21 maggio 2014 lachiavedisophia

Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre 1822)

Il Neoclassicismo è una corrente del gusto che ha subito una lunga elaborazione teorica prima di nascere completamente nella breve e intensa fioritura dello stile Impero, dopodiché è piano piano scomparso sotto l’azione dei fermenti romantici che recava in sé fin dalle origini.

Mario Praz

Neoclassicismo è il nome dato ad una tendenza culturale sviluppatasi in Europa tra il XVIII ed il XIX secolo e riconoscibile in tutte le arti. Come si può intuire dal termine, esso fu caratterizzato da un forte interesse per l’arte antica, riprendendo i modelli greci e quindi il “bello ideale”. Secondo Platone ed Aristotele, infatti, il bello è ciò che offre all’occhio e alla mente armonia e proporzione, ordine e misura, ordinando la molteplicità degli elementi sensibili e corporei all’idea del bello in sé, idea eterna, perfetta e immortale.

Antonio Canova fu sicuramente il principale esponente di questa bellezza ideale. Nato a Possagno, già a sei anni vide sbocciare la sua infinita capacità artistica e a diciotto aprì una bottega d’arte in proprio. L’artista ebbe il grande merito di far rivivere nelle sue opere l’antica bellezza delle statue greche, ma soprattutto la grazia che solo attraverso la ragione può trasformare gli aspetti leggiadri evitando violente passioni e gesti esasperati. Canova aveva studiato come ricalcare le tecniche degli antichi scultori greci; dal disegno (schizzo), idea iniziale di un lavoro, passava al bozzetto in terracotta materializzando subito la forma reale dell’opera. Creava poi una statua in argilla sopra la quale veniva colato il gesso. Su questo modello fissava dei chiodini (repère) che, attraverso l’utilizzo di uno speciale compasso (pantografo), servivano a trasferire nel marmo le esatte proporzioni dell’opera in gesso. Con il suo stile inconfondibile nell’elaborare il marmo bianco, Antonio Canova lavorò per papi, imperatori e principi di tutto il mondo.

Amore e Psiche

Amore e Psiche
(1787-1793, marmo, altezza 155 cm, Museo del Louvre, Parigi)

Allora,sentendo crescere irresistibilmente dentro di sé la voluttà per il dio della voluttà, china su di lui con le labbra dischiuse prese a baciarlo e ribaciarlo con baci appassionati,senza freno,temendo solo che si svegliasse.

Apuleio, Le Metamorfosi

L’opera più conosciuta di Canova e soggetto più volte ripreso da altri artisti del Neoclassicismo, come J. L. David nel suo dipinto Cupido e Psiche.

Cupido e Psiche David

Amore e Psiche è una leggenda presente nelle Metamorfosi di Apuleio: è la storia della bellissima Psiche di cui Venere è gelosa. Quest’ultima manda Amore con il compito di farla innamorare di un uomo brutto, ma fallisce innamorandosene lui stesso. Canova, nel suo gruppo scultoreo, rappresenta i due innamorati nell’attimo subito precedete al bacio, sospesi in un momento carico di tensione ma privo della passione carnale dell’atto stesso del baciarsi. Amore e Psiche sono qui idealizzati secondo il principio di bellezza assoluta, intersecandosi fra loro formano una sinuosa X che dà luogo a questo capolavoro di ricerca dell’equilibrio.

Non può forse essere considerata una rappresentazione dell’Amore platonico? Un amore che va oltre la corporalità.

Platone, nel suo Simposio insegna:

Abbietto è l’amante volgare, innamorato più del corpo che dell’anima: non è un individuo che resti saldo, come salda non è nemmeno la cosa che egli ama. Infatti quando svanisce il fiore della bellezza del corpo del quale era preso “si ritira a volo” ad onta dei molti discorsi e delle promesse. Chi invece si è innamorato dello spirito quando è nobile resta costante per tutta la vita perché si è attaccato a una cosa che resta ben salda.

Un amore inteso come moto dell’animo e non come forma di relazione, come impulso al trascendimento della realtà sensibile, della corporeità, del mondo delle apparenze capace di muovere la conoscenza verso il divino.

Tutti dovremmo prestare più attenzione non tanto alla materialità della relazione, quanto piuttosto alla spiritualità che si cela in essa, perché la bellezza fisica appassisce, mentre quella dell’anima resta per sempre.

Ilaria Berto

[Immagini tratte da Wikipedia; Paolina Borghese: 1805-1808, Marmo di Carrara, h cm 92, con il letto cm 160; Autoritratto: A. Canova, gesso]

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