Uno sguardo diverso sul mondo Pop: l’esempio italiano

Roma, anni ’60, alcuni artisti sorseggiano una bevanda calda presso caffè Rosati, in piazza del Popolo, conversando sul loro tempo, sulle nuove tendenze culturali del periodo. Sono gli artisti che hanno segnato la storia della Pop Art in Italia: Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Giosetta Fioroni, Lucio Del Pezzo, Renato Mambor, Enrico Baj, Titina Maselli; uomini e donne che hanno dato nuovi sensi e significati all’arte contemporanea, interpretando un mondo in continua evoluzione, sullo sfondo di una capitale che è centro del dibattito culturale del periodo. Se la Roma degli anni ’60 manifesta una profonda ripresa economica dopo le Grandi Guerre, facendosi portavoce delle rivoluzioni mediatiche (dal cinema alla televisione), anche gli artisti emergenti sentono la necessità di esprimere la realtà del tempo, accordandosi con un momento storico in cui l’arte pretende una svolta, necessita di un forte cambiamento. Nascono in questo modo capolavori come gli Argenti di Giosetta Fioroni, le rappresentazioni del paesaggio urbano di Cesare Tacchi, le opere in plexiglass di Gino Marotta che, nella commistione tra materiali industriali e soggetti quotidiani, propongono uno stile nuovo, al passo con i tempi.

Un vento di cambiamento, dunque, quello che si respira nella Roma degli anni ’60, sebbene permane quella sensazione di una italianità che non rinuncia alle proprie origini pittoriche, come ben esprimono le opere di Mario Schifano, il “nostro Andy Warhol”. Una Pop Art diversa dalla sua controparte americana, più intimistica, legata all’ambiente in cui nasce e cresce e al passato culturale da cui trae le mosse e da cui non può prescindere.

Dai primi moti, fino al trionfo con i tre grandi artisti: Angeli, Festa e Schifano; dalle opere di piccole dimensioni fino a quelle monumentali: questo il percorso che è stato costruito all’interno della mostra situata presso il Museo Civico di Asolo, visitabile fino al 2 aprile 2018.

recensione mostra schifano pop art asolo_La chiave di Sophia

Un panorama composito che, nella varietà di volti, scolpisce con completezza un periodo storico, una corrente e una geografia. Il tutto coronato dalla presenza di alcune tra le opere più significative del protagonista di questo movimento: Mario Schifano.

Egli interpreta la realtà seguendo il gusto di colui che ha colto i sentimenti di un’epoca, senza rinunciare alle proprie origini e alla propria identità. Oggetto della sua indagine diventa tutto ciò che lo circonda, in primis la propria città natale, Homs, centro di molteplici rappresentazioni da lui realizzate. Ciò che colpisce di Schifano è la capacità di dare vivacità e dinamismo all’immagine, grazie all’utilizzo di colori vivi, abbondantemente distribuiti sulla tela. Non c’è risparmio di colore nelle sue opere, le pennellate colpiscono letteralmente il supporto, creando increspature, conferendo tridimensionalità e giochi di luce e ombra. Da ciò deriva quella “pittoricità” dell’immagine, come è stata definita dalla critica, che differenzia Schifano dal grande luminare del mondo pop: Andy Warhol.

Pur non estraneo dalle logiche di produzione in serie e dalle influenze dei mass media, Schifano sceglie di non emulare in tutto e per tutto Warhol, ma conserva la volontà di rimanere in primis pittore, abbandonando la scuderia di Leo Castelli, che gli chiedeva di realizzare loghi o paesaggi anemici, troppo riduttivi per il suo istinto artistico. Una figura cardine per capire dunque il paesaggio entro cui si sviluppa questa corrente, dai risvolti davvero significativi per la storia dell’arte.

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Il percorso prende le mosse dal primo piano del Museo Civico ed è corredato di fotografie storiche, che mostrano gli artisti immersi nel loro tempo. Il visitatore che sale è trasportato in una realtà a più livelli, varia anche nella tipologia di materiali che vengono utilizzati. Un viaggio emozionale che vuole scolpire il movimento Pop a tutto tondo, non tralasciando nulla di quelle che sono le caratteristiche dei protagonisti e della loro arte.

