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Socrate in azienda

 

Cari Filosofi quante volte vi è capitato di presentarvi a un colloquio di lavoro e sopportare sguardi di sufficienza? Quante volte vi siete sentiti ripetere durante il percorso di studi la fatidica frase “e dopo cosa andrai a fare”? Senza contare le volte che avete dovuto tener testa a battute e frasi dette a “mezza bocca” dai vostre amici e parenti. Insomma diciamocelo molto spesso senza nemmeno troppi giri di parole la gente vi ha ritenuto eccentrici per questa scelta e giudicato la vostra materia di competenza, il suo ambito e annessi connessi sostanzialmente inutili.

Come se questo non bastasse ci si mettono anche cartoni animati e simili a prendervi per i fondelli, basti pensare alla celebre scena dei Simpson: Kent Brockman sta facendo un servizio in televisione da una agenzia per l’impiego e seguendo la lunga fila dice “Ormai la disoccupazione non è più un problema legato solo ai laureati in filosofia, ora anche le persone utili hanno problemi a trovare lavoro!”.

Il fenomeno non è però recente, basta andare con la mente a qualche noiosa lezione delle superiori per ricordare un episodio spesso richiamato dagli insegnanti fino allo sfinimento e dai detrattori della filosofia per indicarne la profonda inutilità, prendiamo la menzione della servetta di Tracia nel dialogo Teeteto di Platone:

Talete, mentre studiava gli astri e guardava in alto, cadde in un pozzo. Una graziosa e intelligente servetta trace lo prese in giro, dicendogli che si preoccupava tanto di conoscere le cose che stanno in cielo, ma non vedeva quelle gli stavano davanti, tra i piedi. La stessa ironia è riservata a chi passa il tempo a filosofare […] provoca il riso non solo delle schiave di Tracia, ma anche del resto della gente, cadendo, per inesperienza, nei pozzi e in ogni difficoltà

Platone,Teeteto, 174 a-174 c

Ma le cose stanno davvero così?La Filosofia è tacciata di esser qualcosa di distante dalla vita pratica, qualcosa che manca di concretezza e che rende chi ne è interessato del tutto incapace di confrontarsi con le problematiche che sorgono dalla vita quotidiana, troppo impegnati a guardare il cielo e i massimi sistemi questi esseri inadatti alla vita si troverebbero in balia delle circostanze, persi in fantomatici mondi e nelle loro elucubrazioni mentali.

Nella consulenza aziendale si stanno facendo sempre più strada delle figure ibride a cavallo tra la Filosofia, le Scienze dell’Uomo e l’Economia, che è afferente molto più all’ambito delle materie umanistiche che a quelle prettamente scientifiche in senso stretto. Stuoli di Socrate si aggirano per le imprese facendo quesiti, ponendo domande e aiutando gli imprenditori a partorire maieuticamente nuove idee per migliorare il proprio business.

Mentre in molti si nutrono di stereotipi e additano la Filosofia come qualcosa di avulso dalla realtà ecco che stuoli di nuovi professionisti trovano oggi impiego nel settore della Analisi di Business e della Consulenza Aziendale.

Ma come mai tutto questo? L’analisi non può essere infatti ricondotta unicamente al modello delle scienze della natura cioè alla creazione di un modello sulla base di parametri quantitativi tratti dall’indagine di un campo omogeneo di fenomeni dal quale trarre delle leggi di funzionamento. Sarà quindi necessario prendere a modello le scienze umane.

Il caso in oggetto, l’ “Azienda”, riguarda prima di tutto la storia di persone, delle biografie, da analizzare in quanto organizzazione umana che interagisce con un sostrato materiale, analizzare un’impresa significa rifarsi a multilivelli narrativi dove nella metanarrazione biografica si innesteranno altri livelli narrativi che il ricercatore non potrà certo ignorare, salvo restituire un modello che non coglie l’oggetto stesso che si vorrebbe esaminare.

In queste indagini si tengono quindi conto di due indicazioni metodologiche liberamente tratte da Jean-Paul Sartre:

La sindrome del cameriere: è celebre l’episodio che racconta di come Sartre mentre risiedeva in una stanza di albergo si ritrovò una persona in camera e gli chiese “E chi è lei?” questi gli rispose “Sono il cameriere”, Jean-Paul non convinto della risposta ribadì “No, lei non è il cameriere, lei fa il cameriere, ma chi è lei?”. Gli analisti e gli stessi intervistati tendono a concentrare l’attenzione solo sulle funzioni esplicate da un soggetto, ma è ragionevole credere che vi sia un disegno di senso più ampio che incornicia l’agire, bisogna quindi avere un approccio olistico che valuti l’integralità della persona.

“L’inferno sono gli altri”:  è l’interpretazione dell’Io sartriana; esso non si presenta come una sostanza chiusa in se stessa, al contrario essa è senza alcun dubbio una struttura relazionale che per sua stessa essenza è aperta al mondo esterno e all’altro. Noi, in tal senso, siamo nel mondo e viviamo ognuno diversamente il rapporto con la realtà, vale a dire con quello che comunemente chiamiamo “mondo esterno”, l’altro da noi. La relazione corre il rischio di essere falsata se chi indaga al posto di mettersi in ascolto proietta le proprie categorie sul caso di studio.

