“L’arte come emozione” Intervista ad Ale Giorgini – Illustratore e fumettista

Ale Giorgini è un giovane  illustratore e fumettista che vanta già decine di collaborazioni prestigiose tra cui: Warner Bros, Sony Pictures, Foot Locker, Emirates, MTV, Mondadori, Gruppo L’Espresso, Virgin Atlantic, e pubblica ogni mese le sue storie a fumetti su Focus Wild e Focus Junior.

Ha partecipato a mostre e performance in tutto il mondo da New York, Sidney, Los Angeles, San Francisco, a Roma, Milano e Firenze. Le sue opere sono esposte alla Hero Complex Gallery di Los Angeles e alla Bottleneck Gallery di New York.  É insegnante alla Scuola Internazionale di Comics. É il curatore di Illustri Festival.

Uno stile minimale il tratto semplice ed i colori nitidi, come se le figure fossero stampate magicamente sul cartone e poi colorate e ritagliate come in un collage infantile e preciso.Giorgini passa dal fumetto mainstream alle strice per il web, dalle illustrazioni geometriche che citano cultura pop, musica e cinema al fumetto politicamente impegnato, conservando sempre leggerezza e ironia. Read more

Il potere dell’immaginazione

Provate a pensare a quante volte vi ritrovate, nelle più diverse condizioni, ad abbandonare per un istante quello che state facendo per immaginarvi in altre situazioni, luoghi e tempi che rispecchiano perfettamente i vostri desideri, bisogni e voleri.

Chi disteso a letto, chi seduto in una scrivania di ufficio, chi su un banco di scuola o chi di fronte ad un paesaggio, si ritrova sospeso in una nuova dimensione frutto della propria immaginazione.

Riuscite a pensare ad un’esistenza priva della capacità di immaginazione? Privi di quella facoltà di proiettarvi in mondi diversi e alternativi, di situarvi nei luoghi che più desiderate ma nei quali non potete essere, di vivere con le persone che più amate ma dalle quali siete separati, di vedere realizzati i vostri più grandi progetti e obiettivi e sentirvi così pienamente felici? Read more

Che cosa vuol dire essere umani? Il punto di vista olistico

Le descrizioni deterministiche della natura umana, sia di carattere idealistico sia materialistico, tendono a spogliare l’oggetto esaminato di tutti gli attributi che appaiono superflui, mirando a svelare un nocciolo immutabile di caratteristiche, chiamato essenza, assolutamente peculiare deli oggetti dello stesso tipo, responsabile cioè di farli essere così come sono. La filosofia e l’antropologia occidentali hanno sempre dibattuto sulla natura umana, tendenzialmente presumendo che la nostra specie sia dotata di una certa essenza ma discordando sulla sua definizione.

Read more

Il conflitto positivo

Il conflitto è un fenomeno che ci accompagna per tutto l’arco dell’esistenza: dall’infanzia all’adolescenza, dall’età adulta alla senilità, come elemento inevitabile dell’esperienza umana.

Esso può scaturire da una molteplicità di fattori: diversità di interessi ed esigenze, diversità di sistemi valoriali, difficoltà di comunicazione o semplicemente da equivoci.

Il conflitto è un fenomeno fisiologico di natura soggettiva, in esso hanno un ruolo essenziale l’interpretazione e a rappresentazione che le diverse parti danno della situazione o dell’evento in atto e , pertanto, verrà percepito in maniera dissimile in base alle personalità coinvolte, al loro orientamento emotivo in gioco, ai loro interessi , alle loro esperienze passate, e alla volontà o meno di mantenere la relazione con l’antagonista. Read more

Diversità culturale come relazione

Il concetto di diversità è un concetto ambivalente, da un lato inteso negativamente provoca un senso di rifiuto o di esclusione, dall’altro inteso positivamente diventa elemento di arricchimento nel confronto con l’altro.

Il termine assume valenze diverse a seconda del senso e del valore che ognuno di noi, nelle varie situazioni gli attribuisce, parliamo di diversità relativamente ad oggetti, persone, luoghi, tempi, culture, usi e costumi.

Read more

L’empatia come comprensione dell’altro e di sè

Empatia, come il suo equivalente tedesco, Einfühlung, è una parola complessa, da usare con cautela perché molto spesso viene usata a sproposito, equivocando e inducendo in equivoco. Simpatia, compassione, comprensione, partecipazione, sono espressioni che si avvicinano molto ma possiedono un senso decisamente più debole.

Empatia sembra indicare un qualcosa in più, un qualcosa di più profondo, un “entrare dentro” negli stati d’animo degli altri, più che un semplice partecipare.

Con Husserl l’empatia “viene a costituire la via per mezzo della quale il soggetto sperimenta l’esistenza di soggetti altri” definendo la parola un penoso enigma. Read more

Nessuno nasce schiavo

Adesso sto sotto un padrone, 9-10 ore al giorno a cucire palloni, a fare lo stesso lavoro mi rovino le dita e non imparo a fare altro.

Ci sorveglia un adulto. Si accerta che lavoriamo in continuazione. Quando si arrabbia, ci picchia con la bacchetta; è da un anno che lavoro qui con le altre bambine. Alcune avevano solo cinque anni quando hanno iniziato, mangiamo e dormiamo nel laboratorio, c’è poco spazio e l’aria è piena di polvere di lana.

