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Per il futuro del pianeta: intervista a Rossella Muroni, Presidente Legambiente

I festival a cui abbiamo partecipato questo autunno sono stati per noi una fonte inesauribile di informazioni, visioni del mondo, conoscenza ed anche incontri. Dopo un dibattito molto interessante sul nostro pianeta-ambiente ed il nostro rapporto con esso, offerto dal festival della rivista Internazionale a Ferrara lo scorso ottobre, ho avuto modo di chiacchierare personalmente con uno degli ospiti: Rossella Muroni, classe 1974, sociologa, Presidente Nazionale di Legambiente, associazione ambientalista senza fini di lucro fondata nel 1980.
Per me è stato particolarmente emozionante poter dialogare con lei e condividere le reciproche prospettive sulle tematiche ambientali, parlare di quell’amore (perché non potrei definirlo diversamente) che condividiamo per la natura e per l’ambiente in senso lato, che comprende ogni essere vivente inclusi anche gli animali e naturalmente anche l’uomo, con le tematiche sociali ad esso annesse.

Ecco dunque un estratto della nostra conversazione.

 

Da quasi un anno lei ricopre la carica di Presidente Nazionale di Legambiente, ma è da ben vent’anni che lavora all’interno dell’Ente, cominciando come volontaria. Dopo tutto questo tempo, qual è l’idea dietro la parola “ambiente”?

L’ambiente è un tema vasto da una parte, ma che riguarda moltissimo anche la dimensione individuale; è infatti il luogo in cui noi necessariamente dobbiamo essere in equilibrio, soprattutto perché è un luogo che non ci appartiene, dove noi siamo degli ospiti: da qui l’idea di rispettare con pari dignità lo spazio che ci ospita. Parafrasando un famoso detto ambientalista, noi questo ambiente ce lo abbiamo in prestito dai nostri figli e dobbiamo assolutamente restituirglielo addirittura migliore di come l’abbiamo trovato, dunque c’è questa concezione a 360 gradi che si coniuga con un’idea di protagonismo individuale nella difesa dell’ambiente.

Quali sono i principali frangenti in cui Legambiente ad oggi si sta impegnando?

Sicuramente noi abbiamo una tradizione molto forte per quanto riguarda la qualità della vita in città, ma anche la qualità del mare. Abbiamo sempre contraddistinto la Legambiente per un contributo scientifico: abbiamo infatti un fortissimo comitato scientifico, facciamo analisi, dossier e studi proprio perché pensiamo che la scienza possa essere il fattore dirimente su cui fare ambientalismo, poiché riteniamo che la risposta scientifica sia una risposta edulcorata dalle opinioni – o almeno teoricamente dovrebbe essere così – e che quindi guidare l’opinione ambientalista tramite la scienza possa essere un fattore utile alla crescita e al cambiamento delle cose che ci circondano. Contemporaneamente però la Legambiente ha sempre voluto essere anche una forza molto popolare, per cui l’ambientalismo non è solo per pochi, per una élite: si punta invece ad un ambientalismo che possa coinvolgere tutti. L’altro nostro elemento molto forte è questo volontariato ambientale per cui ognuno può rimboccarsi le maniche, andare a pulire una piazza, una strada o una città, perché questo di fatto ci rende cittadini responsabili.

Negli ultimi mesi dell’anno numerosi Stati mondiali hanno siglato gli accordi internazionali stilati a Parigi nel dicembre 2015, ratificati ad inizio settembre anche dai due colossi dell’inquinamento, Stati Uniti e Cina. Nel frattempo però l’Earth Overshoot Day è stato anticipato ancora di qualche giorno rispetto all’anno precedente, attestandosi sull’8 agosto. Lei ritiene possibile un’inversione di tendenza?

