epoca che ci rende simili a degli automi monodimensionali, tesi al consumo di ogni aspetto della vita, dal corpo alla sessualità, dal cibo alla ricerca del piacere che diventa ostacolo a se stesso. Ed è proprio qui che «l’evoluzione inciampa».

Altro aspetto sociale, emergente nel testo, riguarda la diffidenza e la paura dell’altro («mettiti in salvo dall’odore dei tuoi simili»). La nostra cultura fa dell’altro uno scarto e non una risorsa, senza capire che la gioia di vivere si celebra proprio nell’incontro con l’altro da noi. Il prossimo, il più vicino. Una società, la nostra, che inneggia all’egocentrismo, dimenticando che l’uomo è un animale sociale e politico, che per poter vivere ha bisogno dell’altro e di tutto ciò che da questa relazione deriva: riconoscimento, attenzione, cura, partecipazione, empatia, affetto, amicizia, amore. Dimensioni che caratterizzano il fondamento ontologico dell’umano e che nessun prestigio sociale, nessuna affermazione politica o nessun tipo di denaro, possono sostituire.

Altro tratto tipico del nostro tempo è, per Gabbani, l’umanità virtuale. Oggi infatti internet e i social network sembrano sostituire i veri rapporti umani, che non possono nutrirsi di virtualità, ma che spesso vengono costretti in questa condizione dall’imperio della tecnica e della tecnologia. Diversamente dall’ideologia vigente, le autentiche relazioni umane si nutrono  di incontri, parole, chimica degli sguardi, carne e fiato. Mentre l’umanità virtuale si nutre di apparenza, non di sostanza, di avere e non di essere. Oggi infatti, ciò che la società impone come condizione esistenziale necessaria è il possesso, l’immagine stereotipata di corpi perfetti e carriere di successo, lusso, sfarzi ed eccessi. Indicatori di una “bella vita”. Ma, canta Gabbani, è proprio quando «la vita si distrae», si dirige verso l’effimero, il vuoto e l’eccesso che «cadono gli uomini». Frustrando la volontà di significato e abdicando il pensiero autonomo essi vengono meno rispetto alla propria essenza. L’uomo infatti è animato dalla volontà di cercare e trovare un senso alla propria vita e nel momento in cui si adagia al già dato, al vigente, dimentica la propria essenza e smarrisce l’orizzonte della bellezza che, già per Platone, era la strada maestra verso la verità.

Già nel 1486, Pico della Mirandola nell’Oratio de hominis dignitate, affermava che all’uomo viene data la più grande delle libertà, quella di scegliere se vivere un’esistenza alla stregua delle bestie o se elevarsi a dimensioni superiori. L’uomo può scegliere se orientarsi verso la “bella vita”, fatta di istinti, superficialità, effimero, vuoti colmati con banalità e apparenza oppure orientarsi verso una vita bella condotta all’insegna dell’insaziabile ricerca dell’infinito e della bellezza celati nell’essenzialità di ogni minuscolo, ma preziosissimo, aspetto dell’esistenza.

La cultura e il pensiero sono i vettori per cambiare lo sguardo su noi stessi e sul mondo, per penetrare il mistero della nostra esistenza, per guardarlo con gli occhi della meraviglia che ci invita alla riflessione e all’adesione ai veri valori che possono dare senso alla vita. Infine l’educazione estetica, l’educazione alla bellezza, che come affermava Schiller «dovrebbe poter presentarsi come una necessaria condizione dell’umanità». Solo la bellezza infatti permette di elevarsi al di sopra del vuoto dello status quo, che il testo del cantautore toscano ha tragicamente evidenziato.

«La scimmia si rialza» conclude con fiducia Gabbani. È nelle possibilità dell’uomo infatti riemergere dalle ceneri che egli stesso ha creato, ma questo dipende dalle scelte che ogni singolo compie quotidianamente. L’uomo può elevarsi, oppure continuare a vivere come una “scimmia nuda”, un animale (poco) evoluto. A coloro che non si elevano, che rinunciano ad essere uomini, che si compiacciono di essere semplicemente scimmie nude o bipedi implumi, Schiller ricorda: «colui che non osa elevarsi al di sopra della realtà non conquisterà mai la verità».

 

Alessandro Tonon

 

[immagine tratta dal video musicale]

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Occidentali’s Karma: chi è la scimmia nuda?