Latif pakistano, ha 11 anni, cuce palloni da quando ne aveva 7; Kira, 7 anni, è tessitrice di tappeti in Nepal.

Read more

La violenza: ineliminabile e inevitabile

La violenza sembra essere un filo che percorre il tessuto della nostra vita.

Tutta la storia umana è costellata dalle violenze più sfrenate: dalle colonizzazioni e invasioni di interi continenti agli stermini, massacri, torture fisiche e psicologiche e produzioni di armi di distruzione.

Anche in questo momento, probabilmente, mentre leggete queste righe, da qualche parte nel mondo si sta compiendo un massacro, un qualche prigioniero sta venendo torturato, migliaia di bambini stanno lavorando sotto sfruttamento e qualcuno , seduto su una scrivania davanti ad un computer sta progettando nuove armi di distruzione.

Ma quando parliamo di violenza, a che cosa ci stiamo riferendo esattamente? Forse ai soli atti intenzionali, mediante i quali si infliggono sofferenze? Cosa possiamo dire invece della violenza che si radica nella forza che intende mettere fine ad un’altra violenza? La nostra cultura forse implica necessariamente diverse forme di violenza? Read more

Che cosa fa di un oggetto, “un’opera d’arte”?

 Di tutte le cose, oggetti o prodotti con cui entriamo in contatto ogni giorno, ne notiamo alcuni per la loro bellezza, altri per la loro bruttezza, altri ancora ci rimangono indifferenti. Solamente di alcuni, però, possiamo dire essere delle “opere d’arte”. A chi non è capitato di entrare in un museo o in una galleria d’arte e dinanzi ad una tela squarciata o di fronte ad un’istallazione di semplici sedie da tavolo, chiedersi: perché tale realizzazione viene considerata opera d’arte? Le opere d’arte si possono riconoscere per qualche proprietà specifica? Sono tali in modo indipendente o perché deciso da esperti? E ancora, sono tali in ogni epoca storica o sono frutto del loro tempo storico?

Domande che diventano ancora più rilevanti se consideriamo opere quali la famosa Fountain firmata R.Mutt, di Marcel Duchamp, del 1917, un semplice orinatoio, o ancora 100 Brillo Boxes di Andy Warhol, costituita da una serie di scatole contenenti spugnette abrasive utilizzate per pulire le pentole, o più in generale tutti i ready-made che pian piano si sono insediati in diversi musei del mondo.

È chiaro che si tratta di oggetti qualsiasi, selezionati dalla realtà quotidiana, opere puramente concettuali, che aboliscono qualsiasi valore alla manualità e tecnica dell’artista. La bellezza in questione non è più, dunque, qualcosa di percepito tramite i nostri sensi, ma è qualcosa che va oltre le nostre proprietà sensibili e percettive.

Ciò che alla fine fa la differenza tra una scatola Brillo e un’opera d’arte che consiste in una scatola Brillo è una certa teoria dell’arte 

scrive Arthur Coleman Danto, filosofo analitico e artista;

è la teoria che la assume nel mondo dell’arte, e la preserva dal ridursi all’oggetto reale che è.

Quello che Danto intende dirci è che, l’oggetto, una volta “trasfigurato” in un’opera d’arte, assume precise proprietà relazionali, che sono strettamente connesse con ciò che Danto chiama “Mondo dell’Arte”, costituito da istituzioni, storia e teorie. L’opera d’arte è definibile solo in rapporto a quelle determinate teorie e istituzioni, e a coloro che hanno acquisito competenze di rilievo in quella particolare epoca storica.

È proprio nell’individuazione delle proprietà relazionali che si rende possibile l’interpretazione che ha strettamente a che fare con la nostra capacità di porre giudizio.

Il giudizio del bello, cui tutti noi facciamo largo uso nella nostra vita, per esempio di fronte ad una foto, ad un quadro, quando guardiamo un film o un’opera teatrale, o semplicemente di fronte ad un oggetto naturale, è suscitato dallo “stato d’animo del libero gioco della fantasia e dell’intelletto” che si genera “dall’accordo della libertà dell’immaginazione con la legalità dell’intelletto” scrive Immanuel Kant nella Critica del Giudizio. Il bello non è una proprietà oggettiva ma scaturisce dall’incontro tra il nostro spirito che contempla la “forma” dell’oggetto e l’oggetto stesso. Il bello è qualcosa di puro, un piacere universale, libero da ogni interesse e condizionamento.

La domanda da cui siamo partiti, potrebbe ora essere sostituita più correttamente con la seguente: può un nostro giudizio individuale definire un’opera d’arte?
Certamente no, a meno che non siamo parte di quel Mondo dell’arte fatto di istituzioni e teorie cui Danto fa rifermento.

Ciò non toglie la grande capacità che un’opera possiede di suscitare emozioni, sensazioni, ricordi, positivi o negativi che siano, propri per ciascuno di noi, indifferentemente dal fatto di essere critici d’arte o professionisti, definendo quello che è il nostro mondo dell’arte.

Elena Casagrande

[immagini tratte da Google Immagini: opere di Duchamp e di Piero Manzoni]