Il conflitto è un fenomeno che ci accompagna per tutto l’arco dell’esistenza: dall’infanzia all’adolescenza, dall’età adulta alla senilità, come elemento inevitabile dell’esperienza umana.
Esso può scaturire da una molteplicità di fattori: diversità di interessi ed esigenze, diversità di sistemi valoriali, difficoltà di comunicazione o semplicemente da equivoci.
Il conflitto è un fenomeno fisiologico di natura soggettiva, in esso hanno un ruolo essenziale l’interpretazione e a rappresentazione che le diverse parti danno della situazione o dell’evento in atto e , pertanto, verrà percepito in maniera dissimile in base alle personalità coinvolte, al loro orientamento emotivo in gioco, ai loro interessi , alle loro esperienze passate, e alla volontà o meno di mantenere la relazione con l’antagonista.
Friedrich Glasl definisce il conflitto come
un’interazione tra attori in cui almeno un attore percepisce un’incompatibilità con uno o più attori nella dimensione del pensiero o delle percezioni, nella dimensione emozionale
I conflitti, dunque, emergono in un sistema sociale e contribuiscono a costruire le dinamiche relazionali e di sviluppo individuale di chi le sperimenta. Noi siamo soliti ritenere il conflitto un momento di aggressione, fuga o di negazione, associandolo il più delle volte alla guerra e all’uso della violenza, sia fisica che verbale, in realtà all’interno del conflitto si cela una certa positività che implica il riconoscimento dell’alterità e il fondamento dello scambio e della relazione.
Adottare questa prospettiva permette di intraprendere un percorso di educazione, che consenta agli individui non solo di non temere il conflitto ma di sviluppare le capacità e le competenze per affrontare e gestire i momenti di dissenso, trasformandoli in momenti positivi di arricchimento.
Educare al conflitto positivo e nonviolento significa intraprendere
un addestramento continuo, incessante […] che ci porti ad acquisire a livello primario, relazionale, la capacità di stare dentro al conflitto e la diversità come momento di crescita e non più come fattore di paura o di minaccia. Le vere relazioni umane consentono il conflitto, ossia il confronto, lo scambio, la divergenza e l’opposizione
Eraclito già nel V sec. a.C riteneva il conflitto motore delle cose e forza costruttiva: “Ciò che è opposto si concilia, dalle cose in contrasto nasce l’armonia più bella, e tutto si genera per via di contesa”, conflitto non come sinonimo di morte, intolleranza e avversione, ma conflitto inteso come generazione del bene e della vita.
Anche per Simmel il ruolo positivo del conflitto è un fattore essenziale nella costruzione di legami sociali, il qual mette in evidenza due tendenze distinte ma parallele degli individui: una cooperativa e l’altra individualistica, fondando così l’esistenza sociale su un dualismo reale di base.
Da un parte un sostanziale bisogno di appartenenza e di identificazione con un gruppo di individui, dall’altra parte un bisogno di distinguersi e distaccarsi dall’altro.
Per Simmel gli atti conflittuali rimangono comunque interazioni, momenti di riconoscimento reciproco tra le parti, momenti importanti sia per il mutamento sia per lo stesso sviluppo degli individui, nei quali il soggetto prende coscienza di sé.
ogni volta che compiamo una scelta abbiamo superato un conflitto fra due o più opzioni
Tenendo conto della posizione dello psicosociologo Lewin Kurt, potremmo considerare il conflitto positivamente come possibilità di confronto tramite il quale viene a manifestarsi il proprio potenziale.
Conflitto come ‘motore’ di creatività, come luogo nel quale è possibile trasformare i dissensi e le difficoltà in circostante produttive e in occasione di apprendimento, come momento per conoscere gli altri e soprattutto conoscere se stessi.
I veri conflitti tra due persone non sono mai distruttivi. Portano alla chiarificazione, producono una catarsi dalla quale entrambi i soggetti emergono con maggiore esperienza e maggiore forza.
Erich Fromm
Elena Casagrande
[immagini tratte da Google Immagini]