Home » Rivista digitale » Filosofia pratica » Attualità » La forza del perdono

La forza del perdono

Siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze: questa è la prima legge di natura.

Voltaire

Una delle cose che risulta più difficile per l’essere umano è il saper perdonare; molto spesso siamo convinti che il perdono sia un semplice atto riducibile all’espressione “mettere una pietra sopra” o che basti il solo dimenticare per ripristinare un rapporto.

Un’errata concezione del perdono ritiene che chi perdona sia un debole; tale considerazione però porta con sé delle domande: se il perdono è veramente la risposta dei deboli, perché risulta così difficile? Perché ci costa così tanto? Pur sapendo che sia giusto, perché lo concediamo con così tanta fatica?

Il perdono è qualcosa di molto più complesso e profondo del semplice atto, non è nemmeno immediato, esso è in realtà un processo, rivolto prima ancora che all’altro, a se stessi e che richiede un certo tempo.

Il termine perdonare deriva dal latino ed è composto dal prefisso per con valore rafforzativo e dal verbo donare, designando dunque quel gesto umanitario con cui, vincendo i rancori e i risentimenti personali, si rimette una colpa, si rinuncia a ogni forma di rivalsa, di punizione o di vendetta nei confronti dell’offensore.

Dall’etimologia della parola emerge chiaramente la pretesa di affinità tra il dono e il perdono, resa ancora più evidente dalla semantica di numerose lingue: pensiamo al francese don-pardon, allo spagnolo don-perdòn, all’inglese gift-forgive e al tedesco geben-vergeben. Dunque non c’è dono senza perdono e non c’è perdono senza dono.

L’elemento che accomuna il donare e il perdonare è senza dubbio la gratuità dell’azione: da un parte l’atto del donare è unilaterale e non implica, nel suo senso più autentico, uno scambio o un rendere indietro; dall’altra il perdonare, affinché sia un gesto autentico, deve essere un atto assolutamente gratuito, senza l’obbligo di ricambiare nel presente o in futuro.

“ogni volta che il perdono è al servizio di una finalità, per quanto nobile e spirituale possa essere (riscatto o redenzione, riconciliazione, salvezza), ogni volta che esso tende a ristabilire una normalità (sociale, nazionale, politica, psicologica) attraverso un lavoro del lutto, attraverso una qualche terapia o ecologia della memoria, allora il perdono non è puro e neppure il suo concetto”

Jacques Derrida

Perdonare non è perdere qualcosa, non è sminuirsi o umiliarsi, il processo del perdono richiede forza e coraggio, richiede la capacità dell’uomo maturo di andare oltre, ma un andare oltre che non si traduce nel dimenticare ma nel superare il risentimento “sforzandoci di vedere il colpevole con compassione, benevolenza ed amore, pur sapendo che egli ha volontariamente abbandonato il suo diritto su di essi”.

La vera sfida e difficoltà del perdono consiste, secondo Derrida, nel perdonare l’offensore pur condannando la sua azione. Nella sua autenticità il perdono riesce a interrompere la catena del risentimento e a liberare finalmente la vittima dalla sua prigionia.

Paul Ricoeur sottolineando chiaramente la difficoltà del perdono, ne mette in luce il suo valore autentico

“il perdono difficile è quello che, prendendo sul serio il tragico dell’azione, punta alla radice degli atti, alla fonte dei conflitti e dei torti che richiedono il perdono: non si tratta di cancellare un debito sulla tabella dei conti, a livello di un bilancio contabile, si tratta di sciogliere dei nodi”

Quello che il filosofo francese vuole dirci è che, nello sciogliere dei nodi intricati, il perdonare ci permette di tagliare il legame esistente tra colpevole e male compiuto ma anche tra l’offeso e il male subito; esso fa si che il tempo riprenda a scorrere tanto per l’offensore che per la vittima, altrimenti imprigionati nella gabbia dell’offesa e del passato.

Per perdonare bisogna guardare la realtà dal punto di vista dell’offensore, comprendendo quelle che possono essere state le motivazioni e le pulsioni alla base delle sue azioni.

Perdonare come accettazione dei fatti accaduti o dei comportamenti subiti

Perdonare come gesto di amore per sè stessi e per gli altri, qui si cela la forza del perdono.

Il perdono è la virtù dei forti”

Gandhi

 

Elena Casagrande

[immagini tratte da Google Immagini]

Elena Casagrande

mountain lover, sognatrice, altruista

Sono nata a Conegliano nel 1992 e da sempre ho una grande passione per la natura, gli sport all’aria aperta e per la montagna. Dopo il liceo scientifico ho scelto di studiare filosofia all’Università Ca’ Foscari Venezia e mi sono bastati pochi mesi di lezioni per capire che la filosofia meritava qualcosa di più che […]

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!