Chi, incuriosito dal suo aspetto antico, aprirà la valigia lasciata sulla porta di una libreria, la troverà piena di oggetti dalla concretezza indubitabile: pennarelli a punta grossa e matite, forbici, cartoncini colorati… Che sia la valigia di un artista? Ma a cosa potrebbero servire due scatole di cartone luccicanti, carte da gioco giganti, illustrazioni di illusioni ottiche e due cappelli a forma di gatto perfettamente uguali? Forse è stata dimenticata qui da un mago! Peccato che le cose astratte non si possano vedere né toccare. Altrimenti, salterebbero subito agli occhi tre idee, pronte a uscire dalla valigia per garantire la certezza che si tratta de La valigia del filosofo: i concetti di senso, verità e validità.
Questi sono i concetti essenziali della teoria dell’argomentazione, che si applicano rispettivamente alle nozioni di termine, enunciato e ragionamento. Il modo di fare filosofia con i bambini che caratterizza ogni laboratorio de La valigia del filosofo prende forma proprio a partire dalle basi della teoria dell’argomentazione. Per questo motivo, i concetti di senso, verità e validità occupano molto spazio – per fortuna solo in teoria – all’interno della valigia. Sono il filo conduttore che giustifica lo spazio materialmente occupato da quella varietà di oggetti concreti apparentemente alla rinfusa, e che spiega come questi oggetti si trasformino in strumenti didattici.
I termini dotati di senso sono le parole del nostro linguaggio che hanno significato in sé. Le parole sono realtà materiale, suono della voce se stiamo parlando, o segni su carta se scriviamo. Se tale materialità ha un legame con “ciò per cui sta”, se la parola si riferisce a una qualche entità, allora è dotata di significato e può essere usata per costruire un enunciato, elemento minimo del nostro modo usuale di comunicare.
Il senso si trasferisce naturalmente dalle parole (o termini) agli enunciati. I bambini, in alcuni degli incontri del laboratorio Officina Frullapensieri, sono guidati nella scoperta dei concetti di base della logica classica, applicata agli enunciati dichiarativi. La riflessione si svolge attraverso il gioco con la macchina della verità: una macchina in grado di leggere gli enunciati tramite le sue speciali antenne, che sa sempre se ciò che legge è vero oppure falso. Una macchina blu che non sa parlare, ma che può rispondere agli input accendendo due luci: una verde, per il vero, o una rossa, per il falso.
Quando un bambino aggancia a una delle antenne un cartellino con su scritto “la volpe pavese trottera nello zucchero con tre entrinciattoli”, a nessuno dei compagni pare così strano che la macchina sembri impazzita. Le due luci si accendono alternandosi, intermittenti… qualcuno pensa che la macchina esploderà! La discussione, in classe, si anima: cosa sono gli “entrinciattoli”? Probabilmente animali, ma quali? E poi, cosa vuol dire “trottera”? All’improvviso le luci della macchina della verità si spengono contemporaneamente. Molti bambini sono pronti a spiegare il suo comportamento: la macchina della verità funziona ancora alla perfezione, ma, in questo caso, non può decidere tra vero e falso! Le parole “trotterare” e “entrinciattolo” hanno la forma apparente di un verbo e di un nome, ma non si trovano sul vocabolario! La macchina della verità ha sospeso il giudizio su questo particolare enunciato (ammesso che lo sia), perché la mancanza di senso di alcune delle parole che lo compongono si trasferisce alla sua interezza. Come minimo dovremmo metterci d’accordo sul significato della parola “entrinciattolo”. Stabilire che, da oggi, per tutti i bambini della scuola, la parola si riferisce esclusivamente a scoiattoli e ghiri delle foreste canadesi, e spargere la voce.
La classe rinuncia subito all’impresa. Una bambina, allora, appronta un piccolo foglio da far leggere alla macchina della verità, scrivendoci sopra “fantasmi”. La reazione osservata da tutti sembra molto simile alla precedente. Mentre il verde e il rosso delle luci si rincorrono, qualcuno ha già capito il motivo: «quella non può essere né vera ne falsa… Perché non è una frase!» Le luci, di nuovo, si spengono. E c’è poco da aggiungere all’osservazione appena fatta. “Fantasmi” è un termine, non un enunciato, ed è qui che emerge la fondamentale differenza tra i due elementi linguistici: mentre sia a proposito dei termini che degli enunciati possiamo porci domande relative al senso, non è lecito domandarci se i termini siano veri o falsi. La verità entra in gioco soltanto nel momento in cui, mediante un enunciato, descriviamo una certa situazione o il sussistere di una certa relazione tra oggetti o individui, e valutiamo il rapporto tra la nostra descrizione e “ciò per cui essa sta”. In un balzo, gli enunciati ci fanno saltare dal senso alla verità.
La valigia del filosofo