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La sottile linea tra guardare e criticare

In un’epoca in cui tutti possono dire la loro opinione grazie al Web, la distinzione tra critica ragionata e una banale osservazione della realtà con relativo commento, si è annullata sempre di più. Ha ancora senso allora continuare a fare della critica al giorno d’oggi? Abbiamo provato a rispondere a questa domanda cruciale.

Tra i tanti paradossi esistenziali, diventati modi di dire nella lingua corrente (“È nato prima l’uovo o la gallina?”, “Come può una persona veramente buona avere il senso dell’umorismo?”), se n’è aggiunto un altro negli anni successivi all’invenzione di Internet. Ci stiamo riferendo all’interrogativo: “Il comune utente della Rete può essere definito come un giornalista/critico in potenza?” La risposta più ovvia sarebbe quella di dire no, ma c’è chi in questi anni si è costruito fama e lodi senza alcuna competenza, partendo dal solo presupposto che la sua opinione fosse la più giusta e la più condivisa dalla gente. Sono esplosi così i fenomeni delle recensioni via Youtube, o i semplici commenti sui miliardi di blog esistenti in cui semplici ragazzi appassionati raccontavano un’opera che avevano visto e vissuto ai loro amici. Niente di strano fin qui. Il problema è che alle parole Citizen Journalism New Media i giornalisti nati e formati con l’istituzione della carta stampata, hanno subito iniziato a storcere il naso e a lanciare strali contro queste nuove forme di manifestazione del pensiero. La loro paura è che la figura del giornalista venga sempre più sminuita con l’avvento di queste nuove tecnologie, e in effetti questa ipotesi non è del tutto errata. Ma quello che a molti operatori della stampa sfugge è il fatto che oggi la gente chiama critica quella che, una volta, si definiva pura e semplice osservazione.

Vediamo di esplicare meglio il concetto con un esempio cinematografico: nel 2013 Francois Ozon ha diretto uno dei migliori film degli ultimi anni. Stiamo parlando di “Nella casa”, una commedia drammatica di matrice teatrale in cui si mette al centro il potere manipolatore della scrittura e la grande tematica dello spettatore attivo e passivo davanti ad un flusso di eventi in divenire. Il film di Ozon gioca sulla costruzione incalzante di un rapporto tra un insegnante di lettere e un suo giovane allievo che decide di intrufolarsi nella vita di un suo compagno di classe, raccontando le sue vicende in elaborati coinvolgenti, che fa poi leggere al professore. In questo modo il personaggio interpretato da Fabrice Luchini si trasforma da spettatore passivo ad attore attivo che cerca di modificare e condizionare il flusso naturale degli eventi, non accorgendosi però di essere sempre un burattino nelle mani del narratore. Il professore in questo modo osserva e legge quello che succede nella casa e critica le scelte fatte dal ragazzo protagonista. Ma la vera trovata della pellicola è quella di farci capire come sia sempre il narratore ad avere le redini della storia, facendoci guardare dove vuole lui. Si arriva così al tema cardine della distinzione fra il semplice sguardo su una storia, e una critica ragionata su di essa. Chi guarda per la prima volta una cosa non sempre ha le idee chiare per poter fare un resoconto lucido e oggettivo di quanto ha appena visto. Quasi sempre si lascia trasportare dalle emozioni e sono queste che lo portano molte volte a sbagliare nel momento del giudizio.

In altre parole, la maggior parte degli utenti che ora afferma di fare un lavoro di critica sul Web, sta in realtà semplicemente osservando un evento (che sia un film, un libro, una mostra poco importa), descrivendocelo in una visione distorta dalla sua soggettività. Tutto ciò può piacerci, ma non può essere definito critica. Critica è un’attività che consiste nell’analisi e nella valutazione ragionata di qualsiasi situazione in qualsiasi contesto. È un’attività complessa del pensiero che richiede studio e competenze idonee per essere esercitata. Se si tenesse bene a mente questo distinguo, i baroni della critica stampata non dovrebbero più star lì a lamentarsi, mentre i giovani appassionati che ora scrivono cercando di ottenere visualizzazioni e consensi, opererebbero una selezione più accurata prima di mettersi a digitare parole vuote sulla tastiera di un PC. Quello che conta alla fine dei conti, è riuscire ad offrire un prodotto su cui il lettore possa riflettere. Una recensione da cui non solo chi legge, ma anche chi scrive possa sentirsi arricchito. Non un semplice reportage della realtà, ma una riflessione che apra dibattiti e ampli gli orizzonti. È una cosa che ultimamente si riesce a fare sempre meno, ma che se fatta con i giusti canoni, non può far altro che portarci a dire che sì: oggi fare critica ha più senso che mai.

Alvise Wollner

[Immagini tratte da Google Immagini]

 

Alvise Wollner

cinefilo, cinofilo, fotosensibile

Classe 1991, anno della capra, vivo tra Treviso e Venezia. Dopo la maturità classica e le lauree in Lettere e Giornalismo a Padova e Verona, ho pensato che scrivere potesse aiutarmi a vivere. Giornalista pubblicista, collaboro dal 2013 con la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e sono redattore del quotidiano online TrevisoToday dal 2015. […]

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