Gli uomini agiscono quando si sentono protagonisti della Storia
Due grandi lampadari fanno brillare i bassorilievi dorati che decorano la Sala dell’Orologio. Siamo a Parigi, nel Ministero degli Esteri, e l’orologio sta per battere le 16. Robert Schuman, ministro, si alza in piedi e inizia a raccontare una storia. Una storia utopica, inverosimile, assurda. Racconta di due paesi, la Francia e la Germania, che condivideranno il carbone e l’acciaio. È dall’843 che quei due paesi si combattono a vicenda: in seguito allo smembramento dell’impero di Carlo Magno si erano scontrati continuamente. In Alsazia, in Lorena, a Strasburgo, a Lipsia, sul Reno. Nelle due guerre mondiali su quel confine erano appena morti tre milioni e mezzo di soldati. Il nove maggio del 1950, quindi, Robert Schuman si alza e narra questa storia e la slancia nel futuro: egli racconta quella che sarà l’Unione europea. È efficace: negli anni seguenti i paesi da sei diventeranno ventotto.
Il sole picchia sulla pianura arida e brulla. La moschea di Mosul splende nel mezzo. L’orologio segna le 12 e venti. Abu Bakr al Baghdadi, vestito di nero, si alza e inizia a raccontare una storia. Una storia utopica, inverosimile, assurda. Racconta di una moltitudine di staterelli che sono stati divisi per secoli, sfruttati da altre potenze, e che ora hanno la possibilità di unirsi nuovamente. Nel 750 l’impero volava dall’India, all’Egitto, al Marocco, fino alla Spagna. Ora, il ventinove giugno 2014, inizia un nuovo racconto, i cui i protagonisti saranno quei fedeli che lo stanno ascoltando. Siria, Iraq, Libano, Iran, sono l’embrione di un progetto che travalica i confini degli Stati e punta a incidere sulla Storia, così come cinquant’anni prima era avvenuto in Europa.
Le storie sono tutto. Nessuno ama morire, così, semplicemente: ma se diventa protagonista di quella Storia che tra cinque lustri sarà studiata dagli scolari, allora sì che può perfino desiderare di morire. Mentre in Europa ci sta franando la terra sotto i piedi e siamo paralizzati senza sapere su quale sentiero proseguire, dall’altra parte del Bosforo e del Dardanelli c’è un Califfato che possiede un’idea cristallina sul racconto che vuole scrivere. Un’idea così efficace e spaventosamente semplice, la gloria di Dio, che trascende le frontiere e scivola nei cuori dei ragazzi cresciuti in Francia, in Belgio, a Bruxelles, come a Berlino, a Roma, i quali si sentono più vicini a un Siriano che al compagno di scuola. Perché al suo compagno di scuola è stata sciorinata la storia dell’Unione europea, gli hanno insegnato a contare le stelle gialle sulla bandiera e a ricordare che da CEE si è chiamata CE e poi UE. Ma non gli raccontano quale futuro può avere, non lo rendono protagonista della Storia. Un esempio, su tutti: il discorso di Hollande, il 16 novembre scorso, dopo gli attacchi parigini. Egli invita i cittadini a non preoccuparsi perché lo Stato provvederà, lo Stato bombarderà, lo Stato arresterà. Sancisce una frattura tra Stato e cittadino: cosa che a Raqqa è impensabile.
Tra le case in mattoni ocra avanzano dei soldati vestiti con delle tute nere, esili: raccontano la loro superiorità rispetto agli occidentali che si nascondono dietro ai telecomandi dei droni. Sulle reti Internet sono diffusi video di belle donne velate, di uno Stato che funziona grazie alla Sharia e al contempo di decapitazioni e di brutalità1. Questa mescolanza di istinti primordiali e di benessere affascina nel profondo. L’Europa è qui che fallisce, qui sta il punto debole, per questo non riesce a contrapporsi “neanche retoricamente”2 a questa barbarie, perché ha perso la capacità di narrare, cioè di immaginare un progetto ampio, magari irrealizzabile, ma slanciato in alto. Gli uomini non si seducono, e dunque non si spronano, con un programma politico in dodici punti, con un tweet di 140 caratteri, o con un comunicato stampa. Gli uomini si affascinano raccontando la Storia che loro possono scrivere, di cui saranno protagonisti, e a quel punto faranno di tutto, anche le gesta più cruente. I reclutatori Isis mostrano come la tua vita, non importa se inizia a Los Angeles, a Madrid o a Vercelli, può confluire con la storia di un altro miliardo di fedeli e può tendere a inglobare anche quel tuo compagno di scuola.
Le storie sono tutto. Anche se raccontano concetti che pensavamo svaniti, come quello di Dio, nonostante gli economisti dicano che è il petrolio a far muovere tutto, di fatto sono le storie ad affascinare i Salah Abdeslam di turno, e con lui molti altri. Quella celebre frase, gli uomini muoiono le idee restano, è vera anche in questo caso.
NOTE
Mattia Grava, all’ultimo anno del Liceo classico, sta per iscriversi all’ateneo di Padova. Appassionato di letteratura, scrive ogni giorno qualche riga sui margini dei libri di testo; a novembre ha presentato il libro “La percezione delle Pleiadi” di Francesco Fontana. Dopo l’esperienza come rappresentante d’Istituto ha pedalato lungo la via Francigena attraversando le colline dell’Italia centrale.