C’è poco da fare, d’ora in poi capiterà spesso di avere nelle orecchie il motivetto del brano vincitore del festival della canzone italiana. Una di quelle canzoni che entrano in testa senza chiedere il permesso, prive di riguardo. In molti si ritroveranno a canticchiarla, più o meno consapevolmente.

Critica in musica pop degli aspetti controversi della società digitale, Occidentali’s Karma dichiara sin dal titolo di voler riflettere sul destino della civiltà occidentale, su quello che l’uomo moderno potrà raccogliere, considerati i semi che sta seminando.

Lo fa cospargendo il suo testo di un retrogusto intellettuale: attinge con ironia al linguaggio delle filosofie dell’ovest e dell’est, all’arte e alla letteratura, costruendo una costellazione di easter egg colti.

A chi non è capitato di provare un misto di invidia malcelata e di fastidio per la saccenteria, davanti a qualcuno che con naturalezza riesce ad accostare al proprio pensiero le citazioni di personaggi illustri? Sapevatelo, oggi Gabbani regala a tutti la possibilità di sfoggiare una folta sequenza di rimandi culturali.

Ecco l’origine del significato di dieci riferimenti presenti in Occidentali’s Karma, dieci punti da leggere per cantare la canzone, citando responsabilmente:

1.
Essere o dover essere
Il dubbio amletico

Il principio della canzone si spiega da sé: richiama l’opera, anche se tralascia l’autore. Ma la fama della citazione è tale che la spiegazione suona quasi superflua: è naturalmente il «To be, or not to be», tratto dall’Amleto di William Shakespeare, la battuta che apre il soliloquio in cui il protagonista pondera sull’indecisione tra azione e inazione.

2.
Comunque vada panta rei

Pánta rêi: aforisma greco che si traduce come “tutto scorre”. È l’espressione utilizzata per riassumere il pensiero del filosofo greco Eraclito, il filosofo del divenire, che concepisce il l’esistenza del mondo che ci circonda come un continuo mutare, un flusso sempre diverso in cui la realtà di ogni istante è in perenne evoluzione.

3.
And singing in the rain

Con pánta rêi, fa rima e c’è, stacce, direbbero Lillo e Greg. Riferimento proveniente dall’ambito della settima arte. È il titolo del film e della canzone protagonista della pellicola: stiamo parlando di Cantando sotto la pioggia, il film del 1952 diretto e interpretato da Gene Kelly. Inserito nel testo di Gabbani, richiama anche un’altra celebre frase, attribuita all’artista Vivian Greene: «Life isn’t about waiting for the storm to pass… It’s about learning to dance in the rain».

4.
Lezioni di Nirvana
C’è il Buddha in fila indiana
La folla grida un mantra
Occidentali’s Karma
Namasté Alé

Carrellata di terminologia in sanscrito, la lingua dei testi classici della religione e della filosofia indiana. Uno per uno in fila (fila indiana, appunto):
Nirvana: Associato ai significati di “estinzione”, “libertà dal desiderio”. È lo stato finale dell’esistenza professato dalla dottrina buddhista, lo stato di cessazione di ogni dolore.
Buddha: Significa “risvegliato”. È l’essere che ha raggiunto il più alto grado dell’illuminazione.
Mantra: formula verbale rituale, composta dai versi tratti dai testi sacri dell’induismo, recitata con una funzione mistica, di preghiera o di meditazione.
Karma: traducibile come “azione”, si riferisce all’interpretazione induista del principio di causa-effetto, a cui è associata una connotazione morale.
Namaste: saluto di origine indiana che significa “mi inchino a te”.

5.
Per tutti un’ora d’aria, di gloria

Ricorda le parole profetiche rese celebri da Andy Warhol: “Nel futuro, ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità”.

6.
L’evoluzione inciampa

Seconda delle tre grandi umiliazioni inferte all’umanità e alle concezioni che descrivono il posto dell’uomo nel cosmo (assieme a quelle firmate Copernico e Freud). La teoria dell’evoluzione, del naturalista inglese Charles Darwin, fissa l’origine della specie umana nella realtà animale dei primati.

7.
La scimmia nuda balla

Nel 1967 lo zoologo Desmond Morris pubblica il saggio La scimmia nuda. Studio zoologico sull’animale uomo. Nel testo descrive l’uomo come una delle 193 specie di scimmie esistenti, primate tra i primati, animale nella sua essenza, e diverso per lo più per il fatto che la sua pelle è sprovvista di peli. Per questo appare nudo rispetto alle bestie sue simili.

