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I classici d’Autore: il ‘600

Se da un lato il Seicento ‘filosofico’ è caratterizzato dal rapporto della filosofia con la scienza e dal risveglio dell’interesse per lo studio dell’uomo, che portano alla formazione della scienza moderna, che si distaccherà dalla filosofia e dalla teologia permettendo la crescita della consapevolezza dell’essere ‘uomini comuni’, come invitava a fare Bacone, affermando un’idea del conoscere come fare e come costruire, nell’arte se si dice Seicento, si parla di Barocco. 

Periodo in cui la forma vuol prevalere sul contenuto, in qualsiasi forma di arte; da quelle visive a quelle musicali o letterarie. Non sempre l’uso di una forma che tende all’esagerazione è di immediata comprensione, non sempre piace.

Spesso, infatti, si finisce per riservare meno attenzione al contenuto: ci rimane in mente un insieme di parole per come sono scritte, ma non per ciò che dicono. Si arriva a ricordare l’inconsueto tono della frase ma non ciò che vorrebbe trasmettere.

Il Barocco è ostentazione, esagerazione: in questo consiste la sua meraviglia, nel voler creare lo stupore immediato di un lettore.

L’esponente più importante, nel panorama letterario italiano, è Giovan Battista Marino, con la sua maggiore opera: l’Adone.

Io chiamo te, per cui si volge e move
la più benigna e mansueta sfera,
santa madre d’Amor, figlia di Giove,
bella dea d’Amatunta e di Citera;
te, la cui stella, ond’ogni grazia piove,
dela notte e del giorno è messaggiera;
te, lo cui raggio lucido e fecondo
serena il cielo ed innamora il mondo,
tu dar puoi sola altrui godere in terra
di pacifico stato ozio sereno.

Pubblicato nel 1623, è un poema diviso in venti canti e composto di più di quarantamila versi in ottave. Colpisce la lunghezza, colpisce il linguaggio, colpisce il rovesciamento del poema eroico dal punto di vista tematico e dal punto di vista stilistico. Un tema amoroso e mitologico, che si distacca quindi da quello storico e verosimile a cui appartenevano le opere di Autori precedenti.

La vicenda dell’amore tra Venere e Adone è arricchita da molte digressioni, descrizioni e racconti secondari che si innescano all’interno dell’intreccio primario. Marino non scandisce il ritmo della narrazione, ma vuole creare “meraviglia”: vuole stupire.

Non conta l’ordine logico, non conta uno schema: il Seicento li rompe, crea un ordine che non esiste e che mira solamente a ricamare il mondo in toni seducenti e di lusso. La magnificenza è superficiale, vanitosa, che orna proprio come una stupenda cornice.

Nell’Adone il tema amoroso non è presentato come qualcosa di profondo e particolarmente romantico o struggente; è una sequenza di sensazioni che racchiudono lussuria ed ambiguità. E’ un gioco di forme, non di sentimenti.

Ma, questa visione dell’amore, può coinvolgere davvero il lettore di oggi?

La prospettiva seicentesca, per i nostri giorni, può essere amata o disprezzata. Viviamo nel mondo in cui convivono sentimenti duraturi e forti e legami dettati dalle sensazioni del momento.

Vuoi acquisire fama? L’esagerazione, troppo spesso, è sinonimo di popolarità. Ostentare il desiderio senza nessun vero sentimento è una realtà che a tutti è capitato di affrontare.

Non si parla di amore, ma di “piacere”.

La sensazione cattura tutti, senza lasciare tracce troppo visibili; non c’è la percezione della sostanza, ma dell’esteriorità.

Visibile agli occhi di chiunque, perché è stupefacente.

Ed è proprio questo che ci rimane dello stupore momentaneo: ricorderemo di averlo provato, trovandoci al tempo stesso in difficoltà a ricordare il motivo per cui ci siamo stupiti.

Cecilia Coletta

[Immagini tratte da Google Immagini]

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