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La pittura celebra una nazione: Sorolla e Mucha

Se pensiamo all’idea di “ciclo pittorico”, tendenzialmente la prima cosa che ci viene in mente sono le imprese dei grandi maestri del Rinascimento italiano, che spesso furono impegnati in vasti cicli ad affresco per edifici ecclesiastici o importanti residenze patrizie, oppure, in area veneziana, in monumentali serie di teleri dedicate a temi agiografici, storici o mitologici. Le Storie della Vera Croce di Piero della Francesca, i Trionfi di Cesare di Mantegna e il Ciclo di Sant’Orsola di Carpaccio sono solo alcuni esempi illustri di questo tipo di imprese pittoriche, che impegnavano l’artista e la sua bottega anche per diversi anni, in un lavoro estenuante che richiedeva non solo abilità nel disegno e nella composizione, ma anche nell’impaginazione dei dipinti all’interno di uno spazio predefinito, e soprattutto (cosa fondamentale) una grande abilità narrativa.

Se nel Quattrocento e nel Cinquecento era piuttosto comune realizzare cicli di opere raffiguranti diversi episodi di uno stesso filone logico/narrativo, nel Seicento e nel Settecento questa prassi andò via via indebolendosi, fino quasi a scomparire durante l’Ottocento. Tuttavia un nuovo avvicinamento a queste grandi realizzazioni si conobbe proprio sul finire di quel secolo, spinto soprattutto da un forte senso patriottico ampiamente diffuso in tutta Europa, che nell’esaltazione iconografica della storia di una nazione trovava un mezzo potente e immediato per diffondere un messaggio chiaro di orgoglio e di appartenenza. 

Proprio con questi presupposti furono realizzati, nei primi decenni del Novecento, due grandiosi cicli di tele dedicati alla storia e alle tradizioni di due diverse nazioni, entrambi capolavori insuperati di due grandi artisti dell’epoca: la Visione della Spagna di Joaquin Sorolla (il più grande impressionista spagnolo) e l’Epopea Slava di Alphonse Mucha (uno dei massimi esponenti dell’Art Noveau), lavori simili per dimensioni e intento, ma molto differenti per tematiche trattate, tipologia di svolgimento logico e atmosfera. 

La Visione della Spagna è un ciclo di 14 tele creato tra il 1913 e il 1919 da Joaquin Sorolla (1863-1923) per la Hispanic Society of America a New York, luogo ove tuttora l’opera è conservata. Il fil rouge delle pitture è la rappresentazione di tradizioni e aspetti caratteristici delle diverse province della Spagna, con immagini dal forte realismo e dai colori vivaci che narrano con coinvolgimento la società spagnola nelle sue diverse sfaccettature, con un occhio di riguardo per le colorate e rumorose feste regionali e per le attività economiche della pesca e dell’allevamento. Questo ciclo, che secondo le prime intenzioni avrebbe dovuto narrare la storia della Spagna, è diventato così la rappresentazione della contemporaneità di una nazione che quella storia la veste con orgoglio, fiera del suo passato e delle sue tradizioni.

L’Epopea Slava di Alphonse Mucha (1860-1939), oggi a Praga, è invece un ciclo prettamente storico realizzato tra il 1912 e il 1928, che narra in 20 episodi gli eventi più significativi della storia del popolo slavo, partendo dall’Alto Medioevo per finire al XIX secolo. Qui lo spirito dell’opera è totalmente diverso da quello evocato da Sorolla: l’obiettivo non è la rappresentazione esatta della realtà, ma l’esaltazione di una storia dai contorni epici, che viene appassionatamente narrata con monumentali immagini dai connotati solenni e fortemente evocativi, ricche di pathos e di simbolismo. Se in Sorolla dominano i colori caldi e accesi, che permettono allo spettatore di calarsi nel clima gioioso della Spagna sino quasi a prenderne parte, in Mucha prevalgono le tonalità fredde, che, unite ad ampie aree con effetto sfumato, vanno a creare una maggiore distanza tra lo spettatore e i dipinti, degni portavoce di una storia nazionale travagliata e meritevole di devota ammirazione e di profondo rispetto. 

Nonostante le numerose differenze sottolineate, i due grandi artisti hanno tuttavia agito con un obiettivo di fondo comune, che è quello di manifestare al mondo il volto della loro nazione, nella quale essi sono cresciuti e alla quale si sentono particolarmente devoti, tanto da investire anni di carriera e un impegno massimo e costante per rendervi omaggio con opere uniche nel loro genere, ultime vere eredi dei più grandiosi capolavori del Rinascimento. Mai più negli anni a venire un artista affermato a livello mondiale avrebbe più affrontato un progetto artistico così ambizioso dedicato alla celebrazione della propria storia e dei propri valori, cosa che rende la creazione in contemporanea di questi due cicli un evento ancora più speciale e irripetibile. 

 

Luca Sperandio

 

[immagine tratta da unsplash.com]

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