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Environmental Humanities

Due docce fredde: le Environmental Humanities sulla propria pelle

Il vapore mi avvolge, l’acqua scroscia e scivola calda sulle spalle, portandosi via le tensioni e lo stress. Finalmente, un momento solo mio, penso, chiudendo le porte a vetri e assaporando la ritrovata intimità col mio corpo. So già in cosa mi imbatterò, una volta uscita dalla scatola magica: la consueta nebbia che ha riempito tutta la stanza, appannando perfino lo specchio. Più che un bagno di casa sembrerà una sauna. Ma il bollente piacere di questi venti minuti non me lo può togliere nessuno.

Curiosità sull’H20
L’impronta idrica è la misura della quantità di acqua consumata per produrre ciascuno dei beni che utilizziamo e ciascuno dei servizi di cui fruiamo. Può essere calcolata per un individuo, un processo o un prodotto, ma anche per un’intera nazione. Solo il 2,5% dell’acqua esistente sul pianeta è acqua dolce. Di questa, circa il 70% è racchiusa nei ghiacciai. Per ogni minuto di doccia si utilizzano circa 15 litri d’acqua. In cinque minuti di doccia si consumano circa 0.2 mc di gas metano, uno tra i più potenti gas a effetto serra.

Il profumo dello shampoo fra i capelli, il bagnoschiuma sulla pelle che porta via ogni impurità. Assieme allo sporco se ne vanno anche i pensieri: la mente smette di lavorare e i ragionamenti evaporano. Di tanto in tanto tornano a sprazzi, ma sono concatenazioni illogiche più che vere e proprie riflessioni. Massaggiando per bene il cuoio capelluto: Lucia ha un taglio davvero stupendo, dovrò domandarle da che parrucchiera va. Capelli – compagna di corso – università. Perché non mi hanno ancora caricato il voto di Anthropogenic impacts on the environment? Aspetto ancora qualche giorno e poi scrivo al prof. Università – corso di studi in Environmental Humanities – responsabilità ecologica. Chiudo l’acqua: per il tempo in cui applico il balsamo ce la posso fare a resistere.

Breve storia del lavarsi
Il diario medico di Luigi XIV fornisce un’interessante informazione: il Re Sole si fece un unico bagno nei propri sessantaquattro anni di vita. Per secoli infatti in Occidente ci si è affidati alla “pulizia secca”, ovvero all’attività di pulirsi senza acqua, nonché di spulciarsi e farsi spulciare. Le cose cambiano nell’Ottocento: nelle abitazioni borghesi inizia a comparire la sala da bagno, che muta radicalmente non solo il rapporto con il corpo ma anche quello con l’acqua. Sempre di più s’impone l’imperativo della pulizia personale, tanto che oggi la mania dell’igiene gode del più ampio plauso sociale, e un italiano arriva a consumare in media circa 200 litri di acqua al giorno, uno dei record peggiori d’Europa.

Dopo due minuti ho già freddo. Riapro subito l’acqua. Mi scaldo solo un attimo, poi la richiudo. Ho sempre considerato la mia abitudine di fare la doccia esageratamente calda come un guilty pleasure (piacere colpevole) da compensare con altri comportamenti sostenibili. Starò più attenta con la plastica, ma non potete togliermi anche questo. E infatti l’acqua non la richiudo: è davvero una tortura passare da questo bel calduccio rassicurante alla pelle d’oca.

Consumo d’acqua a Lingshui
Tra Settembre 2007 a Febbraio 2008 Andrea Enrico Pia ha svolto una ricerca etnografica a Lingshui, un villaggio situato nell’area rurale di Pechino. La Cina possiede un grave problema di siccità: quando Pia è arrivato a Lingshui, non pioveva da più di due anni. La comunità, composta da circa 500 individui, ha dovuto trovare il modo di adattarsi. L’antropologo ha indagato la percezione di questo cambiamento attraverso il metodo etnografico, intervistando gli abitanti del luogo. Da questa analisi, rispetto all’igiene personale sono emersi i seguenti dati: “In inverno è esclusa la possibilità di un lavaggio completo del corpo. In estate una pompa permette di lavarsi completamente.” La frequenza del lavaggio invece è: “Ogni mattina, viso e mani. I capelli vengono lavati ogni dieci giorni.” Quantità: “Per mani, viso e capelli un solo catino di acqua calda”.

