Che i disastri naturali siano stati interpretati come punizioni da parte della divinità di turno, offesa per questo o quell’affronto, è una storia che va avanti fin dai tempi del diluvio. Non suscita sorpresa, quindi, vedere come in seguito al catastrofico terremoto che colpì Lisbona nel 1755, molti filosofi e teologi, specie gesuiti, attribuissero la tragedia alla collera di Dio suscitata dai malcostumi portoghesi e dallo sterminio degli indios nelle Americhe; stupisce piuttosto, visto il contesto storico, leggere dei tentativi del giovane Kant di spiegare scientificamente il fenomeno, lontano da qualsiasi pietismo o superstizione.
A distanza di quasi trecento anni, si potrebbe pensare che non solo le conquiste scientifiche in campo di sismologia, ma anche i progressi umanistici e teologici nel cristianesimo, abbiano ormai spazzato via la perversa logica che vede nella natura che “si ribella” all’uomo il segno della collera di Dio. A quanto pare non è così, e per quanto le autorità ecclesiastiche, in primis quella papale, insistano su ben altre note, si trova sempre chi rispolveri dottrine dannose quanto profondamente anti-evangeliche (e, a ben considerare, anti-religiose in senso ampio).
Ha fatto comprensibilmente scalpore i giorni scorsi il post su Facebook di “Medjugorje: Casa della Tenerezza di Dio”, pagina ufficiale della Fondazione Cenacoli di Maria, realtà di assistenza familiare legata alla controversa cittadina bosniaca. Nel post incriminato si legge: “Nessuno stupore da parte nostra, prima o poi le profezie si avverano. Utero in affitto, matrimonio omosessuale, attacco alla famiglia, ateismo diffuso ecc. ecc. Le scosse servono per farci capire che bisogna tornare ai veri valori. CONVERTITI ITALIA”. Purtroppo non sono gli unici, seguiti a ruota da gruppi sedicenti cristiani come Militia Christi (“La tragedia del terremoto ci interroghi sui nostri peccati e sull’abominio delle unioni civili!”), La Bibbia Ogni Giorno (“La terra trema, Gesù è alle porte”) e troppi altri.
Senza stare a scomodare Papa Francesco, che nella Laudato si’ attribuisce sì responsabilità all’uomo per certi disastri naturali, ma solo come conseguenza dei danni ambientali provocati, o il poeta Rabindranath Tagore, che commentando alcune infelici parole di Gandhi sottolineava come i terremoti avessero cause esclusivamente fisiche, basterebbe rispolverare il Vangelo per mettere a tacere i militanti “cristiani”: in occasione del crollo della torre di Siloam a Gerusalemme, che aveva ucciso una ventina di persone, Gesù mette a tacere chi pensava che le vittime fossero state punite per i loro peccati in modo da non lasciare spazio a interpretazioni: “O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? In verità vi dico, non lo erano.” (Lc. 13,4-5). La natura ha leggi proprie, non ha intenzione, non ha malizia, e come Leopardi ricorda, non ha certo cura dell’uomo; Dio, da qualunque posizione si parta, è un’altra cosa, e nessuno dotato di minima logica potrebbe accostare formule giudaico-cristiane come “Padre buono” all’idea di un disastro come quello che ha colpito il Centro Italia la notte tra il 23 e il 24 agosto, anche e soprattutto se a fini “pedagogici”.
Se perfino in una situazione come quella in cui versano le zone colpite dal sisma Dio c’è (e c’è), è nei cuori e nelle mani di quanti, cristiani o musulmani, cittadini o profughi, prestano soccorso, dei volontari che rischiano in prima persona pur di portare aiuto e sollievo, di chi anche da casa manda donazioni, cibo e vestiti per non abbandonare chi ha perso tutto. Se si è cristiani, poi, Dio è anche, e soprattutto, nei corpi martoriati ancora sotto le macerie, non certo tra le nuvole a puntare il dito.
Giacomo Minnini