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Nessuno si salva in compagnia

Alors, c’est ça l’enfer. Je n’aurais jamais cru. Vous vous rappelez: le soufre, le bûcher, le gril … ah.
Quelle plaisanterie. Pas besoin de gril: l’enfer, c’est les Autres.
(J.P. Sartre, Huis Clos, scène V) .

 

Ho pensato spesso all’inferno. A dire il vero, c’ho scritto sopra una tesi di laurea.
Ero arrivato a dire che l’inferno non esiste.

Ti svegli ogni mattina e capisci che hai ragione.
La tua anima (indubitabilmente peccatrice) non finirà perseguitata dai demòni.

Mi sveglio ogni mattina e capisco che ho torto.
L’inferno forse non esiste, ma esiste questo mondo.

E questo mondo è peggiore dei gironi danteschi o miltoniani, lo sai.

Leggo il giornale. Povertà, omicidi, attentati islamisti, carestie, guerre dimenticate, morte.

È questo l’inferno? È il mondo che ti attornia?

E se fosse la stessa mia vita?
La solitudine, l’imponderabile pesantezza dell’esistere, l’aridità del sentire, l’invisibile desiderio di avere?

Forse … ma se fosse tutto più semplice?
Se l’inferno fosse qualcosa di più banale, una persecuzione eterna e corporea …

Il fatto che mi sono alzato e ho gettato via le coperte, il caldo della camera, il rumore del mio respiro?

Perché no?
Guardati allo specchio: l’immagine che ti rimanda è sconfortante. Scendi, è finito il caffè. Macchina, viaggio, lavoro, traffico, burocrazia.
È questo l’inferno?

Attorno a me l’alito dell’esistenza: momenti incartapecoriti, consunti, mai vissuti, intonsi.
Non ho trovato la verità, né la risposta alla mia domanda fondamentale: “Chi sono io?”.
E sono qui, a cercare ancora: è questo l’inferno? Un costante bisogno che mi dilania …

Ricordati quel libro: Porta Chiusa; è di Sartre. L’hai letto e riletto, lo conosci a memoria.
Cos’è l’inferno? Solo lui lo sa perfettamente. L’inferno sono gli altri.

I diavoli sono costoro.
Li vedo. Mi attorniano, mi toccano, respirano la mia aria, sfiorano la mia carne.
Ma ben peggio, guardano. Ecco il loro forcone: lo sguardo.

Bravo! Pretendono di dirti chi sei e tu non hai altro modo di capirlo, se non facendoti guardare.

Sono i miei Minosse: giudicano, spogliano delle certezze.

Il mondo ti perseguita, gli altri sono male.

Sto in coda alla posta, ho una macchia sulla camicia: se nessuno guardasse, non ne sarei cosciente.
Arriva quella vecchia, mi fissa, vede, mi giudica.

Capito cosa intendevo? Eccoti, nudo nella vergogna, punito per una disattenzione originale!

Sono solo una cosa!

Ma certo! Credi d’apparir agli altri ciò che sei? Di mostrarti come fascio di sentimenti, pretese, ideali, sogni e speranze? Questi son solo fiori d’un ossario maleodorante di putredine!
Tu, amico, per altri, sei solo una carcassa che cammina.

È dunque questo l’inferno – esistere-a-causa-degli-altri. Reificarmi!
Esisto perché sono giudicato, consapevole che persino ogni più piccolo sforzo per apparire diverso, sarebbe vanità, se altri non approvassero …

Ah!, se solo decidessero di ignorarti o dimenticarti, allora saresti in paradiso!

Mi sveglio ogni mattina, e so che mi giudicheranno!

E che non ti resta nulla, se non la possibilità di adattarti oppure resistere al verdetto!

I mei diavoli … posso amarli oppure odiarli; accettarli oppure ricusarli.

Non dimenticartene: in fondo, anche tu puoi guardare!

Sì: anche io sono altro per altri!

Giusto! Anche tu hai occhi per pungere oppure accarezzare, benvolere oppure maledire!

E ci sarà sempre qualcuno che vorrà adoperarsi per migliorare l’opinione che io ho di lui.

Qualcuno sì, ci sarà, che dipenderà dal tuo sguardo, in questo mondo.

Sono vittima, ma anche giudice, giuria, giustiziere e ghigliottina.

E il tuo sguardo: deciderai tu se sarà di condanna o assoluzione … sei libero, perché sei vivo.
E soprattutto perché sei solo – libertà e solitudine son veli che s’intrecciano in un’unica cortina.

E quando qualcuno mi guarderà con amore … che farò?

Accade così di rado che faresti bene a non chiedertelo.
Ma − se proprio vuoi saperlo − è questo il senso della pesantezza dell’esistere. Restituire quanto s’è ricevuto.
Giudizio per giudizio, odio per odio, bene per bene.

Ed è anche il senso dell’inferno: la libertà è il mio inferno.

Ma è anche tribunale che tu, quotidianamente, presiedi!

E quelli che diranno che la vita è bella? Che si può essere felici? Che l’esistenza può esser leggera?

Allontanali, poichè mentono. Sono in malafede.
Nulla è leggero: tutto è vanità di pietra.

Ah, come li odio quelli che ti dicono che la vita è bella, che tutto andrà bene! Sono più irritanti di una suite dodecafonica e più stomachevoli d’una curva glicemica.
Ma, infine, mi sveglio ogni mattina, e ringrazio Dio di vivere nell’inferno della libertà.

Sì, amico mio. Tanto t’ha amato Dio, da mandarti all’inferno.

 

David Casagrande

[Immagine tratta da Google Immagini]

 

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