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Il peggior vizio filosofico

Se sforziamo un attimo la memoria e ricordiamo come da bambini ricostruivamo nella nostra mente il mondo e il suo funzionamento, o anche il modo in cui fingevamo ingenuamente di comprendere le spiegazioni dei genitori o delle maestre riguardo il ciclo delle stagioni, la digestione umana, la formazione delle nuvole e l’espansione dell’universo, capiamo di aver avuto a che fare allora con un mondo nient’affatto chiaro nel suo accadere ma comunque in qualche modo attraente e coinvolgente, pur nella sua aleatorietà.

Il bambino infatti cerca assiduamente una spiegazione a ciò che gli si mostra, ma non sa ancora che dovrà tradurre le caleidoscopiche sensazioni che prova in linguaggio razionale perché le cose e la loro rappresentazione combacino e si possa dire di conoscere. Per cui, possiamo dire, il mondo della nostra infanzia era qualcosa di sospeso tra il nostro sentirci a nostro agio nella quotidianità e al contempo essere in balia di un silenzioso flusso ignoto, spiegato in modo ambiguo nella nostra testa. La lenta fuoriuscita (che sia avvenuta davvero è tutto da vedere) da questo stato, attraverso la ricerca immersi nel mondo stesso, comporta la crescita dell’individuo e della specie di cui fa parte.

Nel corso dei tempi la figura dell’uomo che si interroga sul perché e il come del mondo, il filosofo, non è rimasta la stessa. La storia filosofica ha visto scienziati, poeti, politici, criminali, preti e suicidi alla propria corte, dando comunque l’impressione di continuità nel suo svolgimento storico e nell’oggetto della sua indagine. In questo lungo e articolato processo, tra le mille cose che dovremmo imparare da chi prima di noi è stato toccato dal destino del pensiero, una in particolare tornerebbe molto utile oggi: l’inclinazione naturale all’osservazione del mondo.

Percorrendo la lista dei nomi degli antichi filosofi e dei loro scritti, anche solo in pochi frammenti, vediamo immediatamente che insieme a quelle riflessioni metafisiche o teoretiche e che ancora oggi sono un vivo riferimento per il nostro sapere, sta una grosse mole di scritti fisici, medici, biologici, politici, magici, mitici, che oggi sono ovviamente sorpassati dal punto di vista della loro scientificità, ma che danno l’idea della tensione dell’uomo verso il mondo e la sua volontà di interpretarlo e comprenderlo appieno.

Aristotele ha lungamente scritto sulla riproduzione degli animali, sul moto degli astri, sul corpo umano, sull’economia e sulla botanica; lo stesso si può dire di Ippocrate, medico ricordato più per il suo atteggiamento scientifico ed etico; o per gli studi geologici e astronomici di Kant o gli studi poco noti dei giovani Husserl e Heidegger sulla matematica. Queste incursioni in quelli che oggi sarebbero campi del sapere differenti, erano uniti, soprattutto in antichità, e coesistevano o precedevano addirittura la speculazione filosofica del mondo. Come infatti sarebbe stato possibile per Aristotele o Kant formulare la dottrina delle categorie senza aver prima studiato singolarmente i generi della natura da riunire nelle categorie? E come avrebbe potuto pensare Platone alla dottrina delle idee senza aver notato tutte quelle ricorrenze che appartengono a fenomeni naturali distinti?

Tutto questo si scontra con quella che invece va diventando il ritratto del filosofo contemporaneo a livello almeno di coscienza comune.

Il filosofo di oggi tende ad essere lontano dal mondo scientifico, troppo specialistico e a sua volta chiuso in se stesso. Tende dunque a non addentrarsi troppo nelle questioni astronomiche, economiche, chimiche del mondo, ma allo stesso tempo non rinuncia, legittimamente, a tendere verso il senso unico, la Legge, il principio del mondo stesso. Rifugiandosi spesso nel comodo esistenzialismo spiccio della propria persona, amplificando il proprio sentire a legge universale, dimenticando che l’esistenzialismo autentico poggia e non è separato dallo studio e dalla comprensione delle cose del mondo nella loro variegata essenza e scientificità.

Il filosofo odierno ha questo come rischio principale: la non comprensione dei mezzi che oggi realmente e al meglio spiegano il mondo e la fuga verso un sapere quasi privato, che esclude a priori il principio della conoscenza che invece muoveva la nostra curiosità infantile e che ha smosso intere culture antiche e recenti. Principio che spesso fornisce una spiegazione incompleta di ciò che si osserva ma che al contempo offre un’idea di mondo che può ancora curiosamente angosciare ma anche affascinare. Se si ritiene che la filosofia abbia perso il proprio appiglio con il mondo è sicuramente necessario che si ritrovi uno sguardo curioso e non solo giudicante per il proprio dire e pensare, provando a immergersi nelle forme di sapere di cui oggi disponiamo. Con la saggezza leggera dei bambini e la concentrazione degli antichi sapienti.

 

Luca Mauceri

 

[Immagine tratta da Google Immagini]

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Luca Mauceri

ironico, sognatore, procrastinatore

Sono nato e cresciuto a Treviso, ora vivo e lavoro a Padova. Mi sono laureato in Filosofia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dopo essermi appassionato di filosofia antica e contemporanea. Ho pubblicato il saggio La hybris originaria. Massimo Cacciari ed Emanuele Severino (Orthotes) e quando non passeggio o ascolto musica, scrivo articoli e racconti per […]

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