Una pubblicità tra le tante. L’ennesimo advertising sulle miracolose capacità ringiovanenti di una crema giorno. Donne che si specchiano numerose volte durante la giornata, solamente per scorgere qualche miglioramento sul loro volto. Un gesto quotidiano che spesso non ci accorgiamo neanche di mettere in atto. E ho immaginato come sarebbe non poter più osservare il mio viso. La sua normalità e la sua semplicità. Il suo essere sempre “noiosamente” uguale. Ho immaginato di non poter più dire a me stessa “Buongiorno” guardandomi allo specchio e riconoscendomi. Ho immaginato cosa vuol dire non avere più il mio volto e ho voluto immaginare cosa possano provare quelle donne il cui volto è stato sfigurato, quelle donne private della propria identità per mano di uomini incapaci di accettare un addio, un rifiuto. Allora sono andata a specchiarmi e ho preso in mano una matita per gli occhi, una di quelle nere. Pian piano ho iniziato a cancellare da quell’immagine riflessa i miei nei, le mie sopracciglia, il mio naso… ho poi scarabocchiato l’immagine delle mie labbra…e con stupore ho notato che una lacrima mi stava solcando il volto silenziosamente, quasi intimorita, mentre dentro raggelavo davanti alla consapevolezza che la nostra immagine è lo specchio della nostra anima e al pensiero delle donne che sono state derubate di tutto ciò, che per me è così scontato.
Raggelo al pensiero delle centinaia, migliaia di donne sfregiate, menomate, corrose dall’acido o lapidate, alle quali nulla resta della propria identità, se non ricordi di immagini alle quali non assomiglieranno mai più. Ci sono centinaia di statistiche e articoli sulla violenza contro le donne, ma sono dell’opinione che, purtroppo, i numeri, in una società afflitta da disattenzione civile come la nostra, non contino nulla. Un numero, una statistica, una percentuale, non possono esprimere la perdita di sé e la perdita di dignità causate dalle violenze che al giorno d’oggi vengono perpetuate nei confronti di quello che si definisce ancora il “sesso debole”. La maggior parte di quelle donne maltrattate saranno solo ulteriori vittime di una carneficina senza fine, saranno solo un altro nome, saranno solo una triste storia che nessuno cercherà di portare con sé.
Tuttavia, tra le mille donne che soccombono e diventano statistiche, ci sono tra noi anche donne combattenti, donne che riescono a riscattarsi, a far sentire la loro voce grazie alla quale sconfiggono i loro “mostri”, che siano questi le bestie che le hanno rovinate, siano questi i nuovi volti che saranno costrette a indossare per il resto dei loro giorni. Portate con voi i volti di quelle donne, fate che quelle storie diventino tesori da custodire.
Adesso chiederò una cosa a ognuno di voi: andate davanti allo specchio e immaginate se quell’immagine che vi identifica scomparisse per sempre, perché solo quando qualcosa ci viene sottratto ne comprendiamo l’importanza. Immaginate se ai vostri occhi fosse negata la possibilità di raccontarvi al mondo attraverso uno sguardo. Per molte, per troppe, donne questa riflessione è diventata una realtà agghiacciante. Troppe donne una mattina si sono guardate allo specchio ignare che quella sarebbe stata l’ultima volta. Per loro, per la forza che dimostrano queste donne quando, pur non riconoscendo più il proprio riflesso, combattono e non soccombono,
IO DICO BASTA. E TU?
Nicole Della Pietà
Che implicazioni psicologiche può subire un essere umano in questi casi?
Il corpo ha un ruolo principale nel determinare l’immagine che ognuno ha di se stesso. È segno della nostra individualità: ciò che ci identifica e differenzia; ciò che ci rende unici e particolari. È qualcosa con cui ci relazioniamo. È qualcosa che ci fornisce un contenimento e una continuità. Freud affermava che “l’Io è innanzitutto un essere corporeo”, Galimberti asserisce che “Noi siamo il nostro corpo”, Anzieu arriva a coniare il termine di “Io-Pelle” che protegge corpo e mente, definendone i confini, una struttura di comunicazione con il mondo esterno. Il volto, tra tutte le regioni anatomiche del nostro corpo, è la parte più rilevante quando ci relazioniamo. Il volto è il nostro biglietto da visita, la prima cosa che gli altri notano di noi, il mezzo principale con cui comunichiamo i nostri sentimenti e le nostre emozioni. Per alcune donne, sempre troppe, il volto diventa un problema. E non riguarda più la bellezza, ma lesioni così gravi da distruggere una fisionomia. Si parla di donne a cui viene rubato volto.
Ansia. Depressione. Stress continuo dovuto alla preoccupazione e alla sofferenza. Un’autostima rasa al suolo. Una coscienza di sè completamente da ricostruire. Un senso di identità messo a dura prova. Una vita sociale e di relazione ridotta, spesso inesistente. Questo è quello che succede alle donne dal volto rubato.
Una violenza che non uccide. Una violenza che viene ricordata ogni volta che ci si guarda allo specchio. Una violenza che umilia ed emargina. Una violenza che condanna al dolore. Una violenza che espropria la donna colpita della sua personalità. Una violenza che impoverisce e a volte priva di senso la qualità della vita di chi la subisce. È impossibile guardare queste donne in faccia e non vedere quello che hanno subito. Lasciamo che la loro voce prenda il posto del loro volto perché a nessun’altra donna venga rubato il proprio viso.
Giordana De Anna