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Che piaga questo 2020!

“Aronne alzò il bastone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi servi. Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egiziani non poterono più berne le acque.”

Questo brano del libro dell’Esodo, il secondo della Bibbia ebraica, poteva richiamare alla memoria qualche film horror, o al massimo un solenne Charlton Heston con barba posticcia e tunica rossa, ma negli ultimi giorni il pensiero va inevitabilmente a quelle 20.000 e passa tonnellate di gasolio che, fuoriuscite da una centrale termoelettrica in Siberia, hanno inondato i fiumi dell’Artico, tingendoli di rosso e uccidendo migliaia di pesci.

Non che questo 2020 ci abbia fatto mancare eventi sconvolgenti, riconducibili alle piaghe d’Egitto di cui parla la tradizione ebraica. Invasione di locuste? Ecco che nell’Africa Sub-Sahariana si forma uno sciame esteso quanto l’intera area metropolitana di Milano, ingigantito dalle inusuali perturbazioni provocate dai cambiamenti climatici. Invasione di zanzare e tafani? Non proprio, ma in Europa arrivano le altrettanto piacevoli “vespe killer”. Pioggia di ghiaccio e fuoco? Per la prima, nel momento in cui sto scrivendo quest’articolo, a inizio giugno nella calda Firenze, sta grandinando furiosamente; per la seconda, non resta che l’imbarazzo della scelta tra i tragici incendi in Australia e il risveglio del vulcano Krakatoa. Pestilenza? Di Covid-19 ne abbiamo parlato fin troppo, e intanto in Africa spuntano nuovi focolai di Ebola. Morte del bestiame? Oltre alla strage di animali selvatici causata dai summenzionati disastri naturali, è bene ricordare i milioni di capi di bestiame abbattuti negli Stati Uniti a fronte di una produzione alimentare interrotta dalle norme anti-epidemiche. Tenebre? Non c’è molto da aspettare, con l’eclissi solare dello scorso 21 giugno. A conti fatti, mancano solo le ranocchie e la morte dei primogeniti per completare l’elenco.

La tradizione biblica legge nelle piaghe un profondo significato teologico, l’affermarsi del Dio unico sulle molte divinità (declassate a “idoli”) dell’Egitto e delle popolazioni vicine a Israele in genere, un ristabilirsi delle forze del Vero su quelle del Falso. In questo senso, una sorta di “esegesi del reale” potrebbe portare a una lettura in positivo anche di queste nuove piaghe d’Egitto formato globale. La contemporaneità postmoderna, d’altronde, ha diversi idoli di cui liberarsi, uno più dannoso dell’altro: l’idolo dello sviluppo illimitato, che distrugge l’ambiente e deruba le generazioni future di risorse che vengono esaurite nel presente; l’idolo di un mercato finanziario ormai slegato dalla ricchezza reale, che macina miliardi inesistenti e porta al fallimento interi paesi semplicemente spostando una virgola su una quotazione; l’idolo dello Stato-Nazione, un’entità che non ha più motivo di sopravvivere alla propria morte storica, e che pure continua a resistere, incancrenendo divisioni, creando conflitto, suscitando sentimenti revanscisti e xenofobi in un mondo sempre più piccolo e interconnesso.

Nel 2020 ne abbiamo ancora fin troppi, di idoli, sugli altari di tecnologie male utilizzate, annunciati dai sacerdoti della meritocrazia che ignorano il crescente gap sociale, difesi da profeti che si ostinano a negare l’evidenza di un danno portato al pianeta e all’umanità stessa da un modello di sviluppo insostenibile, protetti nei templi dei palazzi del potere economico, politico, culturale che rifiuta modelli alternativi di governance sulla base di un profitto immediato che va inevitabilmente a scapito di un maggiore e più generalizzato benessere sul lungo termine.

Se ai tempi di Mosè era sufficiente fuggire dall’Egitto per lasciarsi alle spalle i suoi idoli, queste “piaghe globali” del 2020 sembrano invece sottolineare come non ci siano più confini da superare, un Mar Rosso da attraversare o una Terra Promessa da raggiungere: l’unica Terra che abbiamo a disposizione è questa, e va sanata, curata e protetta perché sia finalmente quella “Promessa”.

Nel racconto dell’Esodo, il cuore indurito del Faraone si rifiuta di cogliere i segni, e l’Egitto soffre sotto i prodigiosi eventi che si abbattono sulla sua popolazione. Per quanto mi riguarda, da bravo primogenito, visti questi primi sei mesi del 2020 corro a procurarmi del sangue d’agnello con cui segnare l’architrave e gli stipiti della porta. Così, per ogni evenienza.

 

Giacomo Mininni

 

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Giacomo Mininni

inquieto, contemplativo, curioso

Vivo da sempre a Firenze, non solo una città, ma un modo di essere. Sono filosofo morale, ma successivamente mi sono specializzato in filosofia delle religioni, e ho lavorato anni nell’ambito del dialogo interreligioso e dei progetti di collaborazione tra fedi e confessioni diverse. Sono felice padre di una bellissima bambina, che pur avendo poco […]

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