L’attrazione mentale come proiezione di noi stessi

L’amore non è solo fisico, ma soprattutto mentale. La mente riesce a trasportarci dove il fisico ne è impossibilitato. Col corpo giocano in tanti, con la mente solo i pochi che riescono.

A volte si pensa di vivere una vita certa, perché sentiamo di conoscerci, pensiamo di sapere ogni singola nostra reazione agli eventi della vita che incontriamo.

Eppure capita sempre l’imprevisto, quel particolare che era sempre sfuggito o a cui avevi pensato ma che credevi essere una cosa lontana da te, che non ti avrebbe mai toccato.

Incontri conosci esplori nuovi universi di pensiero e ti scontri con qualcosa che ti attira in modo diverso dal solito.

Le persone nel corso della vita incrociano le loro strade e ad un certo punto capita che incontrino ciò che Jung definiva “proiezione”, ossia ognuno riconosce il proprio animus maschile o la propria anima femminile attratti da ciò che riconoscono nell’altro come la parte inconscia e nascosta di se stessi.

Un fenomeno irrazionale che si scatena nell’essere umano e che viene volgarmente definito come “attrazione mentale”, ben più pericolosa di quella fisica, soprattutto nell’età adulta quando la mente prende il sopravvento e si avverte maggiormente il bisogno di relazionarsi con persone che abbiano qualcosa da dire.

La pericolosità consiste nel fatto che l’attrazione scocca quando l’altro riesce a vedere la bellezza della mente andando oltre la forma e sbrogliando la matassa dei luoghi comuni.

Nulla è studiato o ricercato, perché l’attrazione è un qualcosa che accade: nel cervello accade qualcosa e si avvertono sensazioni che si creano in un istante.

Già con Platone abbiamo una prima concezione di “attrazione”, dove quella fisica non è vista come una componente fondamentale dell’amore, a differenza di quella platonica che stava e sta tuttora ad indicare una relazione molto intensa tra due persone che trascende dall’attrazione sessuale.

Ma l’attrazione mentale segue il principio di causa ed effetto? Si scatena per un motivo e non ha una determinata finalità?

Se seguiamo la teoria della sincronicità di Jung da cui poi deriva la Legge di Attrazione, ci rendiamo conto che l’attrazione non può essere frutto di un rapporto di causa ed effetto, perché basata su eventi sincronici che, facendo parte di processi inconsci, sono contemporanei e legati da significati complessi, condividono il fine ma non la causa.
L’attrazione deriva, dunque, da coincidenze significative: è come se si attuasse una comunicazione fra l’inconscio e il mondo esterno, attraverso dei simboli che devono essere interpretati, quali stimoli che guidano verso nuovi incontri o verso situazioni che potrebbero modificare il percorso della vita.

L’attrazione sembra, in tal modo, non essere prettamente un evento irrazionale, trattandosi di “comunicazione” tra interno ed esterno, ed è proprio questo stretto legame che ci ricorda che tutti siamo collegati tra noi dall’elemento “esterno”.

L’attrazione è dunque frutto di coincidenze reali e di “richiesta” del proprio inconscio, in quanto

i fatti e le persone che incontriamo sono lo specchio delle nostre volontà.

Valeria Genova