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La linea di meta mai raggiunta. Storia di desaparecidos.

Solitamente a passare alla storia sono quelle imprese sportive capaci di emozionarci per lo stemma che portano, per lo sforzo che trasmettono, per gli aneddoti che rivelano o per i pronostici che sovvertono. In ogni caso ad essere riportate annualmente dai notiziari sono sempre quelle sfide sportive che, per un verso o per l’altro, raggiungono il loro obiettivo: dal segnare una rete decisiva in Zona Cesarini al battere il record del mondo durante una finale non adatta ai deboli di cuore.

Affianco, o meglio indietro, ai vincitori, ci sono i vinti, la categoria più sfortunata al mondo. Solo per un episodio o per un crampo sopraggiunto poco prima del traguardo, questi accompagnatori affidabili e riservati della Storia (quella scritta da chi e per chi ha vinto) hanno visto sfumare quel risultato per il quale han consumato suole e polmoni.

Non è sfortunatamente dei vinti, soggetti estremamente interessanti quanto contingenti, né dei vincitori, quasi sempre irremovibili dal più alto gradino del podio, che vorrei parlare. Si trattano di categorie troppo vincolate dal verdetto di un evento e inserite in copioni scritti da registi senza estro.

Invece, mi preme raccontarvi di una vicenda capace di valicare i campi da gioco non tanto per i meriti, o demeriti, sportivi, quanto per la valenza simbolica che porta con sé.
Siamo nell’aprile del 1975, in una Argentina politicamente instabile guidata da Isabel Perón. In una Argentina dove gli squadroni della morte dell’organizzazione paramilitare della Triple A (Alianza Anticomunista Argentina) scorrazzano già per le strade a bordo delle tristemente note Ford Falcon. Il golpe militare sarebbe avvenuto solo l’anno successivo, nella notte del 24 marzo 1976.
In modo particolare siamo a La Plata, una città eretta dal nulla non troppo lontana dai clamori porteñi. Una città costruita sfruttando masse di emigrati, anche italiani, durante gli anni venti del Novecento.
Il luogo della vicenda è un campo di rugby dove ogni domenica scende in campo una delle molte squadre di La Plata, la più importante in ogni caso: La Plata Rugby Club, una società singolare perché vi giocano ragazzi provenienti dalle scuole pubbliche, un connubio (giocare a rugby – università pubblica) raro in un Sud america dai mille paradossi dove si sceglie di praticare uno sport in base al censo.
In ogni caso i rugbisti del La Plata Rugby Club vincono spesso, la squadra è forte, forse la migliore che si sia mai vista da quelle parti. Si vuole vincere il campionato, l’obiettivo è alla portata; basta portare la palla al di là della linea … magari in mezzo ai pali per avere così una trasformazione più facile.

La squadra continua a vincere nonostante le assenze dei giocatori più forti. Ogni anno, infatti, al ritiro ne manca sempre qualcuno. Certo ci sono i ragazzi provenienti dall’università, pieni di talento, di sicuro avvenire con i quali si vince comunque, ma il gruppo storico ogni stagione diminuisce ed è un peccato perché sarebbero stati  una squadra incredibile; poesia per gli occhi il loro gioco alla mano tanto che l’allenatore voleva partecipare ad una tournée in Francia. Peccato però che sia finita così, poco prima della linea di meta.

Il primo a saltare una partita è Hernan Roca, il mediano, il direttore d’orchestra per una squadra di rugby. La sua assenza piomba come un fulmine a ciel sereno nello spogliatoio del La Plata. Non si è fatto male, no: è stato prelevato a casa sua da una ‘patota’1 per errore. Volevano il fratello, un militante peronista.

La notizia sconvolge l’ambiente prima della partita contro il Cordoba. Si chiede un minuto di silenzio per il compagno svanito nel nulla (ritrovato morto con le mani legate dietro la schiena pochi giorni dopo) che diventano due, tre … dieci minuti di silenzio. L’atmosfera è pesantissima. In ogni caso si gioca, si vince, si va a casa. L’evento ha toccato tutti, la squadra fin dal giorno seguente si dà alla piena militanza nella convinzione che non potessero uccidere tutti. Al diavolo la Francia, vogliono stare in Argentina nonostante le continue assenze.

Alla fine del 1978 La Plata Rugby Club conterà dai 17 ai 20 giocatori uccisi o desaparecidos.2

La linea di meta è lontana, così come i pali per un drop allo scadere. Il risultato non conta più. La memoria si però, anche dopo quarant’anni.

Marco Donadon

NOTE

1 banda di poliziotti, militari e paramilitari durante la dittatura militare argentina, 1976 – 1983.

2 Il numero non trova riscontri precisi a causa della natura stessa del essere desaparecidos.

Bibliografia:

– Gomez C., Maten al rugbier. La historia detrás de los 20 desaparecidos de La Plata Rugby Club, Sudamericana, Buenos Aires 2015.

– vari articolo sul quotidiano argentino Pagina|12.

– G. Veiga, Deporte, Desaparecidoso y Dictatura, 2006.

Filmografia:

– Silvestri M., No bajar los brazos (2014)

Immagine tratta da:  http://mondovale.corriere.it/2015/11/02/la-vera-storia-del-mar-del-plata-rugby-club-i-desaparacidos-dellovale-arrivano-in-teatro/

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