Tutto questo fino al 2 aprile, ad Asolo.

 

Anna Tieppo

 

[Tutte le immagini sono di proprietà dell’autrice]

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Dalla fama, per la fama: Andy Warhol in mostra ad Asolo

Genio, sregolatezza, anticonformismo, tre parole per esprimere uno degli artisti più noti e amati della Pop Art: Andy Warhol. Fondatore della Factory, autore di famose serigrafie, Warhol ha scosso il panorama artistico americano degli anni ’60, esprimendo con innovazione la realtà del tempo, facendosi interprete di un mondo e delle sue contraddizioni. Marylin Monroe, Aretha Franklin, Mick Jagger sono solo alcuni dei volti riprodotti con ripetitività incalzante nelle sue opere, oggi visibili presso la mostra ospitata al Museo Civico di Asolo, aperta al pubblico dal 28 gennaio al 17 aprile 2017 e che segna i 30 anni dalla morte. Un evento da non perdere, che permette al visitatore di viaggiare nel tempo e nello spazio, per immergersi nell’America di cinquant’anni fa, negli anni del boom economico e del successo dei mass media.

Il percorso ha inizio nelle sale antistanti a Sala della Ragione, dove è situata la mostra vera e propria. Il turista viene dapprima avvicinato alla realtà di Warhol con una serie di immagini e didascalie che offrono alcuni scorci sul suo mondo e su quello dei suoi collaboratori, rivelando momenti di vita, aneddoti interessanti di un passato in fondo non così lontano da noi.

«Nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti».

«Non è forse la vita una serie di immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?»

«La pop art è un modo di amare le cose».

Queste sono solo alcune delle citazioni che lo ricordano, che rendono indelebile l’immagine dell’uomo eccentrico, dai capelli color paglierino, che era solito indossare scarpe da tennis anche in situazioni ufficiali. Un uomo e un artista che ha fatto storia e che è riuscito a cogliere intimamente ciò che lo circondava, rappresentandolo in opere innovative. Da questi primi spunti, che si possono intuire già nella rassegna di fotografie all’ingresso, il visitatore è spinto poi ad addentrarsi nel cuore della mostra, dove sono ospitate più di cinquanta opere originali, quasi tutte serigrafie accompagnate da poche litografie, che ripropongono gli aspetti salienti della sua arte: dalla ripetitività alla riproduzione degli oggetti di consumo, dalla ritrattistica ad omaggi che ricordano i più famosi artisti dell’epoca. Si tratta di opere che provengono da tre collezioni private, due venete e una lombarda, non visibili in altri musei. Un evento che permette dunque di toccare la sua produzione da molte angolature, di conoscere a tutto tondo la sua arte, anche quella inedita, se non fosse soltanto per la presenza dei libri che occupano un intero angolo della grande sala.

Ma addentriamoci ora più a fondo nella sua opera: che cosa rende Warhol davvero Warhol? La serigrafia, innanzitutto: la tecnica di stampa da lui utilizzata per simulare la produzione in serie, la corsa verso la massima redditività e il massimo consumo, calzante rappresentazione dell’America del tempo; la scelta di soggetti noti, in secondo luogo, sia nell’ambito del cinema che in quello alimentare: da Marylin Monroe alle lattine Campbell, da Mao Tze Tung alla famosa Coca-Cola, la bevanda più nota agli americani. Tuttavia si può dire che Warhol non sia solo questo, ma molto di più: egli è ricerca profonda e sofferta della fama, unico antidoto contrapposto al fantasma della morte, è rottura con il pensiero artistico precedente, è infine interesse per gli affari: «essere bravi negli affari è la forma d’arte più affascinante. Fare soldi è un’arte» diceva lui stesso. Un autore versatile dunque, dalle mille passioni, che è riuscito ad interpretare un’epoca e una realtà di cui noi siamo figli e da cui dipendiamo profondamente.

Tutto questo ad Asolo, con apertura al pubblico il giovedì e il venerdì dalle 15.00 alle 19.00, il sabato e  la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e  dalle 15.00 alle 19.00. Qui per maggiori informazioni.

 

Anna Tieppo

 

[Immagine tratta da Google Immagini]

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