Terrore. Perché l’acqua diventa tiepida? Sposto la manopola ancora più a sinistra: sicuramente in giro per casa sarà stato aperto un altro rubinetto. Invece no: l’acqua diventa sempre più fredda, facendomi irrigidire e iniziare a tremare. Ho ancora il balsamo fra i capelli. Come diavolo faccio se si è bloccata la caldaia? Dal Paradiso all’Inferno. Ma l’Inferno almeno era caldo.

Resilienza
Nell’Enciclopedia Treccani, il termine resilienza è definito in ecologia come “la velocità con cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato”. Vi è un significato anche psicologico: “la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico attraverso la mobilitazione delle risorse interiori e la riorganizzazione in chiave positiva della struttura della personalità”.

Mentre scappo dalla doccia, immergendomi nel vapore fuoriuscito dal box quando l’acqua era ancora bollente, un pensiero mi immobilizza: e se in futuro dovessi fare la doccia fredda sempre? Questa consapevolezza mi si rovescia addosso come il peggior catino di acqua gelida. Da parecchio tempo ormai sono conscia della gravità della crisi ecologica e della possibilità, non più tanto remota, che la società per come la conosciamo oggi possa collassare da un giorno all’altro. Nonostante ciò, e nonostante da due anni io sia iscritta a una Laurea magistrale in cui si trattano nel dettaglio proprio questi argomenti, ho continuato imperterrita con il mio capriccio della doccia bollente. Potrei cominciare ad abituarmi pian piano all’acqua sempre più tiepida, in modo da essere preparata quando arriverà il momento. Ma ne ho davvero il coraggio?
Due docce fredde in uno stesso giorno serviranno pure a qualcosa…

 

Petra Codato

Veneziana, classe 1998. Dopo gli studi classici mi sono iscritta alla triennale in Filosofia, curriculum Filosofia e Storia, presso l’Università Ca’ Foscari. Nel tempo ho partecipato a diversi concorsi letterari, ricevendo alcuni riconoscimenti, in particolare con la pubblicazione di un racconto nell’antologia La bellezza e l’incanto (concorso letterario L’Italia del FAI, 2016).

Cerco di mantenere in un instabile equilibrio i piatti della bilancia su cui peso la mia vita: lo studio filosofico da una parte, i molteplici interessi tra cui l’attivismo, il teatro e l’amore per i viaggi dall’altra.
Avverto la gravosa complessità dell’epoca storica in cui ci troviamo a vivere, e mi impegno per affrontarla nel modo più costruttivo possibile, cercando di trasformare le angosce in positiva creatività.
Sono particolarmente interessata e sensibile alle tematiche ecologiche, che mi coinvolgono sia dal punto di vista teorico che pratico. Perciò, dopo la laurea in Filosofia, mi piacerebbe lanciarmi nell’ambito accademico delle Environmental Humanities.

 

NOTE:
A. E. Pia, Dieci anni, nove siccità. La costruzione sociale del rischio in un villaggio rurale cinese in Percezioni di rischio, a cura di Gianluca Ligi, CLEUP sc, Padova, 2017.
Sul consumo di acqua: https://www.focus.it/ambiente/ecologia/22032010-1549-222-sai-quanta-acqua-consumi; https://www.statista.com/chart/19591/average-consumption-of-tap-water-per-person-in-the-eu/

Sulla storia del lavarsi: https://www.repubblica.it/salute/2018/05/16/news/che_bella_la_scoperta_dell_acqua_calda-266678902/
Sulla resilienza: https://www.treccani.it/enciclopedia/resilienza 

[Photo credit Pixabay]

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