Siamo un grido nella notte.
Così Massimo Recalcati, uno dei più noti psicanalisti italiani, definisce l’individualità umana ne Il complesso di Telemaco.
Ciò che fin dalla nascita anima la vita umana è il desiderio, il cui oggetto si identifica con l’Altro.
Ognuno di noi è irrimediabilmente esposto, aperto e alla ricerca disperata di qualcuno in grado di rassicurarci. Quella che noi ogni giorno gli rivolgiamo è una domanda d’amore, come ciò che dà senso alla vita.
Questa fame d’amore è osservabile nel bambino o nel gattino, quando succhiano il seno o la mammella della propria madre, aggrappandosi a quel corpo che gli ha dato la vita e che li sta nutrendo. Si alimentano d’amore, di calore, di energia. Come sostiene lo psicanalista,
la vita ha fame di vita, spinta di sopravvivenza, spinta autoaffermativa di se stessa. La vita vuole la vita.
Il grido è ciò che umanizza questa disperata domanda d’amore e riconoscimento da parte dell’Alterità. Gridando nella notte, nel silenzio più assoluto, attendiamo un riconoscimento.
A volte, tuttavia, questa risposta alle nostra urla d’aiuto tarda ad arrivare, altre ancora, la domanda d’amore non viene ascoltata. È così che ci si sente sprofondare, privati di quella carezza che ci avrebbe dovuto rassicurare durante la vita e che, venuta meno, non ci permette di ritrovare la via d’uscita dal nostro labirinto interiore. L’assenza di ciò che avrebbe dovuto dare senso nella nostra vita, in quanto fonte necessaria per il nostro riconoscimento come persona, ci fa cadere nello sconforto.
Il binomio amore-riconoscimento è fondamentale per comprendere l’origine di molti disturbi mentali e di alcune patologie psichiatriche del nostro secolo e di quello precedente, in particolare presterei maggiore attenzione all’ambito dei disturbi del comportamento alimentare, trattati approfonditamente anche da Fabrizio Turoldo, docente dell’Università Cà Foscari di Venezia, nel saggio Le malattie del desiderio.
Anoressia e bulimia nervosa sono sintomi che nascono laddove la coppia di elementi che ho precedentemente stabilito come ineliminabile nella vita di ogni individuo, quindi amore e riconoscimento, si rovescia nel suo esatto opposto: la morte e l’ideale. Il disturbo fa in modo che il pensiero del cibo sia onnipresente nella vita della ragazza anoressica o bolimica (e parlo di ragazze in quanto, malgrado il numero degli individui di sesso maschile affetti da tali patologie, stia crescendo negli ultimi anni, il fenomeno costituisce un’epidemia mortale per le donne); il controllo della propria alimentazione e della propria immagine si trasforma in un bisogno senza il quale è impossibile vivere. In un certo senso, come scrive anche Fabiola de Clerq, in Fame d’amore e in Tutto il pane del mondo, il sintomo rappresenta l’unica ragione per la quale si è ancora disposte a sopravvivere, una nuova identità che protegge dai mali esterni.
Se non fosse che sotto quella mera illusione si nasconde una volontà di morte..e il mancato riconoscimento della propria unicità, conduce a raggiungere un’ideale che, in quanto tale, non potrà mai raggiungere compimento.
A differenza di ciò che il luogo comune conserva, i disturbi del comportamento alimentare sono nutriti dalla forza di volontà; ci vuole forza per scegliere il “niente”, per dire di “no”, per rifiutare la vita e l’amore. Ci vuole forza nel sentirsi le padrone del mondo, mentre si scompare.
La magrezza incarna quel richiamo. Quel bisogno di essere amati e riconosciuti come persone insostituibili.
Mentre si rimane attanagliati da delle aspettative a cui non riusciremmo mai ad adeguarci, si grida in silenzio, si parla con il corpo.
Sara Roggi
[Immagini tratte da Google Immagini]