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Giochi a somma variabile

Cosa ha a che fare l’economia con la filosofia?

In realtà le due materie sono inevitabilmente intrecciate, basta guardare le pubblicità degli ultimi giorni per leggere “Il tuo broker di fiducia”. Sembra che qui entri appunto in gioco una componente fondamentale dell’Economia: la Fiducia.

Spesso crediamo che il linguaggio delle scienze economiche sia la matematica, rigidi parametri quantitativi, tabelle e diagrammi, mentre essa si fonda prevalemente su una variabile imponderabile quale l’umano, i suoi sentimenti e quindi alla sua stessa base soggiaciono presupposti antropoligici: che cos’è l’uomo? Che cosa faranno le persone?

Siamo in balia quindi di dinamiche che investono tutti e nessuno, del resto il presupposto perché si effettui un qualsiasi tipo di scambio è che vi sia un sostrato comune, appunto la Fiducia, e quindi una comunità è tanto più rigogliosa dal punto di vista economico quanto più quella stessa comunità è improntata a processi di reciprocità e mutuo soccorso, pur nel perseguimento dei propri fini.

Adam Smith credeva infatti nella mano invisibile, in una qualche forma di autoregolazione del mercato fondata sul perseguimento da parte degli attori economici del proprio tornaconto personale. Oggi la Teoria dei Giochi ci insegna che le cose stanno differentemente: John Nash ci ricorda infatti che l’economia funziona solo se trasformiamo i giochi a somma zero in giochi a somma variabile, dove cioè tutti gli attori in questione pur perseguendo i loro interessi cercano di massimizzare il loro valore aggiunto ostacolandosi il meno possibile.

E qui rientra in gioco la Fiducia, senza fiducia come potrebbero dei potenziali competitor cercare di coordinarsi tra di loro?

Oggi la nostra economia è devastata da giochi a somma zero: o vinci tu o vinco io. E continuiamo quindi a perseguire un darwinismo sociale deviato che ci porta a perseguire schemi economici distruttivi e non integrativi in cui i competitor si distribuiscono nel mercato cercando di valorizzarsi limitando al minimo i propri conflitti.

Tanti pensano che sia il conflitto il fondamento dell’economia, ma si sbagliano. L’economia vive e si nutre principalmente di Fiducia, di riconoscimento reciproco e questo fin dai tempi più antichi, se non mi fido perché dovrei contrarre un accordo? Noi stessi come consumatori spesso ci troviamo a esperire questa sensazione e le aziende o i nostri partner commerciali attuano con noi fenomeni di – notare il termine – “fidelizzazione”, cioè ancora una volta cercano di generare in noi fiducia nei loro confrontri e una sorta di fedeltà a quel brand o a quel prodotto.

Riprendendo John Nash diventa quindi centrale attuare dinamiche cooperative e integrative seppur nel confronto reciproco: dovrebbe insomma esserci sempre una sorta di fair play che ci conduca a una massimizzazione degli interessi di tutti gli attori in gioco entro certi limiti, un po’ come la mia libertà si arresta di fronte alla libertà di un’altra persona. Se si raggiungesse questo senso del limite forse usciremmo dalla crisi in cui versiamo oggi.

La Fiducia implica investimenti, implica consumi, è la Fiducia che ci fa mantenere un titolo azionistico al posto di venderlo, perché abbiamo fiducia nella redditività di quel titolo.

Alla base dell’economia sta quindi una qualità umana come appunto il riconoscimento reciproco il cui studio è stato approfondito negli ultimi decenni da ampie correnti filosofiche, come ad esempio le contemporanee teorie dell’agency e dello studio dei rapporti intersoggettivi, che non a caso si interessano molto, tra le altre cose, anche dei rapporti economici che legano gli individui razionali impeganti nella contrazione di un contratto o di un qualsiasi impegno reciproco. Alla base di questi studi sta il concetto secondo cui i rapporti umani si basano più sul confronto positivo e sul riconoscimento che sul conflitto.

Siamo sicuri che la crisi economica che sta investendo l’Occidente sia una vera crisi economica? Mi spiego meglio, non è che alla base di quanto ci sta accadendo non ci sia invece una crisi umana e valoriale?

La crisi forse non è legata solo a numeri, parametri economici, trend quanto a un impoverimento umano, un mancato riconoscimento, una mancata condivisione comunitaria…in poche parole a una crisi di fiducia nel prossimo, nel futuro e, forse, in noi stessi?

Matteo Montagner

[immagini tratte da Google immagini]

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