Non sono foglie ma pensieri coraggiosi, veterani, novelli

Pensieri che fluttuano nell’aria, scoperti. Nudi e crudi così come sono con le loro venature di vissuto. Sono i pensieri che vanno e che vengono, pensieri potenti che hanno la forza di mostrarsi e di cadere, fluttuando nell’aria. Sono piccoli ma a volte anche gradi, sono robusti ma a volte anche estremamente sottili e delicati. Hanno paura ma a volte anche coraggio. I pensieri sono fatti così: vanno e vengono, fluttuano come le foglie che cadono in autunno, dondolano come le note di una ninna nanna.

Alcuni sono di colore scuro: i pensieri più forti, quelli determinati, i pensieri veterani, gli irriducibili. Quelli che stanno lì da tempo e non abbandonano il campo. Gli altri sono di colore più chiaro: i pensieri novelli, come il vino appena schiacciato e sostato per poco tempo. Vorrebbero essere più coraggiosi e si esercitano per questo. Esistono e resistono in una continua lotta per autoaffermarsi come degni di essere!

Vi sono poi, i pensieri collegati da un filo di cotone, un disegno di matita. Sono pensieri che amano stare insieme e che crescono e proliferano solo se sono uno accanto all’altro. Un genere di pensiero particolare perché uno si poggia sull’altro così come le foglie d’autunno che, cadute, creano un manto dolcissimo che scricchiola sotto i piedi. Questi sono quelli che sperano di non cadere ma di rimanere sempre uno accanto all’altro. Sperano di non lasciarsi mai, oppure, se costretti, di farlo tutti insieme. Di solito, cadono separati pur mantenendo un legame che sa di per sempre.

Pensieri cari a chi è lontano, pensieri di cuore per chi è pensato…

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Anita Santalucia

Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

 

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Un occhio triste ed uno felice

Occhi per vedere, occhi per percepire, occhi per controllare.

Questi occhi. Puntano l’uno in una direzione e l’altro nella direzione opposta.

Cosa vedono i miei occhi?

Iniziamo: cosa sto facendo ora? Sono seduta a questo tavolo. Intorno a me la luce del tramonto. Batto le dita, a tempo, sulla tastiera del pc. Sembra una musica, rintocchi di campane sempre uguali eppure le lettere che sto scrivendo e le parole che sto formando sono diverse.
I miei occhi vedono ciò che io sto facendo: i miei movimenti. Gli occhi vedono ciò che gli altri fanno. Cose e persone poste nello spazio. Gli occhi, diceva qualcuno, chiariscono il senso delle cose che sono.

Un albero ha gli occhi?
Perché un albero ha gli occhi?

La natura indefessa, rigogliosamente piena di vita vive.

Cosa vedo io?

Io vedo un albero con gli occhi che piange. L’occhio destro piange. Di fronte a me vedo la montagna bruciare e l’occhio dell’albero piangere.

La natura si esprime. Racconta il dolore che prova a bruciare e la gioia che prova a picco sul mare.

Forse questa è stata l’estate più brutta per la natura, e forse è per questo che vedo un occhio felice ed uno piangere. Forse è per questo che la chioma è fluente comunque, nonostante tutto ed il frutto è una mela a forma di cuore.

I roghi che hanno colpito e purtroppo colpiscono ancora le montagne del Lazio, della Campania e di tutto il sud Italia, sono il simbolo di questa estate rovente. Roghi, roghi ovunque ed opere incessanti di spegnimento. Ecco ciò che vedo: la natura risponde alla tristezza con le mele a forma di cuore, frutto del pezzato dell’uomo che ogni anno si manifesta in una piccola scintilla che incendia tutto, ogni cosa. Ovunque.

E cosa non riesco a vedere?

L’umanità.

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Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

Anita Santalucia

Me stesso profondo, profondo, profondo

  • Occhi così grandi…
  • Forse, essere fino in fondo se stessi, è una sfida difficile da vincere;
  • Siamo pur sempre noi stessi anche se…
  • Perché siamo due facce della stessa medaglia

disegno-chiave-22-giugno-1Un occhio più grande ed un occhio più piccolo. Vediamo cose più grandi e cose più piccole. In questo senso il coefficiente di grandezza ha il senso dell’importanza. Se a me importa di qualcosa allora vedo quella cosa grande, spesso molto più grande di quanto sia davvero! Eppure se quella cosa non m’importa, la vedo piccola, anche quando dovrei vederla più grande.

Percepiamo alcune cose e ne vediamo delle altre, immaginiamo e poi scordiamo.