Io credo assolutamente che l’inversione di tendenza ci possa essere, sicuramente dobbiamo smettere di accelerare le dinamiche riguardanti i mutamenti climatici. Il fatto di muoversi in un contesto di accordi internazionali credo sia l’unica chance che abbiamo, perché se stiamo alla volontà dei singoli governi noi questa battaglia la perdiamo; muoversi in una dimensione di rete internazionale guidata addirittura dagli Stati Uniti d’America e dalla Cina ci può invece aiutare a combattere questa battaglia. L’Italia ancora non ha ratificato gli accordi di Parigi, quindi arriviamo con colpevole ritardo; proprio ieri l’Unione Europea ha deciso di ratificarli come Unione Europea1, ci sarebbe molto piaciuto che l’Italia lo ratificasse per prima perché pensiamo che sia importante svolgere (almeno da questo punto di vista) un ruolo di leadership territoriale2. Gli accordi internazionali sono dunque fondamentali, ma è anche necessario che ogni Paese faccia la sua propria parte, altrimenti non possono funzionare.

Quali potrebbero essere i tre principali provvedimenti a livello internazionale su cui puntare per giungere a tale inversione di tendenza?

Sicuramente lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dunque abbandonare lo sviluppo dei fossili; una gestione attenta dei rifiuti che si fondi sul principio dell’economia circolare, dunque rifiuti che non vengono ri-immessi nell’ambiente ma vengono invece riutilizzati oppure riciclati, quindi la circolarità delle produzioni affinché la produzione dei rifiuti diminuisca; e poi sicuramente promuovere l’idea di muoversi in maniera diversa, nonché offrire concretamente una mobilità più sostenibile, poiché essa è uno dei bisogni storici atavici della popolazione umana e quindi dev’essere assolutamente risolta in maniera sostenibile.

Papa Francesco, nella sua più recente enciclica legata alle tematiche ambientali e sociali (Laudato si’, 2015), sostiene la necessità di rispondere alla «grande sfida culturale, spirituale ed educativa» che il nostro stesso comportamento nei confronti dell’ecosistema ci ha condotti ad affrontare. Quale ritiene possa essere dunque il peso di una “rivoluzione dal basso”, dunque che coinvolga l’azione del singolo, rispetto agli accordi internazionali come quelli di cui abbiamo parlato prima?

E’ un peso fondamentale, anche perché dimostra che c’è una desiderabilità sociale delle ricette ambientaliste, cioè il fatto che le persone siano disponibili a cambiare i propri stili di vita e i propri consumi dimostra il fatto che le ricette che noi proponiamo non sono ricette punitive ma riguardano il futuro del mondo e come noi intendiamo costruirlo, quindi è assolutamente dirimente. Per altro il fatto che le persone consumino in maniera diversa ci aiuta a orientare il mercato, perché è la domanda che fa l’offerta, e quindi se tutti iniziano a domandare qualità ambientale prima o poi l’offerta di qualità ambientale aumenterà.

E quindi quali potrebbero essere a suo parere le tre abitudini o i principali accorgimenti da adottare per diventare cittadini più ecologicamente attenti e responsabili?

Si può mangiare in maniera più sana e più sostenibile, ci si può muovere in maniera più sana e più sostenibile – in definitiva, farsi un bell’esame di coscienza su quello che mangiamo e su come ci muoviamo – e poi si può consumare molto di meno i prodotti, sprecare di meno, che siano essi i prodotti stessi o i materiali, e quindi per esempio quando si va al supermercato scegliere cose con meno imballaggi. Quando mi sento dire che il biologico costa troppo, suggerisco sempre di comprare dei prodotti che abbiano meno imballaggi, perché quello è davvero un modo per contribuire. Naturalmente poi è importante fare la raccolta differenziata, scegliere di riutilizzare delle cose, magari invece di buttarle in discarica portarle ad un mercatino dell’usato, e quindi farle riutilizzare da qualcun altro… Sono delle cose banalissime, ma che secondo me sono alla portata della vita di ciascuno, cioè non esiste “non ho tempo”, queste cose si possono benissimo fare, e per quanto piccole danno un grande contributo, anche perché appunto dimostrano l’attitudine al cambiamento che le persone possono avere.

