Home » Rivista digitale » Cultura » Neuroscienze » Il caldo amore di un genitore, asfissiante

Il caldo amore di un genitore, asfissiante

A un certo punto ci siamo svegliati la mattina del 25 dicembre senza attesa per i regali, senza quel senso di curiosità straripante che ci faceva volare giù dal letto. Non ci siamo più fiondati dai regali che un misterioso Babbo Natale ci aveva lasciato di notte.

Non è più accaduto perché quei due che di solito si prendevano cura di noi ci hanno dato una delusione straziante.
Non esiste alcun simpatico signore che vola con le renne di casa in casa.

Li abbiamo odiati, probabilmente, se ci ricordiamo il momento della scoperta.

Quella forse è stata la prima volta in cui abbiamo messo in discussione i nostri genitori. D’un tratto non erano più il riferimento massimo per la nostra vita, ma una minaccia, una fonte di delusione.

Da allora è stato un susseguirsi di litigi, lotte per ottenere un gioco, un motorino, un’uscita con la compagnia.

I figli sono sempre scontenti, sembra che ogni comportamento non sia quello giusto, che si sbagli sempre qualcosa.

Eppure i genitori fanno sempre tutto per amore dei figli. Non c’è momento in cui non siano davanti a ogni cosa, nel gradino più alto del podio. Ogni atto è un modo per dar loro qualcosa di buono: un’istruzione, un’educazione che li supporti. Un sostegno e una struttura per affrontare il resto della vita nel migliore dei modi.

Dall’altra parte però non tutto viene visto allo stesso modo. Spesso si crea un solco e da una parte e dall’altra schierate due visioni opposte di una realtà impossibile da valutare in modo unilaterale.

L’unico punto di contatto sta nell’intenzione ultima: entrambe le parti vogliono il benessere e la realizzazione del figlio, a qualunque età. Ma in modi diversi.

Il modo, appunto, fa la differenza. Non basta l’aiuto economico, non bastano le scuole migliori, il cibo e i regali. Tutto molto interessante, direbbero gli adolescenti. Ma sterile.

Il rapporto poi non decolla, i figli cercano altro e i genitori si perdono a distribuire beni di qualunque tipo, come fossero un’Ikea di articoli di sussistenza.

Ma in fondo il figlio di che ha bisogno? La maggior parte dei tentavi dei genitori finisce per soddisfare bisogni del genitore stesso, per placare paure e timori di mamme e papà.

Eppure l’articolo 315 bis del Codice Civile è piuttosto chiaro sulla modalità con cui un figlio dovrebbe essere cresciuto. Per una volta la legge non è fredda e sterile, ma ci indica la via di un comportamento che cambierebbe le sorti dell’educazione.

«Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. (…)
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano».

Ai ragazzi interessa questo, ai bambini ancora di più. Non è tanto il regalo da scartare, l’entusiasmo dei figli è legato alla presenza. Alla condivisione del tempo. L’affetto che percepiscono sapendo che i genitori sono lì da qualche parte pronti ad avvolgerli.

Se non ci fidiamo della legge, chiediamo alla natura, che non sbaglia mai.

L’esperimento di Harry Harlow (psicologo statunitense del Novecento) ci illumina su quello che un cucciolo di scimmia può provare rispetto alla presenza di un genitore. Harlow ha preso delle scimmie e con un gesto di temporanea crudeltà le ha separate dalla mamma. Questi cuccioli di scimmia sono stati poi lasciati in una gabbia: da una parte una “mamma metallica”, cioè un fantoccio in metallo con un biberon annesso, e dall’altra una “mamma morbida” fatta di panni di stoffa su cui appoggiarsi.

Niente, non è il cibo la cosa che le scimmie hanno voluto.

Non è la sopravvivenza fisiologica che istintivamente viene cercata da una piccola scimmia. Questi esemplari si stringevano al fantoccio di stoffa per trovare conforto.

Una coccola non vale un sorso di latte.

Le scimmie al massimo correvano a bere per pochi secondi, e poi tornavano a cercare affetto da quella cosa morbida, calda, accogliente.

Insomma, che sia Babbo Natale o un genitore a portare regali o biberon di latte, la cosa importante è assecondare i bisogni e le inclinazioni dei figli, o, mal che vada, ricoprirsi di stoffa.

 

Giacomo Dall’Ava

[Immagine tratta da Google immagini]

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!