Home » Rivista digitale » Cultura » Arti » Giambattista Tiepolo: riaffermazione di un mito

Giambattista Tiepolo: riaffermazione di un mito

Quest’anno ricorre per la storia dell’arte un importantissimo anniversario, vale a dire quello dei 250 anni dalla morte di Giambattista Tiepolo, il più grande artista del Settecento italiano ed europeo, ultimo fautore della grande pittura italiana e massimo esponente di un’arte indissolubilmente legata ai fasti di corte, alla glorificazione del committente e allo splendore esteriore di una forma di società che, poco dopo la sua morte, sarebbe stata profondamente messa in discussione fino agli esiti epocali e irreversibili della Rivoluzione Francese. 

Uno dei motivi per cui Tiepolo, nonostante le sue insuperate capacità tecniche e compositive, non si trova nell’Olimpo degli artisti più celebri del mondo, al fianco, per esempio, di Giotto, Michelangelo, Van Gogh, Picasso o Leonardo, andrebbe ricondotto proprio all’immagine che la storia, suo malgrado, gli ha attribuito, vale a dire quella di un abile narratore che, con le sue pennellate dai colori vivaci, racconta di eroi, fasti, frivoli piaceri e mondi arcadici in un’epoca in cui, ormai, l’avanzare delle teorie illuministe si faceva sempre più dirompente in tutta Europa, portando velocemente, a partire dalla metà del Settecento, a un mutamento dei gusti artistici da parte di sovrani, letterati e committenti dell’alta borghesia. Allo sfarzo e all’esagerazione della pittura di stampo barocco venne preferito l’equilibrio all’antica del Neoclassicismo, che si sviluppò con sempre maggiore intensità, fino al suo climax in età napoleonica.

Questa visione, seppur con una parte di verità, non rende onore alle vere qualità del grande maestro veneziano, che seppe fondere abilmente la tradizione coloristica veneta al linguaggio scenografico della stagione barocca inserendo numerosi richiami alla classicità antica. Tutto ciò, abilmente dispiegato in un vasto numero di opere di carattere mitologico, storico e sacro, lo consacrò nella prima metà del secolo come il più grande artista a livello continentale, richiesto da re, ricche famiglie patrizie e importanti prelati. I suoi vasti soffitti affrescati, così come i raffinati cicli di tele di soggetto epico, rappresentavano al meglio ciò che la classe dirigente desiderava mostrare di sé, ovvero la ricchezza e le virtù, rappresentate in modo tale da divinizzare gli illustri committenti, i loro antenati e il loro intero casato. Il suo successo, dunque, fu favorito da una società di cui egli seppe interpretare perfettamente le intenzioni e i bisogni, nel medesimo tempo in cui stavano nascendo nuove ideologie, partite da Inghilterra e Francia, che avrebbero presto ribaltato la situazione a suo sfavore.

È evidente, infatti, che la politica e le vicende socio-economiche che caratterizzano un’epoca ne influenzano inevitabilmente la produzione artistica e, di conseguenza, la percezione del bello da parte dello spettatore. E proprio le vicende della seconda metà del Settecento condussero all’ingloriosa fine dell’ultimo dei giganti italiani della pittura, morto a Madrid senza alcun onore o riconoscimento, adombrato dalla nuova moda neoclassica portata alla corte spagnola da Anton Raphael Mengs, pittore dallo classico ed equilibrato, aspramente critico nei confronti dell’arte “corrotta” dell’età barocca. Il diffondersi delle idee illuministe, infatti, portò a un generale avvicinamento al concetto di razionalità, che in pittura, così come nelle altre arti, trovava la sua immagine perfetta nelle forme armoniche e ponderate della classicità antica e del Rinascimento italiano.

È naturale che, con queste premesse, la grandezza di Tiepolo fosse destinata a svanire rapidamente. Per molti anni la sua arte fu tenuta in bassa considerazione a causa del suo aspetto teatrale e grandioso, osteggiato nell’Ottocento in quanto ritenuto innaturale e portatore di un messaggio politico obsoleto e pericoloso, e perché mancante di quella forza soggettiva e impulsiva che si ritrova nelle opere di età romantica. 

Oggi, tuttavia, le implicazioni dell’arte antica non hanno più alcun peso politico sulla società odierna. Di conseguenza l’occhio dello spettatore, dopo così tanti anni, riesce a vedere le opere d’arte non solo come documento visivo unico e insostituibile di un dato contesto storico e geografico, ma anche come oggetto di grande bellezza, da apprezzare per le sue qualità tecniche e cromatiche, senza alcun pregiudizio dettato da ideologie dominanti. La pittura di Tiepolo è ciò che l’occhio del XXI secolo si aspetta da un grande artista, sia per le grandi qualità cromatiche che per la scioltezza, e il ricorrente anniversario è un’ottima occasione per riscoprire ulteriormente il talento del maestro e renderlo maggiormente noto al grande pubblico, sempre pronto a sostenere la definitiva consacrazione di un grande del nostro passato. 

 

Luca Sperandio

 

[In copertina: Cristo nel Getsemani di Giambattista Tiepolo in Santa Maria degli Scalzi (Venezia). Immagine tratta da Wikimedia Commons]

 

nuova-copertina-abbonamento-2020

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!