27 marzo 2017 lachiavedisophia

Feriti da parole: “Parole O_Stili” contro gli haters del web

Scelgo le parole con cura.

«Odio come strumento politico» (Laura Boldrini).

«Non nutrire il Troll. Non regalare visibilità. Più ‘noi’ che ‘io’. Humor e temi positivi» (Annamaria Testa).

«L’uso modesto delle parole diventa uso modesto delle idee» (Franco Cesati).

«La bugia può percorrere mezzo mondo prima che la verità si metta i pantaloni» (Winston Churchill).

«Prendersi cura dell’ostilità. Comunicare è farsi capire da chi non è d’accordo» (Bruno Mastroianni).

«Restituire alle parole il loro significato. Aristocrazia delle competenze» (Lorenza Alessandri).

«L’ostilità che il web riflette, non l’ha creata» (Massimiliano Gallo).

«Penso che nel giornalismo occorra fare ecologia dell’informazione» (Anna Masera, giornalista).

Sono alcune delle frasi che mi sono appuntata durante la due giorni dell’evento Parole O_Stili che si è tenuto a Trieste il 17 e 18 febbraio 2017. Parole che tracciano lo stile (scusate il gioco di parole) del progetto dal quale è nato l’evento. Ad un certo punto della scorsa estate, un gruppo di creativi, docenti e comunicatori ha ritenuto di interrogarsi e di riflettere sui moti d’odio, sugli eccessi di rabbia e di aggressività che si riversano sul web. In particolare sui social media.

«Se è fottutamente vero che i social network sono luoghi virtuali dove si incontrano persone reali, allora viene da domandarsi chi siamo e con chi vogliamo condividere questo luogo – così i promotori hanno spiegato il progetto -. Parole O_Stili ha l’ambizione di essere questo: l’occasione per ridefinire lo stile con cui stare in rete e magari diffondere il virus positivo dello “scelgo le parole con cura”, perché “le parole sono importanti”».

In quei due giorni ho avuto di interrogarmi sul peso delle parole e sulla responsabilità che comporta scrivere. Su un giornale o su un social network, poco cambia. L’odio corre sul filo che unisce la tastiera al video. Anche l’amore, certo, ma la forza degli haters batte ancora quella dei lovers. Le notizie di cronaca nera fanno più clamore e sono più lette delle altre. Altrimenti non saremo qui a discuterne. Purtroppo non esiste una bilancia per riconoscere universalmente e con certezza il peso delle parole, se non la nostra coscienza, la nostra morale, il nostro grado di umanità. Il linguaggio dei social manda un riflesso della società di oggi, fatta di chiusure, muri che si alzano, arroganza che batte la gentilezza. Chi ha aderito al Manifesto della Comunicazione non ostile presentato a Trieste non è certo uno stinco di santo, ma è consapevole che sia necessario un cambio di rotta per riportare la conversazione su binari meno disumani. Nelle settimane precedenti l’appuntamento di Trieste, è stata data al pubblico la possibilità di scegliere le definizioni per ciascuno dei dieci principi che compongono il Manifesto. Una sorta di decalogo delle buone maniere quando si scrive, in particolar modo sui social. Ecco il risultato:

 manifesto_parole-ostili_la-chiave-di-sophia

Niente “Peace & Love” bensì dieci dritte di buona educazione nella comunicazione scritta. Perché, scomodando i latini, Verba volant, scripta manent. «La ferita provocata da una parola non guarisce» è stato il motto dell’evento. Quando siamo davanti al video e sfioriamo la tastiera dovremmo ricordarci che non siamo dei pistoleri dallo sparo facile in un saloon del Far West. Anche se i colpi sparati con le parole possono uccidere come quelli di una pistola.

Elisa Giraud

Qui per approfondire il progetto Parole Ostili

[Immagine tratta da Google Immagini]

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