Conoscerci fino in fondo è davvero difficile. È per questo che abbiamo bisogno di sforzarci ad essere noi stessi: un esercizio da non trascurare. È un’abitudine.

EPPURE ESSERE NOI STESSI È COSÌ DIFFICILE!

Lasciamo agli altri la parte migliore di noi, quella che vogliamo far vedere. Mostriamo, spesso, ciò che non siamo e siamo, spesso, ciò che non mostriamo. Questo è il rischio che decidiamo di correre quando essere noi stessi è troppo difficile. Ed allora abbiamo unghie sottili e pungenti ma anche mani delicate e fraterne, sguardi impetuosi ma anche dolci carezze.

COSA DECIDIAMO DI ESSERE?

Cosa siamo veramente. Stretti nella morsa dell’apparire. Costretti ad essere altro. Alla fine di questo gioco, siamo noi stessi. Quell’altro da me che non sono io, diventa un me, diverso, ma pur sempre un me. Finiamo, quindi, per identificarci con chi non siamo davvero. Modifichiamo la nostra natura, amplifichiamo i nostri io affinché diventino un altro da me che non sono io…

O FORSE SÌ?

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Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

Anita Santalucia

 

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Questione di occhi e di me e di te

  • Vuoi essere me? Io sono te, e tu sei me. Ci stai?
  • Non siamo vestite uguali: non siamo la stessa persona?
  • I miei occhi, forse, sono i tuoi.
  • Io non ho occhi. Occhi che dicano: piacere, io sono…

Siamo così differenti gli uni dagli altri che comprendere fino in fondo cosa sia l’altro, è una sfida.

Fino a che punto possiamo dirci uguale ad un altro? L’uguaglianza e la similarità sono due concetti così lontani?

No, gli occhi sono lo specchio dell’anima. E se ciò è vero, perché chi ha gli occhi ha una nuvola dietro ed, invece, dietro a chi non ha gli occhi, vedo un sole?

Chi ha gli occhi non è detto che sia felice.

COSA SIGNIFICA ESSERE ME?

La tavola di oggi è estremamente interessante. Potrebbe parlare di presentificazione, annullamento, vita interiore, vita trasparente. Un elemento in comune sono gli occhi. Il gioco di decidere chi voler essere è curioso: io vedo (con gli occhi) le differenze tra le due figure, le somiglianze, le espressioni, ciò che vuole raccontare. Immagino mondi e cose tramite gli occhi. Questi sono meravigliosi. La letteratura del Duecento e del Trecento si è focalizzata proprio sugli occhi come specchio di chi siamo. Occhi dell’amore, occhi attraverso i quali si vedeva Amore. Occhi come specchio.

ED OCCHI CHI SI GUARDA NEGLI OCCHI?

Riconoscere l’altro come se stesso è uno sforzo che l’intera umanità dovrebbe fare, ma è uno sforzo che l’uomo non riesce sempre a fare dato che tutto ciò implica uno sforzo, appunto, che non sempre si riesce a sopportare. Questo è Derrida. Parafrasato, semplificato ma è Derrida. Guardare negli occhi qualcuno e dire: eccomi! Dietro a tutto questo vi è quel concetto di presentificazione che è molto interessante. rendersi visibili all’altro è scoprire ciò che siamo noi e ciò che noi siamo per l’altro.

Eppure siamo diversi.

Quanto la diversità conti in questo genere di cose è fondamentale. Si è l’altro perché si è soprattutto se stessi con le proprie turbolenze che raccontano come, tutto sommato, quegli occhi fissi, quelle guance colorite e quelle labbra sorridenti, possono anche non dire sole, gioia, luce.

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Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

Anita Santalucia

 

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Il sole sei tu: riposizionarsi

  • «Non lasciare che i suoi desideri offuschino i tuoi. Lui è un sognatore ma non è il sole. Il sole sei tu». Grey’s Anatomy, stagione 10 episodio 24.
  • «Cade la pioggia e tutto casca e scivolo sull’acqua sporca». Cade la pioggia, Jovanotti e i Negramaro, 2012
  • Cuore: puntato. Colpito. Affondato?

Sei tu il sole.

Sono io il sole.

Ognuno è sole di se stesso e nessuno sarà il sole di un altro.

Essere il proprio sole. Porsi al centro della propria esistenza ed esistere solo in propria funzione senza dimenticare i raggi che sono capaci di diventare cose: una freccia, una farfalla, un ombrello. Oppure una radice. Gli altri hanno desideri, paure, insicurezze, perplessità, auspici e progetti che vorranno condividere al tal punto da mettere se stessi all’inizio.

