All’interno del patentino di educazione alla cittadinanza “L’uomo e l’agire nella società’ promosso dal Comune di Cavallino Treporti e dalla Biblioteca Comunale di Cavallino Treporto, HOMO FABER, due serate a cura de La Chiave di Sophia.
Lo sviluppo delle due serate intende abbracciare la questione della libertà articolandosi in un primo momento sul piano teorico-morale, per poi proseguire sul piano pratico e del contesto quotidiano.
■ Giovedì 28 Febbraio – ore 20.30
Sala Consiliare Comune di Cavallino Treporti
Piazza Papa Giovanni Paolo II, 1
■ Giovedì 7 Marzo – ore 20.30
Sala Consiliare Comune di Cavallino Treporti
Piazza Papa Giovanni Paolo II, 1
■ INTERVENGONO
Elena Casagrande: direttrice editoriale La Chiave di Sophia
Luca Mauceri, autore
Massimiliano Mattiuzzo, autore
«Homo faber est suae unusquisque Fortunae» così sentenzia Sallustio, storico e politico della Roma repubblicana, molto caro al giovane Friedrich Nietzsche. Questa frase divenne la formula con il tono di un motto su cui si fondò l’ideale dell’Homo Faber: concetto cardine dell’Umanesimo quattrocentesco. Divenne così fondamentale in quanto è espressione di una potente ideologia: l’uomo è l’artefice degli eventi che determinano la sua vita quindi ha in mano il suo proprio avvenire. Immanuel Kant nella sua risposta alla domanda Che cos’è l’illuminismo? nel 1784 ripropone un’altra sentenza latina: «sapere aude!»; l’imperativo che esorta l’uomo ad avere il coraggio di usare la sua propria intelligenza per risolvere (o evitare) i problemi che la vita gli presenta, senza delegare ad altri il compito della loro risoluzione né attendere che essi si risolvano da soli. Le due sentenze, sono connesse nella prospettiva nietzscheana dell’uomo che deve divenire ciò che è a partire da se stesso, con le sue proprie forze intellettuali e volitive. In questa teoria esistenziale l’arbitrio e il destino si identificano.
L’attività dell’uomo che si fa da sé è il fare, ed è un fare peculiare volto a costruire una personalità nel tempo e questo ci riporta all’Homo Faber. Si tratta di uscire da una condizione avversa, che sia l’ignoranza nel caso di Kant o il problema incombente del progresso della tecnica. Nella tanto citata età della tecnica l’uomo ha visto trasformare la sua attività non più nella forma dell’agire, ma del puro e semplice fare. Questo è il sigillo dell’età della tecnica. Agire vuol dire che io compio un’azione in vista di uno scopo, fare vuol dire che io eseguo azioni descritte e prescritte senza conoscere gli scopi finali e, qualora li conoscessi, senza averne alcuna responsabilità.
Affrontando dunque la questione della libertà, attraverso il pensiero di Kant, Spinoza, Nietzsche, Heidegger e Galimberti si cercherà di delineare una semantica dell’agire e del fare che possa riappropriarsi di quella dimensione etica dell’agire che il tempo della tecnica sta dimenticando.
Per info: info@lachiavedisophia.com