8.
Piovono gocce di Chanel
Su corpi asettici

Questa volta l’ambito è quello della cultura generale, che rievoca la risposta di Marilyn Monroe alla domanda di una storica intervista. Al quesito del giornalista: «Cosa indossa per andare a letto? Un pigiama? Una camicia da notte?» rispose «Due gocce di Chanel N°5».

9.
Coca dei popoli
Oppio dei poveri
 

Karl Marx, autore del Manifesto del partito comunista accosta la pratica religiosa all’assimilazione di sostanze che confondono l’intelletto. Scrive in una delle sue opere: «La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli».

10.
Quando la vita si distrae cadono gli uomini

In questo ultimo passo possiamo intravedere una reminiscenza delle parole del filosofo Friedrich Nietzsche, che in un passo di Cosí parlò Zarathustra, il testo dove viene espressa la dottrina del superuomo, scrive: «Io amo coloro che non sanno vivere anche se sono coloro che cadono perché essi sono coloro che attraversano».

I versi della canzone attingono a un patrimonio di sapere che attraversa le epoche, le culture e le regioni del mondo. Forse nel successo di questo brano si può intravedere un desiderio inappagato di profondità culturale, compensazione della pratica continua della superficialità che tanto critica il testo di Occidentali’s Karma. O forse è stata innalzata sul podio solo perché ci piace vedere una scimmia ballare su un palco. Probabilmente le due cose non si escludono.

O forse ancora, se l’essere è, e il non essere non è, è semplicemente perché Sanremo è Sanremo.

P.S. La scimmia nuda, sei tu.

 

Matteo Villa

 

Link YouTube per riascoltare la canzone

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Napoli da oggi è di un colore in meno.

noi che abbiamo un mondo da cambiare
noi che ci emozioniamo ancora davanti al mare

Sono napoletana. Ma la mia città l’ho lasciata molto tempo fa.

Non sono una di quelle con il Vesuvio sul desktop. Non di quelle con l’eterna sindrome dell’emigrante. Non di quelle che giustificano tutto con il “però, guarda che mare”. No. Sono rigida più di uno svizzero nei confronti della mia città. Sono diventata piena di giudizi e pregiudizi. Talmente tanti da trasformarmi anno dopo anno nella più banale delle frasi: “quando ci vivi, non te ne accorgi perché sei assuefatto, ma poi quando te ne allontani ti rendi conto di quanto si viva male”. O ancora peggio “in estate, si, ma per il resto no”.

Eppure stamattina anche io ho avuto  “un nodo in gola”, come tanti dei miei contatti Facebook hanno scritto. E per la prima volta dopo molto tempo, forse mai, ho sentito scorrermi dentro il Vesuvio, il mare, i Quartieri Spagnoli che “li puoi fare tanto non ti succede niente”, Piazza Plebiscito, il Vomero, la salumeria, il fruttivendolo, la pausa pranzo al sole, il traffico pieno di clacson, il vivere alla giornata, i luoghi comuni così tragicamente veri.

Ci sono persone che hanno avuto il coraggio e la forza di rimanere a Napoli, nonostante tutto. Persone che se si fossero spostate anche solo di 200km avrebbero potuto fare mille volte tanto. Persone che non sanno cosa significhi avere la libertà di tornare a casa alle 4 di notte senza paura.

Eppure rimangono a Napoli. A raccogliere le carte sporche. Provando a trasformarle in fiori. A colmare i vuoti di chi come me ha preferito andare altrove. Perché è più semplice.

Pino Daniele se ne va. E tu dalla tua Roma, dalla tua Milano, dalla tua Londra, non sai perché, ma ti senti quasi in colpa.

E in un attimo lo capisci: tu non sei di Napoli. Tu sei Napoli. Ovunque andrai. Ogni volta che ne parlerai. Ogni volta che ne sparlerai. Ogni volta che ti mancherà. Proprio come oggi.

Donatella Di Lieto

[Le opinioni espresse sono a carattere strettamente personale/ Views are my own]

[Immagini tratte da Google Immagini]

Domani 6 gennaio ci sarà il Flash mob “TUTTA NAPOLI SALUTA PINO DANIELE”, piazza del Plebiscito,ore 20:45. Il saluto in una canzone: Napul’è. I Il link dell’evento: https://www.facebook.com/events/791047764300487/