“Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità…retrocedo mentalmente all’istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito uno sforzo di più…ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo. Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi…All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…”
La sensazione che Marcel Proust ci descrive (Dalla parte di Swann) ciascuno di noi la ha più volte provata. La cioccolata da spalmare venduta in enormi barattoli di latta, la pasta sfusa, acquistata a peso, estratta da cassetti di legno con il frontale di vetro, disposti in fila in una sorta di libreria alimentare. Si uniscono aspetti diversi: il ricordo, la genuinità, la specificità; tutti elementi che spingono a rimpiangere e difendere il piccolo mondo antico.
Una sensazione analoga deve avere provato il pensionato britannico che ha votato per la Brexit. A Lazzaro Pietrangoli, che cercava di convincerlo del contrario, ha risposto che avrebbe votato LEAVE per difendere i “pub” e i “fish and chips”.
Specificità e tradizioni sono spazzate via dalla globalizzazione. E’ un processo inarrestabile e, in molti casi, è anche un bene. Ben venga il piccolo supermercato aperto anche la domenica, a spazzare via il negozio che vende merce scadente a caro prezzo; come pure ben vengano principi universalmente riconosciuti, che bandiscono e perseguono pratiche degradanti come l’infibulazione.
Le specificità utili e le tradizioni buone si possono difendere stabilendo delle regole, e impedendo che il mercato decida ogni cosa, senza alcun limite, rispondendo unicamente ai propri “spiriti animali”. E questo nel mondo attuale, lo possono fare solo grandi entità federali, come l’Unione Europea. Per questo è necessaria un’Unione più grande e più forte.
Come ci ha spiegato Jurgen Habermas, uno dei maggiori filosofi viventi, è necessario salvaguardare una “solidarietà tra estranei tra i popoli e garantire la giustizia tra gli individui”. “In questo modo si potrà realizzare una democrazia pluralistica che includa l’altro senza assimilarlo, preservando, anzi, il suo essere diverso”.
Tornare agli stati nazionali è illusorio. I dati parlano chiaro: nel 2050 l’Europa rappresenterà solo il 7 per cento della popolazione mondiale (era il 20 per cento fino al 2050); il PIL europeo sarà il 10 per cento di quello mondiale (rispetto al 30 per cento del 1950); nessun paese di quelli attuali, neppure la Germania, farà parte del G8. “Nel concerto di potenze indiscutibilmente mondiali come USA, Cina, Russia, Brasile e India, la crisi demografica sta spingendo l’Europa delle micro-nazioni ai margini della storia mondiale, privandola di ogni residua facoltà d’intervento”.
Senza l’Europa non c’è futuro, siamo destinati a finire nella scenografia arcadica e bucolica della Principessa Sissi, con lo svantaggio di avere, oltre all’irrilevanza politica, fiumi inquinati e vegetazione devastata dalle piogge acide.
Marcello Degni
Professore a contratto presso le Università di Roma 1 (master in economia pubblica) e di Pisa (Accademia navale di Livorno), dove insegna contabilità pubblica. Si è laureato con lode in Scienza delle finanze all’Università La Sapienza. Collabora come esperto con il ministero della Funzione pubblica e con la società in house del ministero dell’economia e finanze Studiaresviluppo. È assessore al bilancio del comune di Rieti. Come consigliere parlamentare del Senato ha lavorato per molti anni al servizio del bilancio. Ha partecipato all’attività della commissione tecnica della Spesa pubblica presso il ministero del Tesoro negli anni dell’ingresso nell’euro e all’unità di valutazione finanziaria della Presidenza della Repubblica (presidenza Ciampi). Ha diretto il centro studi di Sviluppo Lazio e collaborato con l’assessorato al bilancio della regione Lazio. Dal 1995 ha svolto una costante attività accademica nelle Università di Napoli (Federico II), Roma e Pisa. È autore di numerose pubblicazioni di finanza pubblica.
[Immagine di Rieti Life]