Sui concetti di individualismo e di collettivo si è da sempre dibattuto con punti di vista diametralmente opposti. Da una corrente di pensiero l’individualismo è considerato come l’elemento fondante della civiltà occidentale e del progresso mentre per contro è visto da altri come una potenziale minaccia alla dimensione sociale della vita collettiva.
I concetti di “individuale” e “collettivo” sono realmente in antitesi come comunemente si ritiene? O sono invece strettamente collegati tra di loro nei molteplici aspetti della vita umana?
Infatti in tutti quei fenomeni che non possono essere ridotti a uno schema duale tra un modello individualistico, che parte dal singolo, e un modello collettivista, che privilegia la totalità rispetto alle parti, queste due visioni si sono rivelate non cogliere nel segno in quanto, nella realtà, sono combinate in sistemi. Se, ad esempio, cerchiamo di applicare uno dei modelli agli Stati è facile dimostrare che il Nazionalismo non sia riconducibile a nessuno di questi due modelli, ma si generi in effetti dalla loro combinazione.
Infatti il Nazionalismo è il risultato di una visione individuale applicata allo Stato rispetto agli altri Stati invece che al singolo individuo. Questo sta a dimostrare che i movimenti sociali e culturali ricomprendono nei loro processi evolutivi elementi che a prima vista possono sembrare contrari se non incompatibili. Tale fenomeno è riscontrabile infatti anche nei grandi movimenti politici del Novecento come il Liberalismo che nella sua dinamica ha dovuto necessariamente assumere anche provvedimenti in funzione di una maggiore protezione sociale. Lo stesso andamento si può riscontrare anche con i processi di globalizzazione a cui hanno fatto seguito correnti e movimenti di chiara ispirazione localistica e identitaria per la difesa ad esempio dell’agricoltura locale e dei prodotti tipici, nonché dell’artigianato rispetto alla produzione di massa.
Purtroppo questo aspetto delle scienze sociali è stato troppo spesso trascurato o addirittura ignorato in funzione di uno schematismo, soprattutto orientato in chiave ideologica, di sola contrapposizione in relazione a concetti politici in chiave moderna di popolo, sovranità, rappresentanza ed in particolare di individuo in rapporto con la collettività e lo Stato. L’esempio classico di questo errore storico, che possiamo ben definire epistemologico, è la contrapposizione che comunemente viene indicata tra individuo e società. Il pensiero politico tradizionale si è ideologicamente sempre diviso sul considerare prioritario l’uno o l’altra. Da una parte si ritiene che gli individui vengono prima della società, costituendola attraverso la loro aggregazione, o per contro che sia soltanto questa a determinare il comportamento degli individui e che pertanto solo gli aspetti collettivi siano quelli primari. Ambedue questi assunti non colgono nel segno e di conseguenza devono e possono essere messi in discussione.
Contro tutte le interpretazioni che antepongono l’individuo alla società o viceversa si tende ora a considerarli insieme, ponendo l’attenzione più che sull’individuo già formato sul processo che ne forma l’identità e l’essenza intesa in senso dinamico in quanto coinvolto in un processo relazionale con gli altri individui in una continua evoluzione. In questo senso la società stessa deve essere intesa come una entità trascendente rispetto le dinamiche individuali, processo, che non può dirsi mai concluso in maniera definitiva. In quest’ottica è possibile trasporre questa nuova visione del rapporto individuo società in materie quali l’antropologia, la psicologia, la linguistica, la biologia, fino alla filosofia e alla storia.
Ad esempio in campo biologico “l’individuo” non è un elemento originario, ma è il risultato di combinazioni preindividuali di organismi, cellule e geni convergenti in una trama di rapporti complessi.
In psicologia si può sostenere che l’evoluzione psichica dell’individuo si origina da una vera e propria influenza dell’esterno verso l’interno, e non si può pertanto estrapolare dal contesto sociale. A differenza di ciò che accade per un animale vincolato per il suo comportamento dalla sua natura, l’istinto (cfr. animali come automi secondo Cartesio), l’uomo può decidere le proprie azioni indipendentemente dal condizionamento naturale (cfr. possibilità di autoposizionamento derivante dal famoso “Cogito ergo sum“). In altri termini l’individuo umano può interagire con l’esterno senza farsi condizionare solo dalla sua “natura”. Infatti ciò che consideriamo “essenza umana” non si esaurisce nella costituzione biologica del singolo individuo, ma deriva anche da una serie complessa e dinamica di relazioni sociali. Tale elemento, che va oltre l’individualità, non viene colto né da quanti sostengono il Cognitivismo ed immaginano che la mente umana sia originariamente provvista di tutte le informazioni, né da quanti sostengono il Comportamentismo e che considerano pertanto la mente umana un contenitore vuoto e del tutto condizionato da influenze esterne.
Anche nella valutazione degli eventi storici si è in difficoltà ad applicare il paradigma duale tra individuo e società quando si cerca di attribuire la responsabilità degli eventi storici al singolo o al collettivo, in quanto la risposta spesso riconduce ad entrambe le ipotesi contrapposte. L’accadimento di un evento non può essere attribuito esclusivamente all’azione di un individuo né a quella della collettività, dal momento che esso è determinato da una molteplice catena di eventi, composta da una pluralità di azioni individuali, ma irriducibile ad essa in quanto un evento, se pure decisivo, per distinguersi sui piccoli accadimenti insignificanti che lo compongono, va visto in un’ottica interpretativa più ampia ed esaustiva rispetto a quella che può avere un individuo nella sua singolarità.
Matteo Montagner
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