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Dalla poesia alla filosofia

Quale la natura della poesia?

Marie-Louise von Franz, allieva di Jung, in “Alchimia”, apre una parentesi interessante sul tema del linguaggio dell’inconscio, parlando infatti di sciamani, predicatori, e deliri psicotici riscontra una costante nell’utilizzo di un linguaggio retorico, ampolloso e legato ad immagini simboliche.

A questa tipologia di comunicazione e di pensiero si avvicina la poesia.

Già Platone ci dice nello “Ione” che:

tutti i bravi poeti epici non per capacità artistica ma in quanto ispirati e posseduti (Enthousiasmos) compongono tutti questi bei poemi […]il senno finché lo possiede ogni uomo è incapace di poetare e di vaticinare.

Marie-Louise von Franz spiega anche perché s’innesca questo meccanismo: scavando nel profondo della nostra intimità non siamo in grado di comunicare quel che “recuperiamo” utilizzando un linguaggio standard, abbiamo bisogno di dare un’altra forma alla verità, poiché altrimenti sarebbe insostenibile per la psiche.

La poesia è dunque un prodotto dell’inconscio? In parte si, ma non può esserci grande poesia, senza controllo del linguaggio e dei meccanismi che la compongono. (vedi analisi dei meccanismi che hanno generato “Distici” a fine articolo).

Se la natura della poesia è ibrida: composta da inconscio e ragione, quale il suo scopo? La poesia può avere due finalità, unite o distinte.

Creare bellezza …

“È bello qualcosa che, se fosse nostro, ci rallegrerebbe, ma che rimane tale anche se appartiene a qualcun altro”

Ed essere al tempo stesso utile, proprio per la sua capacità di riportare dall’inconscio, “materiale” da analizzare alla luce della ragione, sia per lo scrittore che per il lettore.

Quindi se all’esaurimento dell’Enthousiasmos, il prodotto poetico diviene uno strumento consapevole d’indagine, umana e non, ecco che abbiamo due strade che s’accompagnano verso lo stesso obbiettivo, ecco che abbiamo un’altra chiave per Sophia.

Distici

singhiozzi di scelte zampillano nell’aere

e il bel sorriso è fumante vapore di risorgiva

ciò che risorge, era morto, scomparso agli occhi

abbandonato dalla fisica

ma tu ridi della mia aureola

e io strappo un altro lembo al mio mantello

sia cotone o spazio temporale

per quanto sia grave la voce o il gesto

è la massa che fa sprofondare il tessuto

e tu ai miei bicipiti ti appendi

come un satellite all’orbita

trovandomi un posto nella tua visione cosmica

sono una spanna avanti da quando,

steso l’ordine del tuo caso,

ti lecco di quando in quando.

La poesia è un sistema, è un meccanismo, le parti s’ incastrano, giocano tra di loro, tuttavia, come un sistema naturale, esso deve apparire semplice nell’insieme ma essere complicato nei dettagli.

Analizzerò ora le singole parti.

Ho scelto “singhiozzi” per suono e per appartenenza ad un registro medio alto.

“scelte” è una conseguenza della “s” iniziale di singhiozzi, per farla rientrare in qualche modo sul “filosofico”, poi ho voluto tenere un registro elevato ed ho trovato quest’immagine che mi dava senso di sollievo e di misticismo, aiutando la mia mente ad entrare in uno stato di trance e concentrazione elevata, necessario in quanto la poesia è scavare nell’inconscio.

“Bel sorriso” è qualcosa di umano, di attraente e riprendendo “scelte” che è l’altra componente umana, si qualifica appunto come scelta positiva.

“Fumante vapore di risorgiva” nasce dal collegamento tra zampillare con risorgiva, ed è vago. I primi versi sono spesso un lasciar vagare la mente, per poi fare chiarezza.

“ciò che risorge”, ciò e non chi indica che si parla di una cosa o situazione, “era morto, scomp ..” è una precisazione voluta che si collega con il verso successivo: in fisica ciò che non può essere misurato non esiste.

“aureola” per dimostrare che si è effettivamente passati nel mondo dei morti. Tuttavia questa prova di esperienza vissuta non crea effetti sperati su un altro individuo.

La risposta è il taglio del mantello (come San Martino) dunque un gesto nobile/ma anche immagine vicina all’autolesionismo.

La strofa successiva, comprendendo “bicipiti “di quella dopo, analizza lo scarso peso che ha l’interiorità ed il comportamento rispetto ad un’attrazione carnale.

Su un altro piano si parla della gravità in senso fisico. Con “massa” e “tessuto spazio temporale” che sono i perni della spiegazione sulla gravità nella Relatività generale.

” visione cosmica” è scelto perché rimanda ad un campo pseudo scientifico, dimostrando l’ignoranza/arroganza dell’altro soggetto. Questo mio atteggiamento si risolve nell’ultima strofa, consapevole dei limiti dell’altro ecco che l’ordine del suo caso viene steso, cioè concependo l’ordine come livello di caso pari a 0, ciò perde le sue possibilità tridimensionali e diventa unidimensionale, l’interesse dunque diventa rado ed esclusivamente corporeo: ti lecco di quando in quando.

Gianluca Cappellazzo

[Immagini tratte da Google Immagini]

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