I presupposti per la nascita dell’umanista rinascimentale ebbero origine nella civiltà urbana e borghese formatasi nel processo di ripopolamento delle città nel Due e Trecento. Questa borghesia cittadina si dimostrò particolarmente vivace in Italia, dove si stava affermando la forma di governo del Comune cittadino a differenza degli altri Paesi europei, in cui l’affermazione delle monarchie poneva le basi degli Stati nazionali moderni.
L’intellettuale urbano dell’epoca comunale era tuttavia una figura ancora molto diversa dall’uomo rinascimentale. Se la vita quotidiana rispecchiava già una mentalità pratica e borghese (è il periodo in cui commercio e l’iniziativa privata conobbero uno sviluppo vertiginoso), la vita interiore era invece ancora intimamente legata ai precetti della Chiesa che avevano regolato il pieno Medioevo. Non è un caso se nella grande letteratura dell’epoca, si pensi a Petrarca, Boccaccio o Jacopone da Todi, troviamo così spesso racconti di conversioni o descrizioni delle lotte interiori, delle pulsioni contrastanti, delle contraddizioni morali dell’autore.
Il Rinascimento fu invece un’età di rottura rispetto al Medioevo, e i suoi protagonisti apparvero come delle figure nuove. Lo studioso medievale aveva una visione decentrata del mondo, con Dio al centro dell’universo, Gerusalemme al centro del mondo e la Roma imperiale cristiana al centro della storia. L’umanista rinascimentale si pose in esplicita e consapevole rottura con la tradizione medievale, e chiamò la propria epoca Rinascimento per rimarcare la differenza verso i secoli precedenti, che divennero appunto un’età di mezzo tra l’antichità classica e la rinascita della cultura. S’inaugurò così un forte pregiudizio verso la cultura medievale, vista come oscura e arretrata e caratterizzata generalmente da un senso estetico grezzo e barbarico (o, come si diceva allora, “gotico”), destinato a durare per tutta l’età moderna. Se lo studioso medievale aveva avuto una concezione contemplativa del mondo, una visione statica dell’uomo ed una percezione pessimista della storia, l’uomo medievale poneva invece sé stesso al centro dell’attenzione (e infatti si parla di umanesimo) e rivendicava la legittimità dell’interesse colto verso gli aspetti pratici della vita. Gli umanisti però ereditarono dal pensiero medievale l’idea di superiorità indiscussa dell’antichità classica, il cui primato non sarà mai messo in discussione: non a caso si parla di Rinascimento dei fasti della classicità, non di fondazione di una cultura nuova.
Umberto Mistruzzi