Sei tu il sole. Sono io il sole. Sii il sole di te stesso. Se ogni cosa è al suo posto e ogni posto è una casa per qualcosa, allora anche il sole ha un posto e quel posto è il centro. Poi ci sono le radici.

COSA SONO LE RADICI?

Sono i raggi che toccano il suolo? Non infiniti ma con uno spazio stabilito e certo. Cosa sono le radici se non luoghi nei quali so-stastare, nei quali saper stare bene e nei quali trovare conforto. In effetti se tu sei il sole allora il sole è metafora della vita che ha un centro stabilito che ha raggi/radici e radici come raggi e poi raggi che non sono radici ma si distendono all’insù. Lì c’è la pioggia. L’acqua l’elemento che da l’opportunità di mettere in campo il pianto di gioia e di dolore, di passione e di difficoltà. Il pianto catartico che purifica nonostante l’ombrello ripari e copra.

POSSIBILE? 

La logica della possibilità. Quella che impone un possibile che accada ed un possibile che non accada. La freccia che colpisce il cuore rosso passione è un possibile che abbia colpito ed un possibile che non abbia colpito. La possibilità è da mettere in campo, sempre tenero ben presente il centro di tutto: il sole.

La cultura pop, la filosofia pop, quella che si esprime anche attraverso serie tv, Grey’s Anatomy, canzoni, Cade la pioggia di Jovanotti e i Negramaro, ispira sempre di più approfondimenti etici di spessore. La cultura si esprime in questo modo, adattandosi ai nuovi mezzi grazie ai quali sia arriva alla massa e la si conquista. È così che il sole fa venire in mente quella frase “il sole sei tu” o quasi. Google suggerisce la frase giusta, l’episodio, la stagione. È la cultura di massa che si esprime e la stessa cultura che l’accoglie.

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Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

Anita Santalucia e Daniela Lambiase

Da dove si inizia

  • C’è sempre un inizio. Ma inizio come? Come incomincio a fare cose?
  • Sì c’è un cuore. Il simbolo dell’amore e l’amore in un simbolo: si può? Perché chiudere?
  • Apertura di strade. Varie. Eventuali. E poi le direzioni. Le linee prendono direzione. In quale direzione sto andando?
  • È tutto sempre molto complicato. Il fiore è un groviglio concentrico di linee. Perchè perdersi? Chi ha detto che bisogna farlo per forza?

Il principio di tutte le cose è nell’acqua. L’acqua che dà vita e cresce inesorabilmente le cose. L’acqua consuma e corrode e poi è inizio. Sì, inizio di tutte le cose.

C’è sempre un inizio da qualche parte. Va visto. Il principio è tutto quello che c’è eppure non si vede perché è troppo facile dire l’inizio è la nascita. Ma quando inizio a fare cose esattamente come le voglio fare? Non è il luogo delle domande. Eppure le risposte non si trovano in luoghi stabiliti.

L’acqua è principio di tutte le cose ma non per tutti. L’aria, gli elementi, i numeri. L’ordine stabilito perché un inizio ci deve pure essere. Essere e stare nell’inizio di qualcosa.

E SE LA VITA FOSSE INIZIO?

Se l’inizio è la vita allora la vita è un continuo insieme di aperture in ogni direzioni, contrarie e limitrofe. Che direzione dare alla propria vita che è principio di tutte le cose.

Credo ci sia una differenza tra direzione e direttiva. La direzione è quella che diamo, alla vita ad esempio: è la parte o il punto verso cui siamo diretti verso cui qualcosa di muove. La direttiva è l’indicazione, la norma su cui basare la decisione. La differenza sta nell’atto di volontà che dare una direzione impone mentre ascoltare o meno una direttiva, no!

Forse è qualcosa che verrà naturale così come disegnare su un foglio le linee che da una linea passano e dall’altra no; forse sarà qualcosa di scontato perché, appunto, naturalmente avverrà e come tutte le cose che si comportano così, naturalmente sarà.

Ma ho la netta sensazione che la vita non sia poi così diversa e che gli inizi abbiano del naturale ma anche le direzioni non scherzano.

NATURALMENTE INIZIA E NATURALMENTE FINISCE?

No. Riappare.

La linea naturalmente nasce e naturalmente si perde e scompare. Così un inizio. Naturalmente inizia e naturalmente scompare per riapparire nelle direzioni che ha deciso di prendere. Poche certezza l’inizio porta dove inizio vuole; è per questo che appare sempre tutto molto complicato. Perché il fiore è un groviglio di cerchi concentrici che si incontrano in armonia e si conoscono perché fanno parte tutti degli stessi inizii ed in esso si perdono per poi ritrovarsi.

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Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

Anita Santalucia e Daniela Lambiase