L’analista deve comportarsi in azienda come una sorta di Socrate, avere cioè un approccio maieutico che permetta all’azienda di far emergere la sua natura e non viceversa di proiettare le proprie idee o i propri preconcetti su di essa, un buon metodo da tenere presente è quello della Tabula Rasa o dell’epoché ampiamente noto nell’ambito dell’epistemologia che consta nel tentare quanto più possibile di “sospendere il giudizio” per lasciarsi imprimere come se si fosse una sorta di pellicola da ciò che si sta osservando. Si noterà infatti che nella stesura di questo report tale metodologia emerge anche nella costruzione dello stesso, si partirà infatti dallo studio di persone e cose per poi andarne a studiare le loro interazioni fino a restituire all’interno di una dimensione sistemica l’anatomia nell’azienda, uso deliberatamente il termine anatomia perché ogni narrazione su una cosa come ricorda Hegel implica necessariamente dissezionarla, astrarla e quindi sottrarla alla sua dimensione vitale. Le imprese sono degli organismi complessi e il loro studio implica necessariamente studiarne non solo le parti, ma soprattutto le interazioni tra esse.

Un buon metodo per la prima visita è quello di non guardare il sito internet, si correrà il rischio di sembrare impreparati, ma andare in azienda significa andare a fondo, sollevare il velo di Maya di come le cose appaiono per cercare di coglierne la
sostanza, il sito internet aziendale è un prodotto di marketing che spesso mostra come l’azienda vorrebbe farsi percepire, ma non è detto che sia così nella realtà. Parafrasando Erich Fromm col suo celebre libro “Avere o Essere” si potrebbe dire che l’analista si concentrerà all’interno del binomio “Apparire o Essere” sull’Essere dell’azienda e a partire da esso valuterà la distanza rispetto all’Apparire, cioè rispetto a come l’azienda vorrebbe mostrarsi.

Ma c’è qualcosa di più profondo nella Filosofia che la rende una materia capace di forgiare menti adatte a far fronte ai nostri tempi sempre più caotici e mutevoli: l’insaziabile desiderio di conoscenza che non risponde a una mera esigenza cognitiva, ma implica anche una tensione, una forma di “amore” per l’azione che si intraprende.

Una tensione incolmabile che Socrate raccontato da Platone sintetizza nel seguente enunciato: “Più so, più so di non sapere” ed è forse questa la forza più grande della Filosofia: quella di spingerci sempre oltre lo status quo, quella di sviluppare il senso critico e la capacità di ricercare punti di vista sempre diversi.

Chi fa business, fa impresa e crea lavoro si sta accorgendo che la Filosifia è tutto meno che una materia inutile, quando inizierà a farlo anche la società nel suo complesso?

Intanto sopportiamo qualche risata e qualche frecciatina ricordando cosa ci racconta Aristotele di Talete:

Secondo quanto riportato da Aristotele, Talete era criticato dai suoi concittadini per lo stato di povertà nel quale lo relegava la pratica coerente della sua inclinazione filosofica. Queste accuse nei confronti della filosofia lo avrebbero spinto a un gesto, di valenza essenzialmente pratica, che smentisse le insinuazioni sull’inutilità della ricerca teoretica: avendo previsto, grazie alle sue conoscenze astronomiche e meteorologiche, un abbondante raccolto di olive, Talete, quando si era ancora in inverno, avrebbe ragranellato una piccola somma di denaro con la quale, distribuendo dei piccoli anticipi sui guadagni futuri, avrebbe preso in affitto per poco prezzo, essendosi in periodo di bassa richiesta, tutti i frantoi di Mileto e della vicina isola di Chio. Il suo piccolo investimento si sarebbe trasformato in un grande profitto con l’avverarsi delle sue previsioni nella stagione della raccolta delle olive, durante la quale avrebbe potuto fissare l’affitto dei frantoi in regime di monopolio. In questo modo, Talete – conclude Aristotele – dimostrò ai denigratori della ricerca del sapere quanto sia fallace l’opinione comune e quanto facile sia, per un filosofo, arricchirsi con le sue conoscenze, al solo volerlo, anche se il fine della filosofia è la ricerca libera e disinteressata e non il perseguimento di ciò che Aristotele chiama la crematistica (da χρήματα, in gr. ricchezza), ovvero l’arricchimento personale.

Tradotto i Filosofi non versano in povertà perché sono inutili, ma scelgono di essere poveri e inutili per essere davvero liberi. La loro presunta inutilità è la cifra della loro libertà dai condizionamenti.

Tutta la nostra vita, infatti, non è altro che una lunga serie di sacrifici: tempo e fatica in cambio di lavoro e sussistenza, libertà e privacy per sicurezza e controllo. Persino la nostra individualità viene sacrificata sull’altare dei figli e della famiglia.

La famiglia libera gli uomini nella misura in cui li aiuta a svelare i loro compromessi, li aiuta a rivelare l’inconscio delle loro scelte, impone loro di mettersi di fronte alla propria esistenza per capire dove siamo, dove andiamo e da dove veniamo.

Anche quando Socrate va in azienda non ci va per rincuorare l’imprenditore, ma instillare in lui dubbi, far sorgere nel suo animo nuove idee e nuove prospettive, ci va in sostanza armato fino ai denti di senso critico e senso pratico alla faccia dell’immaginario fondato su luoghi comuni e stereotipi.

Matteo Montagner

[immagini tratte da Google Immagini]

 

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