Sessantatré anni. Una carriera che definire brillante sarebbe ridurre a troppa poca importanza. Una bravura incontestabile.
Eclettico, capace di cimentarsi in ogni impresa portandola a termine come un successo.
Giorgio Faletti, in un’unica parola, era un Artista. Di quelli autentici, di quelli che ormai “ce ne sono pochi”, di quelli che ti piace vedere in tv, al cinema, in uno sketch di cabaret.
E, nondimeno, di quelli che sanno scrivere per davvero.
Avete mai letto “Io uccido”?
Il primo libro che ha scritto ha venduto più di quattro milioni di copie.
Ricordo perfettamente quella copertina rossa e bianca che raccontava già una storia densa di giallo; il resto lo faceva la storia, un thriller riuscito come pochi altri degli ultimi anni: avvincente, caratterizzato da uno stile che tiene incollati allo sfoglio delle pagine. Una dopo l’altra, scorrono veloce senza che nemmeno ci si renda conto.
Brividi.
Leggerlo, per me, è stato questo.
E poi, chi è della mia generazione, Faletti lo ricorda bene in “Notte prima degli esami”: il professore carogna.
Chi non ne ha mai avuto uno?
Quello che non sopporti, che sembra avercela con te giusto dal primo appello fatto in classe.
Ricordo bene le espressioni, l’accurata mimica facciale, di chi è esperto attore di teatro, di chi ha già molta esperienza e un talento innato.
Antonio Ricci, a dimostrazione dei mille talenti dell’amico Faletti, sosteneva che, se si fosse messo in testa di fare il lampadario, sicuramente si sarebbe appeso al soffitto e un giorno, da qualche parte, si sarebbe accesa la luce. Chiamasi talento “multiforme”; sappiamo che nascere col talento insito in noi è dote rara, ma se usata con determinazione ed impegno porta un artista a diventare semplicemente completo.
Del suo talento aveva ancora molto, troppo da darci. Eppure si sa, non esiste un momento programmato per certe cose: chissà con quanto coraggio stava affrontando la sua malattia, chissà come sono andate le cose, a parte quello che siamo in grado di sapere dalle notizie trapelate. Gli avvenimenti non si programmano e, troppe volte, anche davanti al coraggio e a tanta bravura, cedono il passo ad un destino diverso.
Un po’ stroncante, un po’ ingiusto, un po’ beffardo; specialmente quando sei nel pieno della tua carriera, quando sei convinto di essere la forza che ti sei costruito.
È bello salutare un grande artista con una grande frase, perché, almeno ancora un po’, ci racconti di lui.
“Nella vita ci sono cose che cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle, o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai sempre la possibilità di scegliere se in bene e in male”.
Io uccido, G. Faletti
Ci ha lasciato molto da imparare, non c’è che dire.
“Ciao” ad un grande artista.
Cecilia Coletta
[Immagini tratte da Associazione Amici di Piero Chiara]
Al di là della grande perdita come uomo, quello che manca a tutti quanti è la mancanza come scrittore… UNO DEI PIÙ GRANDI.
Chissà quanti capolavori ci avrebbe regalato!