Jan van Eyck è stato uno dei pittori fiamminghi più noti della prima metà del Quattrocento. La sua attività si svolse interamente nelle Fiandre, ma fu il pittore che più di tutti ha contribuito a far sì che questa pittura facesse scuola in tutta Europa. Van Eyck fu il perfezionatore della tecnica della pittura ad olio, che gradualmente sostituì l’uso del colore a tempera. Sebbene la procedura fosse ancora lontana da quella in uso oggi, la procedura dello stendere il colore a velature trasparenti è tipica della sua tecnica. Ciò gli consentì di ottenere quadri dal dettaglio minuziosissimo, come mai si era visto fino ad allora. Ma la caratteristica più sorprendente della pittura di Jan Van Eyck è l’attenzione che diede alla luce e la capacità di rappresentarla nella maniera più fedele possibile, riuscendo a rappresentare in ogni figura e superficie la qualità tattile più appropriata. Ne risulta un realismo fotografico che sicuramente dovette molto impressionare, per la sua fedeltà al vero, i suoi contemporanei. Nei quadri di Van Eyck è tuttavia assente una costruzione prospettica su basi geometriche, così come si veniva definendo in quegli anni in Italia: questa sua “carenza” non ebbe nessuna influenza negativa nella costruzione dello spazio che raramente ha momenti di imperfezione, grazie alla sua attenta e scrupolosa osservazione del vero.
Madonna del Cancelliere Rolin, 66 x 66 cm, 1435, Museo del Louvre, Parigi
Questa tavola è una delle opere più originali realizzate da Jan van Eyck. Essa rappresenta il cancelliere della Borgogna Nicolas Rolin, inginocchiato davanti alla Madonna con il Bambino in braccio, mentre un piccolo angelo viene a porre una corona in testa alla Vergine.
L’immagine è costruita partendo sempre dal classico spazio cubico all’interno di una stanza, con la parete di fondo che giace parallela al piano del quadro. La grande novità dell’immagine è la mancanza della parete di fondo sostituita da tre arcate oltre le quali si vede uno stupendo paesaggio. Questo è uno dei primi esempi di Vedutismo moderno, in quanto nel Medioevo fu del tutto assente la pittura di paesaggio: bisogna risalire alle ultime pitture di età romano-ellenistica per rintracciare esempi analoghi.
In quest’opera lo sguardo del pittore coglie una profondità che è assolutamente straordinaria: oltre i tre archi vediamo prima un giardino chiuso da un recinto merlato al di là del quale si nota una città meravigliosamente costruita ai due lati di un fiume attraversato da un ponte a sei arcate. Ancora più lontani si stendono i campi coltivati e lo sguardo, seguendo le anse del fiume, giunge fino ad alcune montagne innevate che si sfumano in lontananza.
Inutile dire che questa veduta, pur realizzata in dimensioni molto contenute (quindi è da tener presente pure la difficoltà del dipingere particolari così minuziosi in uno spazio così piccolo), è di un dettaglio straordinario, rappresentando addirittura le persone che animano le strade della città. Da notare, ovviamente, che in questa tavola il paesaggio è utilizzato quale sfondo ad una storia che viene rappresentata in primo piano; solo dal XVII secolo in poi la pittura di paesaggio divenne un genere autonomo, prima essa ebbe sempre un ruolo di complemento, con la funzione di arricchire i quadri nei quali i soggetti erano religiosi o storici.
La prospettiva non è costruita in maniera impeccabile: si noti ad esempio la base della colonna del loggiato o la sproporzione tra il cancelliere Rolin e la Madonna, con il primo che appare decisamente più grande rispetto al gruppo della Vergine con il Bambino. Ciò, tuttavia, non pregiudica la grande qualità di questo dipinto, costruito con impeccabile maestria.
Ilaria Berto
[Immagini tratte da Google Immagini]