C’è e c’è sempre stata molta filosofia nell’uomo che osserva il mondo (anche naturale) attorno a sé. Lei crede che la filosofia possa effettivamente aprire delle soluzioni alle problematiche ambientali?

La filosofia può aiutare tantissimo, perché secondo me può accompagnare un’analisi dei processi in corso, anche per combattere questo scetticismo, questo fatalismo, che è il più grande nemico del cambiamento. Invece dal punto di vista anche filosofico e della speculazione filosofica, è importante approfondire il ruolo del singolo, l’importanza del suo ruolo, e la capacità di cambiamento e rivoluzionaria che ciascuno ha nella pratica pacifica e nello scegliere; io credo che questo potrebbe essere un grande contributo che la filosofia possa offrire per dare dignità a questo tipo di pensiero e a farne capire la grandezza; in questo caso si tratta di trasformare delle pratiche in pensiero condiviso, approfondire e fare analisi rispetto a quanto questo procedere abbia una sua storicità da una parte, e dall’altra possa davvero dare un contributo fondamentale al progresso dell’umanità. Questa è una battaglia che ha bisogno di tutte le scienze, non è vero che ha bisogno solo delle scienze matematiche e dell’ingegneria – sì, sicuramente c’è bisogno di questo, però anche le scienze della mente hanno un ruolo fondamentale; io penso alla sociologia, oppure alla psicologia, perché noi spesso sottovalutiamo quanto le persone soffrano in un ambiente inquinato, quanto un privato cittadino influenzi in negativo la serenità delle persone. Davvero c’è bisogno di ogni scienza per dimostrare che la sostenibilità è una ricetta valida per l’umanità.

 

Sta diventando sempre più difficile che il singolo possa scegliere: la situazione ambientale è così preoccupante che essere più ecologicamente responsabili finirà col divenire una legge per tutti. Fintantoché si può ancora scegliere i comportamenti da adottare, il mio consiglio è di provarci: sapere di limitare il male inflitto dalla mano umana sul mondo, anche se in piccola, piccolissima parte, ci restituisce una libertà ed una sensazione di benessere davvero inaspettate. Riporto una frase che non smetto mai di condividere, perché penso che racchiuda tutto, davvero tutto:

«Sii quel cambiamento che vuoi veder accadere nel mondo», Mahatma Gandhi.

 

Giorgia Favero

 

NOTE:
1. Il Parlamento di Strasburgo ha definitivamente approvato (con maggioranza schiacciante) la ratifica della COP21 il 4 ottobre 2016.
2. Il 22 aprile 2016 presso la sede delle Nazioni Unite a New York, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha firmato, insieme a molti altri rappresentanti dei Paesi del mondo, gli accordi internazionali di Parigi. Ai sensi del diritto internazionale, però, la firma non implica direttamente la ratifica: essa rappresenta una conferma, da parte degli Stati partecipanti l’accordo, del testo da ratificare. In questo caso la si può anche considerare un vincolo a procedere, tramite il Parlamento italiano (e così per ogni Stato in base alla propria Costituzione), alla ratifica, ed obbliga lo Stato a non porre in essere attività contrarie al trattato. La Camera ha effettivamente ratificato i trattati il 19 ottobre 2016, mentre il 27 dello stesso mese c’è stata l’approvazione in Senato: in forte ritardo, dunque, ma con voto quasi unanime.

Intervista rilasciataci dalla Presidente Muroni il 2 ottobre 2016 durante il festival di Internazionale a Ferrara.

[Immagine di copertina fornita dall’intervistato]

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Giorgia Favero

plant lover, ambientalista, perennemente insoddisfatta

Vivo in provincia di Treviso insieme alle mie bellissime piante e mi nutro quotidianamente di ecologia, disillusioni e musical. Sono una pubblicista iscritta all’albo dei giornalisti del Veneto, lavoro nell’ambito dell’editoria e della comunicazione digitale tra social media management e ufficio stampa. Mi sono formata al Politecnico di Milano e all’Università Ca’ Foscari Venezia in […]

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