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Oltre la linea: Jünger e Heidegger sul nichilismo

Oltre la linea (Über die Linie) è scritto da Jünger nel 1950 in occasione del sessantesimo compleanno di Martin Heidegger, che gli risponde nel 1955, e oggi il testo completo della corrispondenza è pubblicato in una breve opera.
Il testo di Jünger vuole essere un omaggio all’autore che aveva rivoluzionato il lessico filosofico moderno ed aperto a nuove riflessioni sulla metafisica e sul Nichilismo dei valori e del senso. Heidegger aveva anche a lungo studiato e discusso i testi di Nietzsche e nel momento in cui legge il Nichilismo Europeo si dice “distrutto”. Ciò lo spinge a riprendere il dibattito sul tema portandolo anche all’attenzione dei suoi allievi a metà degli anni ’40 in diversi corsi all’Università di Berlino.

La linea citata nel titolo è il limite simbolico che una volta varcato potrebbe portarci al di là della condizione nichilistica storica che viviamo; di particolare importanza è la particella iniziale über che rimanda all’attraversare: sebbene la particella possa rimandare ad un attraversamento completo, ciò che intende Jünger è la possibilità di poter attraversare la linea restando quasi in biblico sul limite e dando uno sguardo dall’alto alla condizione storica che si sta vivendo.

«L’attraversamento della linea, il passaggio dal punto zero, indica il punto mediano non la fine. La sicurezza è ancora molto lontana» (M. Heidegger, E. Jünger, Oltre la linea, 1950).

Le domande che inevitabilmente verranno a porsi saranno: è possibile questa transizione ipotizzata dal filosofo o la soluzione migliore è accettare di vivere in una condizione storica nichilistica? Quale è la soluzione che ci porta alla transizione, e la storia che ruolo ricopre?

Afferma Jünger nella prima parte del testo: «Chi non ha sperimentato su di sé l’enorme potenza del niente e non ne ha subìto la tentazione costante di sfuggirne conosce ben poco la nostra epoca» (ivi). Il niente di cui parla il filosofo è l’assenza di meraviglia dell’individuo moderno, il quale sembra essersi assopito: gli manca il contatto con le arti, con i valori, manca la fiducia nelle idee. L’essere umano moderno è stato dilaniato dalle guerre mondiali ed ora cerca di ricostruirsi attraverso il progresso della tecnica, ma nel farlo perde il contatto con l’Assoluto1. L’unica speranza per andare attraverso la linea è recuperare il rapporto con le arti, perché solo attraverso queste l’individuo può recuperare anche il dialogo con sé stesso. Le contingenze storiche lo hanno messo alla prova ponendolo dinanzi al pieno Nichilismo dei valori; ciò nonostante il filosofo è speranzoso e fiducioso in questa nuova rivoluzione a cui il soggetto moderno dovrà dare vita.

La risposta di Martin Heidegger non si fa attendere, ma si discosta da ciò che aveva prospettato Jünger: il Nichilismo, non si può varcare né attraversare, non si può guardare dall’alto perché ne faremo sempre parte, l’esperienza del niente fa parte della vita dell’uomo perché è parte essenziale della sua storia:

«La pietra di paragone più dura, ma anche meno ingannevole, per saggiare il carattere genuino e la forza di un filosofo è se egli esperisca subito e dalle fondamenta, nell’essere dell’ente, la vicinanza del Niente. Colui al quale questa esperienza rimane preclusa sta definitivamente e senza speranza fuori dalla filosofia e dalla storia» (ivi).

L’individuo deve farsi carico del Nichilismo avendo la consapevolezza che l’ospite più inquietante, come lo definì Nietzsche, non potrà mai essere messo alla porta ed anzi la sua esperienza è ciò che profondamente caratterizzerà la vita di ognuno. Il compito del filosofo sarà guidare l’individuo nel percorso che lo porterà ad accettare e vivere la sua condizione attraverso la riflessione, il dialogo, l’analisi. Vivere nichilisticamente significa accettare che non c’è alcun legame con l’Assoluto, tutto è umano ed è solo il singolo che definisce il senso e il valore al mondo che lo circonda; tutto sembra essere umano, forse troppo umano.

L’opera ci porta a riflettere sulle possibili soluzioni al Nichilismo imperante nell’epoca contemporanea e senz’altro il suo merito è di darci la possibilità di indagare il problema dell’analisi del Nichilismo da due punti di vista. Da un lato la necessaria accettazione di esso; dall’altro il dover recuperare ciò che sembra essere perso anche oggi: la fede negli ideali, il rapporto con l’arte e il dialogo con noi stessi, l’unico mezzo attraverso cui possiamo rapportaci agli altri. Infatti, sebbene il Nichilismo non sia superabile, è possibile però accettarlo e vivere nella storia e facendo la storia, una storia che si costruisce con l’altro.

 

Francesca Peluso

 

NOTE
1. L’Assoluto di cui parla l’autore si deve intendere come uno Spirito Trascendente che pervade la storia e la pervade di senso, strettamente collegata a questa concezione è la teoria dell’arte come salvifica essendo uno dei mezzi attraverso cui questo si manifesta.

[Photo credit Artyom Kabajev via Unsplash]

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Francesca Peluso

Francesca Peluso

Curiosa, empatica, determinata

Sono Francesca Peluso, attualmente vivo a Firenze e lavoro nell’ambito HR come recruiter, sono laureata in filosofia morale all’Università di Pisa e ho sempre avuto una grande passione per la scrittura. La scrittura per me è una continua scoperta e rappresenta lo strumento con cui capisco il mondo e riesco a vederlo criticamente. Amo il […]

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